E se lo chiamassimo “Ponte Amazon”

Con una compagine di Governo come l’attuale forse il ricorso alla fantapolitica, il ricorso alle ipotesi impossibili, penso possa essere d’aiuto. Rincorriamo ormai da mesi ipotesi programmatiche legate al Recovery plan, continuiamo ad invocare strutture capaci di produrre scelte strategiche coerenti con quanto richiesto in più occasioni dalla stessa Unione europea per accedere al Recovery fund, dedichiamo ormai tutte le attività mediatiche su due distinti filoni: la evoluzione della pandemia con il relativo avvio dei vaccini e la serie di piani e programmi legati all’utilizzo delle risorse comunitarie, sia quelle del Recovery fund, sia quelle dei Fondi strutturali comunitari 2021-2027. Sono due filoni mediatici che in realtà hanno drogato l’intero Paese e lo hanno distratto da ciò che, come ci ricordava Mario Draghi pochi giorni fa, saremo costretti a subire nei prossimi anni per ricostruire una economia danneggiata in modo gravissimo da questa fase pandemica.

In questo tragico periodo della nostra storia socio-economica pensare alle infrastrutture senza avere il coraggio di ammettere le responsabilità della cattiva gestione dei governi che si sono succeduti nell’ultimo quinquennio diventa quasi inutile, perciò ho preferito distrarmi per un attimo affrontando una tematica che a prima vista può sembrare utopica, sì quasi fantascientifica; ho immaginato cioè che una opera infrastrutturale come il ponte sullo Stretto di Messina, un progetto già pronto e cantierabile nei prossimi sei mesi, possa essere sponsorizzato integralmente da Jeff Bezos il proprietario di Amazon, una realtà produttiva che fattura  80 miliardi di dollari all’anno. Infatti, mi sono chiesto quale sarebbe la reazione del Governo se arrivasse questa proposta: la società Amazon è disposta a realizzare, a proprie spese e utilizzando le quote previste per tale opera dal fondo per le Reti trans european network, il ponte sullo Stretto di Messina così come è stato approvato dagli organi competenti negli anni 2010 e 2011; la società Amazon è disposta a mantenere, per la integrale realizzazione dell’opera la stessa società che si è aggiudicata i lavori con gara internazionale; la società Amazon si impegna a portare a termine, come richiesto dalla Unione europea, le attività legate alla Verifica di incidenza ambientale (Vinca); la società Amazon si impegna a dare avvio ai lavori entro il secondo semestre del 2021 e a completarli entro il 2029; la società Amazon è disposta a sottoscrivere un apposito contratto con lo Stato italiano sull’utilizzo della nuova opera ai fini della immagine; la società Amazon pone come condizione essenziale che il Ponte si chiami “Ponte Amazon”.

Di fronte ad una simile proposta che senso avrebbero le dichiarazioni della ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli e del viceministro dello stesso Dicastero, Giancarlo Cancelleri. La ministra in più sedi ha ribadito che il dicastero sta prima verificando i problemi della mobilità in Sicilia e nel continente e dopo si deciderà se sia necessario un collegamento stabile e con quale tipologia infrastrutturale; il viceministro, invece, ha precisato che non è più prevenuto alla realizzazione di un collegamento stabile ma sarà necessario verificare quando e come realizzarlo. Che senso avrebbero simili dichiarazioni; in realtà tali atteggiamenti diventerebbero incomprensibili e automaticamente prenderebbero corpo tutte le condizioni per dare corso ad una formale denuncia di “danno all’erario” in quanto si direbbe di no ad una disponibilità finanziaria motore di crescita imprenditoriale, motore di crescita occupazionale.

Qualcuno potrebbe giustamente chiedere perché Amazon dovrebbe sostenere una simile opera, la risposta penso sia scontata: Amazon oggi rappresenta un riferimento chiave di tutto ciò che, a scala mondiale, identifichiamo con il concetto di “logistica”; il ponte sullo Stretto rappresenta, senza dubbio, uno dei segni più innovativi e più incisivi proprio nell’assetto logistico internazionale. Per la società Amazon l’impegno finanziario sarebbe davvero sostenibile: 1 miliardo di euro all’anno per sei anni su un fatturato di 280 miliardi di dollari si configura come una ipotesi accettabile. In proposito spesso dimentichiamo che ogni giorno attraverso le due sponde dello Stretto transitano oltre 10mila veicoli, 7mila del gommato leggero e 3mila mezzi pesanti quasi interamente transitati nell’approdo di Tremestieri. Dei mezzi leggeri, circa l’80 per cento del totale si sposta nella tratta tra Messina e Villa San Giovanni, di cui l’85 per cento nella Rada San Francesco e solo il 15 per cento nella zona del porto storico ormai da troppo tempo aperto solo nei periodi di esodo festivo o in caso di inagibilità di Tremestieri. Inoltre, sono 10.214 i passeggeri che giornalmente attraversano lo Stretto di Messina, di cui 4.500 sulla tratta per Reggio Calabria e 5.700 sulla tratta per Villa San Giovani. Oltre 4.100 utenti impiegano giornalmente i mezzi veloci di Liberty lines da Reggio, mentre dei 5.700 utenti sulla tratta Villa, oltre 2.100 si muovono nel porto storico con il vettore pubblico ed i mezzi veloci Bluferries e 3.600 sulla Rada San Francesco con il vettore privato Caronte e Tourist. Questo è il popolo dello Stretto. Lo so, la mia è solo pura immaginazione, è, purtroppo, solo pura utopia ma sono abbastanza convinto che se questa proposta diventasse vera l’attuale compagine di Governo la rifiuterebbe. Questo scontro tra utopia e realtà fa davvero paura perché il pregiudizio, la superbia delle proprie ragioni e l’arroganza dei propri convincimenti, spesso, sono più veri e più forti anche di ciò che riteniamo impossibile.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 13 gennaio 2021 alle ore 12:11