Riacquistiamo la sovranità monetaria. Mes e Recovery fund lo consentirebbero. È cosa nota che l’accordo di luglio 2020 assegna all’Italia, fra fondo perduto e prestiti, 209 miliardi di euro. Naturalmente, per vedere quei soldi occorrerà indicare le riforme e gli investimenti necessari, ragione per cui fino ad oggi nulla di certo è stato ancora partorito. Per altro verso le linee guida della Commissione Ue sono precise e pongono in primo piano l’ambiente e la sostenibilità (per più di un terzo delle risorse), la sanità e l’innovazione. Tuttavia, penso che possa esserci un’alternativa possibile per uscire dalle pastoie burocratiche e permettere a l’Italia di restituire il denaro preso in prestito, senza particolari problemi, e questo passa attraverso il recupero della sovranità monetaria nazionale.
Recentemente, il professor Paolo Maddalena, insigne giurista italiano, ha evidenziato come la legislazione vigente (ed i trattati europei) consentano, per il nostro Paese, una doppia circolazione monetaria; per intenderci e chiarire i termini della questione, accanto all’euro, potrebbe circolare, secondo Maddalena, un’altra moneta ad uso interno, “battuta” ciò dallo stato italiano per effettuare i pagamenti interni. Tralasciando, per semplicità di esposizione, i dubbi che l’ex giudice costituzionale avanzava sul gradimento della Banca d’Italia, l’osservazione ci consente di fare alcune deduzioni. In primo luogo, se è possibile una doppia circolazione, sarebbe dunque immaginabile che il denaro messo a disposizione dall’Europa, invece, di impegnarlo secondo i piani di investimento eventualmente approvati, sia tenuto a garanzia di una nuova moneta. Ovvero, debiti per 209 miliardi di euro a fronte di nuova moneta di stato per lo stesso importo.
Ma che vantaggio ciò avrebbe? Bene, ciò innesterebbe un circuito (a mio modo di vedere virtuoso) di moltiplicazione monetaria che permetterebbe di accrescere la massa di moneta spendibile al di sopra dell’importo dei 209 miliardi di euro. Questo meccanismo, molto simile ad un gioco di prestigio, è invece ben noto agli economisti della moneta che sanno come il denaro in circolazione non immediatamente speso e depositato presso intermediari bancari può essere utilizzato per alimentare prestiti. Quindi, in altri termini lo Stato riacquisterebbe la politica monetaria, adesso imbrigliata nelle rigide regole della Bce. Ma le considerazioni da fare non si dovrebbero fermare qui. Infatti, ben si potrebbe pensare ad un ulteriore passo avanti, raccogliendo le suggestive indicazioni dell’attuale presidente della Consob, il professor Paolo Savona, sul principio che “le valute virtuali o sono di stato o non sono”.
Dunque, la nuova moneta di Stato italiano ben potrebbe essere una valuta virtuale, sfruttando cosi vantaggio competitivo rispetto a molti stati avanzati che tentennano su questo. È evidente che le implicazioni di una tale presa di posizione dell’Italia su tale aspetto, superano i limiti della scienza economica e rientrano in quelli della politica, pur tuttavia, questo consentirebbe, a nostro modesto avviso, al nostro Paese di fare un salto di qualità, permettendo di superare i vincoli europei e di liberarci dalla morsa del debito, che ha già superato il record a 2.560 miliardi di euro, comunicato dalla Banca d’Italia a fine luglio 2020.
(*) Economista, direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università internazionale per la Pace dell’Onu di Roma
Aggiornato il 25 settembre 2020 alle ore 17:01