L’emergenza coronavirus interroga il mondo economico sulle prospettive industriali da adottare nell’immediato futuro. Le politiche green farebbero ripartire prima e meglio le economie piegate dal virus. A dirlo sono i risultati di uno studio diffuso il 4 maggio che ha coinvolto 231 esperti di banche centrali, ministeri delle Finanze, accademici e think tank di tutto il mondo.
Lo studio sarà pubblicato sulla Oxford review of economic policy. A guidarlo, economisti di fama mondiale tra i quali Cameron Hepburn dell’Università di Oxford, il premio Nobel Joseph Stiglitz e Nicholas Stern della London school of economics. La rivoluzione consiste nel rivedere gli incentivi economici e le politiche fiscali. I dati hanno mostrato che le misure a favore del clima sono più vantaggiose non solo nel rallentare il riscaldamento globale ma anche in termini di impatto economico complessivo.
Le politiche green, infatti, creano più posti di lavoro, offrono rendimenti più elevati a breve termine e portano a maggiori risparmi sui costi a lungo termine, rispetto ai tradizionali stimoli fiscali. Oltre a una serie di altri benefici, come la riduzione delle disuguaglianze sociali e sanitarie. Esempi vantaggiosi includono gli investimenti nella produzione di energia rinnovabile, come l’eolico o il solare. Basti considerare che attualmente la costruzione di infrastrutture per le rinnovabili crea più del doppio di posti di lavoro rispetto agli investimenti in combustibili fossili, oltre ad essere meno suscettibile alla delocalizzazione. La spesa per la ricerca e sviluppo nelle rinnovabili, gli investimenti per la resilienza e la rigenerazione degli ecosistemi, gli investimenti in istruzione e formazione, per affrontare la disoccupazione dovuta alla crisi sanitaria, restano le armi adatte per migliorare i nostri sistemi economici e ridisegnare lo sviluppo economico occidentale.
Un processo che non può prescindere da sostenibilità e ambiente, perché la crisi climatica deve rimanere una delle principali priorità delle politiche di tutti i paesi, a partire da una limitazione delle fonti fossili a favore delle energie rinnovabili e senza generare diversità di trattamenti: la crescita deve andare di pari passo con l’uguaglianza dei trattamenti occupazionali. Il paese, così come il continente europeo, può ripartire da quelli che sono i punti di forza del nostro sistema, quali la creatività e la qualità del sistema produttivo italiano e deve puntare all’implementazione di un’economia sostenibile e green, partendo dagli ambiti in cui c’è già un’eccellenza tutta italiana, come l’economia circolare, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili.
Ripensare l’agricoltura in chiave sostenibile e sviluppare le attività della bio-economia rigenerativa, pensare a nuovi modelli di città sostenibili programmando interventi di riqualificazione profonda degli edifici; mettere in atto una transizione della mobilità verso modelli sostenibili, elettrici e condivisi e rilanciare le attività, prima di tutto quelle legate al turismo, in chiave green, spingendo sull’innovazione digitale. Affrontare il cambiamento climatico sarà un punto centrale dell’agenda politica post coronavirus. Nei pacchetti legislativi proposti dopo la crisi finanziaria del 2008, i governi non sono riusciti a dare valore al potenziale di riduzione delle emissioni di carbonio e mancavano iniziative realizzabili e pronte a partire.
Questa volta, molti Paesi si sono resi conto che certe “priorità” non sono più rinviabili e l’emergenza economica in corso ha ridisegnato i meccanismi sociali nel concepire il lavoro, l’occupazione, il contesto sociale e l’ambiente.
Aggiornato il 11 maggio 2020 alle ore 11:33