Business Europe e Ceep su salario minimo Ue

Il mostro è legale. La proposta di direttiva sul salario minimo europeo non convince i sindacati, ma non piace neanche agli industriali che fanno lobbying a Bruxelles. E il commento non è banale. Business Europe (Be) parla di “mostro legale” che va “contro l’opinione della maggioranza degli Stati membri, molti dei quali sono a favore di uno strumento non vincolante, e ignora le forti obiezioni della comunità imprenditoriale europea”. E che si oppone, continua Be, “anche ai sindacati nordici, contrari alle interferenze legali nella contrattazione collettiva autonoma sui salari tra le parti sociali”. La proposta, secondo gli industriali europei, “è contraria alla parola e allo spirito del Trattato Ue che tutela le competenze nazionali in materia di retribuzione e contrattazione collettiva”.

“Vogliamo salari equi fissati dalle parti sociali nazionali, non salari minimi manipolati politicamente”, afferma il direttore generale Markus J. Beyrer, “e vogliamo un dialogo sociale veramente autonomo, non contrattazioni collettive quasi obbligatorie imposte dalle autorità pubbliche”. Il mostro legale, continua Beyrer, “può solo provocare una giurisprudenza problematica, perché le deroghe proposte non possono alleviare i problemi creati dagli obblighi previsti”. Le aziende, secondo Be, “si battono per la sopravvivenza e per salvare i posti di lavoro minacciati dalla crisi Covid, e non hanno margini per assorbire il costo di esperimenti pericolosi sul salario minimo Ue”.

Il Ceep (Centro europeo dei datori di lavoro e delle imprese) si dice convinto che una raccomandazione del Consiglio, piuttosto che una direttiva, sarebbe stata la strada migliore. È positivo, dice la segretaria generale Valeria Ronzitti, che la Commissione europea affermi chiaramente in diversi articoli, e in particolare nell’articolo 4, che la contrattazione collettiva rimane lo strumento migliore per raggiungere gli obiettivi della proposta e di conseguenza deve essere promossa in tutta Europa. Tuttavia, affermano le aziende europee fornitrici di servizi pubblici, occorre restare vigili per evitare che la proposta di Palazzo Berlaymont “non metta in pericolo l’autonomia delle parti sociali nei negoziati salariali”. Il Ceep chiede allora al Consiglio e al Parlamento “di assicurarsi che il ruolo delle parti sociali sia tutelato e che la proposta sostenga e non metta in pericolo l’economia europea in questi tempi difficili”.

La preoccupazione sulla tempistica è la stessa espressa dalla Ces (Confederazione europea dei sindacati). “Insisteremo – spiega Ronzitti – per fare in modo che la direttiva garantisca un tempo sufficiente per il recepimento: siamo davvero profondamente preoccupati per il termine di due anni delineato nella proposta. Un tempismo irrealistico per il recepimento, in un momento in cui gli Stati membri, le parti sociali nazionali e locali si stanno sforzando di affrontare la pandemia Covid e preparare la ripresa, rischia di aggravare ulteriormente le disuguaglianze invece di livellarle”.

Aggiornato il 11 novembre 2020 alle ore 11:16