La crisi economica e la pandemia sanitaria che la nostra attualità sta vivendo sta modificando profondamente il tessuto economico della nostra economia. Il bilancio e il rapporto tra la nascita e la mortalità delle nostre imprese, per lo più piccole e medie, tra gennaio e marzo di quest’anno risente delle restrizioni seguite all’emergenza coronavirus e rappresenta il saldo peggiore degli ultimi 7 anni, rispetto allo stesso arco temporale.
Sono quasi 30mila imprese in meno nei primi tre mesi del 2020 contro un calo di 21 mila nello stesso trimestre del 2019. Si tratta di un dato che evidentemente si riflette anche a livello territoriale e settoriale. Gli effetti conseguenti allo stato di eccezionalità in cui l’economia reale si sta muovendo appesantiscono il risultato di un bilancio che nei primi tre mesi dell’anno chiude sempre in rosso per effetto delle chiusure comunicate sul finire dell’anno precedente. Una situazione aggravata anche dalla pressione fiscale.
A meno di nuove proroghe, infatti, dal 1 giugno 2020 l’amministrazione finanziaria ripartirà con la sua attività di accertamento e notifica di cartelle fiscali. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha ribadito che gli accertamenti riprenderanno a pieno ritmo, come se nulla fosse accaduto. Stando alle parole di Ruffini, infatti, l’Agenzia non ha bisogno dei due anni supplementari che il Governo gli ha “riconosciuto”, estendendo da 5 a 7 anni i termini di accertamento e prescrizione.
Preoccupazione per le imprese italiane sono state espresse da Sergio Passariello, fondatore del Think tank “Imprese del Sud”, che ha dichiarato: “Altro che dal 1 Giugno 2020. Nei fatti non si è mai arrestata l’azione dell’Agenzia delle Entrate per tenere stretta la corda intorno alle imprese e ai contribuenti. Anche quando il Governo ha cercato di portare ossigeno con misure di sostegno ad hoc, e non sempre con risultati eccellenti, il suo ente di riscossione ha esercitato la sua costante pressione attraverso l’emissione di circolari e chiarimenti che hanno generato confusione e in parte disilluso le aziende che stavano iniziando a pensare, per una volta, di avere nello Stato un alleato capace di accompagnarle fuori dal tunnel. L’ultimo annuncio del direttore Ruffini sulla ripresa delle attività di accertamento è solo l’ultimo avvertimento, alquanto inopportuno, che suona alle imprese come una sorta di intimidazione in un periodo di piena crisi e quasi totale lockdown, con l’economia al palo. Le aziende non sanno come ripartiranno in termini di commesse e fatturati, ma sono certe che saranno ben presto nel mirino dell’Agenzia”.
Le imprese italiane oltre le difficoltà fiscali si ritrovano a confrontarsi con variabili esterne difficilmente prevedibili, quali la globalità e la durata del fenomeno attuale, le reazioni da parte della autorità governative, far fronte a diverse difficoltà interne, tra cui la mancanza di dispositivi di sicurezza e di personale nei luoghi di lavoro, la scarsa coordinazione nel caso di gruppi multinazionali, competenze e capacità manageriali non sempre all’altezza della situazione attuale. Nei prossimi mesi la finanza agevolata e un regime fiscale non opprimente, con centinaia di strumenti a supporto dello sviluppo delle Pmi e investimenti in digitalizzazione, svolgeranno un ruolo fondamentale per dare respiro al sistema e guidare la ripartenza dell’economia italiana. Tematiche da affrontare se l’Italia vuole evitare di perdere capacità produttiva e di entrare in una recessione lunga e difficilmente sostenibile anche dal punto di vista sociale.
Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 12:02