Lo slogan politico di oggi e del futuro dovrebbe essere “basta con la creazione di debiti”. Debiti ieri creati con pezzi di carta ed oggi con manovre di matematica finanziaria.
La creazione di debiti ha contrassegnato dal 1945 ad oggi la nuova politica coloniale dei Paesi ricchi verso quelli poveri: infatti non c’è più bisogno di dichiarare guerre, di uccidere con metodiche violente e tradizionali. I potenti di oggi usano l’ingegneria finanziaria per non affrancare mai dalla schiavitù i poveri. Oggi il debito dei popoli verso i potenti della Terra è divenuto insostenibile, prima dell’epidemia da coronavirus era di 253mila miliardi di dollari (322 per cento del Pil mondiale), in soli due mesi di lockdown è aumentato di un ulteriore trenta per cento.
L’indebitamento dei poveri aumenta perché le multinazionali (chimico-farmaceutiche, energetiche, di telecomunicazione, finanziarie, di security…) di proprietà dei potenti della Terra sostengono che i loro crediti sarebbero aumentati, e che la gente deve loro ancora più soldi. I governi avallano che la gente è ancora più indebitata verso i potenti della Terra. Sembra non esista più un governo in grado d’opporsi al signoraggio imposto dal potere.
Dal canto suo, il potere sostiene di averci donato la pace, che dal 1945 l’Europa non conosce più guerre grazie alle organizzazioni sovrannazionali ed alle società multinazionali. Di fatto abbiamo barattato la pace con la schiavitù.
La posizione dell’Italia nel Mediterraneo è davvero scomoda, quello che in troppi chiamano “ponte umanitario” è di fatto una via di fuga dei popoli dai debiti contratti (a loro insaputa) nei Paesi d’origine. Spiace dover spiegare a Matteo Salvini che, prima d’incontrare in tivù Bernard Henri Lévi (filosofo della “nouvelle philosophie”), avrebbe dovuto documentarsi sulle poste debitorie create in testa ai Paesi africani dalle multinazionali francesi, belghe, olandesi e tedesche. Un argomento che avrebbe sicuramente spiazzato l’intellettuale francese, inchiodandolo alle colpe del suo Paese: Lévy è nato in Algeria (a Béni Saf) ed è figlio del multimiliardario André Lévy (fondatore della Becoc). Quindi Lévy è algerino come il finanziare Jacques Attali, che per conto del sistema bancario francese lavora all’ampliamento dei debiti dei Paesi africani: tutti crediti che la Francia vanta nei territori più ricchi del Continente Nero. Parigi non smette mai di ricordare che l’Africa è bancariamente in debito verso la grande Francia che, ironia delle sorte, stampa il sessanta per cento della carta moneta che circola in Africa. Attali è dal 1970 la mente francese in questo settore, dal giorno in cui entrava a Parigi al Consiglio di Stato: è stato l’éminence grise di Mitterrand, dimostrando con i numeri d’aver aumentato i crediti della Francia in terzo e quarto mondo.
I dati sull’indebitamento dei poveri verso i ricchi non vengono certo sparati a casaccio, sono in bella vista grazie al Grafinomix di giornata (è basato sulle fonti finanziari dell’Institute of financial finance). “Trascinato dai bassi tassi di interesse a da agevoli condizioni di accesso ai finanziamenti - recitava a gennaio 2020 l’Institute of financial finance - stimiamo che il debito globale supererà i 257mila miliardi nel primo trimestre del 2020, spinto soprattutto dal settore non finanziario, che attualmente si attesta intorno ai 200mila miliardi”.
Poi è arrivata la pandemia e le strutture multinazionali hanno presentato il conto globale a tutti i cittadini del pianeta con scorte finanziarie sotto i due milioni e mezzo di euro: ex ricchi e poveri uniti nel futuro progetto globale di schiavitù. Oggi non c’è più uno steccato che divida poveri dei Paesi poveri da poveri dei Paesi ricchi. Il nuovo programma d’indebitamento globale punta sull’incremento di debito dei singoli individui verso il potere. Così il nuovo incremento debitorio mette insieme le famiglie di basso reddito di Belgio, Finlandia, Italia, Spagna, Francia, Libano, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Svezia e Svizzera… L’obiettivo dei gruppi d’ingegneria finanziaria è creare nuovi massimi per il debito, quindi alzare l’asticella. I potenti della Terra non parteggiano per Usa o Cina, Europa o Russia: sono strutture sovranazionali che, grazie ai trattati, possono legalmente controllare gli Stati attraverso banche e multinazionali. Il loro strumento principe si chiama “bond”, a metà 2020 (quindi ora) vanno in scadenza titoli da rifinanziare per un controvalore di ventimila miliardi di dollari: spalmati tra Cina, India, Brasile, Usa, Giappone, Germania... Gli Stati, per pagare i debiti verso i potenti della Terra, dovranno tagliare servizi (pensioni, sanità), posti di lavoro, stipendi ed opere infrastrutturali.
Di fatto l’Italia sta fungendo da cavia per i centri di ricerca finanziaria olandese, francese e tedesca: il Governo Conte dovrà sperimentare la convivenza di due fattori, ovvero il combinato disposto del taglio (pensioni, lavoro, stipendi, previdenze sociali) con la garanzia d’accoglienza massima degli indebitati in migrazione dai Paesi poveri. Una sorta di giogo emostatico che a fasi alterne strangolerà il Belpaese, permettendo la sperimentazione di un programma di “povertà sostenibile” auspicato dai potenti della Terra.
Va rammentato che tutti i leader che si sono opposti al signoraggio, al programma d’indebitamento globale, hanno messo in pericolo la propria vita: Karol Wojtyla chiedeva di condonare i debiti (anche per la sua Polonia) e subiva l’attentato, Aldo Moro tendeva una mano alle intese internazionali sullo stop al debito (l’operazione 500 lire) e veniva ucciso, John Fitzgerald Kennedy aveva il grande sogno del “basta con la creazione di debiti” e veniva assassinato. Si potrebbero fare altri esempi. Valgano per tutti le minacce che gli 007 finanziari rivolsero alla famiglia Craxi (la storia è nel dossier steso da Rino Formica). Ci vuole coraggio a gridare basta con i debiti, ma anche tanta ignavia ad agire come quel Giuseppe Conte che vorrebbe convincerci del contrario.
Aggiornato il 31 luglio 2020 alle ore 11:04