Matrimoni e Covid manager: settore eventi a rischio

Il settore degli eventi rischia di essere il più svantaggiato. È questa la sensazione che si avverte, a seguito dell’ultimo decreto sulle riaperture, in merito all’organizzazione dei matrimoni e soprattutto al numero di invitati che dovranno prenderne parte.

C’è una ipotesi, quella del modello “inglese”. In pratica, verrebbe limitato il numero dei partecipanti – fino a un massimo di 30, anche se si vorrebbe puntare a 50 – distribuiti in tavolate da non più di quattro persone, a esclusione dei conviventi. Poi c’è l’altra via di uscita: ossia quella di prevedere di rispettare le soglie di riempimento dei locali e di differenziare i parametri a seconda se il banchetto è allestito all’interno o all’esterno.

Poi, c’è la figura del Covid manager ovvero quella persona che, per conto del gestore, illustra agli ospiti tutti i comportamenti corretti da rispettare. Inoltre, è in possesso dell’elenco di tutti i partecipanti all’evento e lo deve conservare per almeno 15 giorni. Morale della favola? Gli operatori del settore si sentono danneggiati da queste decisioni dell’Esecutivo. Sostanzialmente, dopo un anno e mezzo di lockdown e con ristori minimi “non è possibile pensare che il settore possa ripartire con questi protocolli”.

Dati alla mano, 570mila addetti ai lavori e aziende e partite Iva che generano (anzi generavano fino al 2019) il 2,5 per cento del Pil nazionale sono incredule. È questo, in sinesi, il pensiero di Feu (Filiera eventi unita) che, in una nota, spiega: “Ancora una volta il settore della Event Industry resta discriminato di fronte a decisioni arbitrarie e non coscienziose che delineano una netta distinzione tra le categorie da salvare perché intoccabili e quelle sacrificabili da far affossare. Per la filiera degli eventi queste restano regole inattuabili, che non permettono in alcun modo di ripartire neanche in minima parte. Non c’è più tempo!”.

Aggiornato il 20 maggio 2021 alle ore 11:14