Il “Green” come strumento per aggiungere tasse e fare cassa

Un sospetto a dire il vero era già emerso, che l’improvviso innamoramento di Giuseppe Conte e della strana coppia Pd zingarettiano e Movimento 5 Stelle grillino per gli investimenti verdi nascondesse qualcosa. Oggi le carte sono scoperte e il sospetto è diventato certezza.

Il combinato disposto del Decreto clima e della prima stesura dei Documenti di bilancio non lascia spazio a molte interpretazioni: non solo non ci sono reali risorse stanziate, ma il “green” è stato trasformato nel grimaldello utile per mettere nuovi balzelli, per fare cassa ritenendo – erroneamente – che il popolo applaudirà a nuove tasse se battezzate come “ambientaliste e salutiste”, pertanto se messe sulla plastica, sul gasolio (per gli Euro 3 e 4) e sullo zucchero.

E gli investimenti di cui tanto si è parlato persino nel discorso di Conte all’Onu? Mentre la Germania programma di investire 100 miliardi nel settore (di cui 54 nei prossimi 4 anni) a cui sommare ben 84 miliardi per il trasporto pubblico, il nuovo Governo programma una media di miseri 3 miliardi all’anno per 15 anni, partendo da provvedimenti quali il bonus-rottamazione scooter e il bonus per i dispenser della pasta.

Di veri investimenti non se ne vede traccia e a mio giudizio non per una questione di risorse economiche, considerando le aperture sul tema da parte della Ue, ma per un motivo malcelato: nuovi investimenti significa nuovi cantieri, cioè un problema per chi i cantieri tende a bloccarli.

La nuova tassazione sulla plastica rappresenta oltretutto per il nostro Paese un clamoroso autogoal. Oltre ad andare a colpire duramente un intero comparto produttivo (e pertanto ridurre il Pil e la possibilità di investimenti), andrà paradossalmente a colpire anche il comparto delle organizzazioni nate per il riciclo (il consorzio Corepla ma anche i consorzi volontari Conip e Coripet), che infatti sono tutte contrarie al provvedimento.

I produttori, che già pagano dai 150 ai 500 euro a tonnellata a questi consorzi per garantire la crescita del riciclo e della economia circolare del settore, difficilmente pagheranno sia la tassa del governo (di 900-1000 euro) che il contributo. Faccio mie le parole di Delio Dalola, presidente di Unionchimica Confapi che raccoglie oltre 83mila Pmi private italiane: “Anziché puntare su tematiche di sostenibilità ambientale ed economia circolare aiutando la riconversione del nostro tessuto produttivo creando occupazione, si mette in ginocchio un comparto produttivo che perderà migliaia di posti di lavoro”.

La Germania investe sul green non solo perché “di moda”, ma perché questo nuovo settore di investimenti e infrastrutture è in grado di avere alti fattori moltiplicativi sia in termini di crescita del Pil che in termini di posti di lavoro creati, che in termini di qualità della vita. La Germania investe. L’Italia tassa. Questa è la rapida sintesi di quel che sta accadendo.

Aggiornato il 21 ottobre 2019 alle ore 13:39