Parte sfida Confindustria, Illy: “Non mi autocandido”

Sono attese entro la fine della prossima settimana le autocandidature per la presidenza di Confindustria.

Per la linea di partenza non dovrebbero esserci grandi sorprese rispetto allo scenario fin qui delineato dalle indiscrezioni: cinque industriali in corsa; una donna, Licia Mattioli, poi Carlo Bonomi, Emanuele Orsini, Giuseppe Pasini. E c’è Andrea Illy che non si presenterà in questa prima fase ma che sembra non escludere la possibilità di entrare in gioco durante le consultazioni previste per scandagliare il clima in tutte le articolazioni del sistema di rappresentanza degli industriali, sondare come si muove il consenso, far così emergere dalla base eventuali nuovi nomi. L’industriale triestino del caffè ricorda il suo impegno per un ‘piano strategico per l’Italia’, sottolinea che ha “riscontrato un gradimento sorprendentemente elevato” e che “il ruolo di leadership che potrebbe esercitare Confindustria in questa iniziativa è determinante”. Spiega di considerare più “opportuno” separare le due cose ma non chiude la porta, esclude di fare un passo avanti ma non le chance legate alle consultazioni: è, dice, “necessario far ricorso alla più ampia consultazione a livello dei consigli di tutte le associazioni” degli industriali, di settore e sul territorio, “onde evitare le possibili distorsioni cui si presta la procedura di autocandidatura”.

A gestire le consultazioni, fase delicata per i meccanismi e le sensibilità di via dell’Astronomia, saranno i ‘tre saggi’: la nomina, per sorteggio in consiglio generale da una rosa di nove industriali, ha segnato l’avvio dell’iter che porterà a fine marzo alla designazione in consiglio del futuro presidente, ed a fine maggio all’elezione in assembla. Sono una imprenditrice umbra e due veneti: Maria Carmela Colaiacovo, Andrea Tomat e Andrea Bolla. Nella prima settimana dall’insediamento (che sarà probabilmente già domani) riceveranno le autocandidature di industriali che dovranno dimostrare di poter già contare su una buona base di consenso certificata dalla firma dei sostenitori (il 10% dei voti assembleari o dei componenti del Consiglio Generale), ed è un requisito che farà la prima selezione. I saggi saranno poi i notai, ma anche con un ruolo attivo, di riflessione e di stimolo, del gioco delle alleanze e degli equilibri: si apre una partita ancora tutta da giocare per arrivare, probabilmente, a delineare una sfida finale a due.

La candidatura del leader di Assolombarda, Carlo Bonomi, era stata la prima ad essere accreditata dai rumors, e con larghissimo anticipo, quando tra le indiscrezioni in via dell’Astronomia non si escludeva che dopo due sfide all’ultimo voto (prima tra Alberto Bombassei e Giorgio Squinzi, poi tra Alberto Vacchi e Vincenzo Boccia) fosse oggi possibile puntare su un candidato unico. L’ipotesi è naufragata dopo la sfida arrivata da Brescia, dall’industriale dell’acciaio Giuseppe Pasini: la sua mossa ha spinto al lavoro tutte le diplomazie sul territorio per evitare una spaccatura tra industriali lombardi ma, ad oggi, senza risultati. Ora c’è attenzione sulle mosse dell’attuale vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione, Licia Mattioli, azienda orafa torinese, che molti vedono in pole per una possibile sfida finale con Bonomi. Ci sarà poi da fare i conti con un possibile outsider, il presidente di FederLegnoArredo Emanuele Orsini.

Aggiornato il 24 gennaio 2020 alle ore 12:32