Basilea non è Ue ma influenza risparmi e credito

In tanti si chiedono (e da decenni) perché gli accordi di Basilea debbano agire, e condizionare, la politica bancaria europea (che poi è l’unica politica dell’Ue, nonostante Basilea sia in Svizzera, quindi fuori dall’Europa politica). Di fatto gli accordi di Basilea sarebbero semplicemente delle linee guida in materia di requisiti patrimoniali a cui dovrebbero attenersi le banche. Vennero redatte all’epoca dal “Comitato di Basilea”, una struttura bancaria (quindi non eletta dal popolo) che ha di fatto sottomesso l’Ue. Nasceva come G10, poi G11 e oggi G20: detta le norme all’Europa per il bene della “stabilità monetaria e finanziaria”.

Di fatto un covo di usurai che, forti delle leggi a loro favore (le direttive Ue), condizionano le singole autorità nazionali in tutti i campi, e perché non ci sia ambito della vita europea in cui le banche non debbano dire la loro. Il cappio al collo delle democrazie si perfeziona nel 2004 con “Basilea II”, che stabilisce che tutto l’operato d’impresa (di banche e clienti) venga valutato attraverso il “rating”: di fatto stabilisce i requisiti patrimoniali di banche e clientela nei Paesi dell’Ue. Ma a seguito della crisi finanziaria che ha colpito importanti istituti di credito, l’accordo è diventato ancora più stringente, ed oggi si chiama “Basilea III”. E già lavorano alla quarta versione che, in pratica, potrebbe vincolare ogni nostro movimento economico, ogni nostra spesa (anche la più domestica e piccola) al vaglio dei computer bancari della “blockchain platform”: per farla breve, non saremmo più liberi di spendere i nostri soldi senza il beneplacito del computer bancario.

Tutto questo è capitato perché dagli anni ’90 gli economisti (consulenti delle banche) avrebbero bollato come poco prudente la politica del prestare danaro (prestiti concessi dalle banche alle imprese) ed immaturi i cittadini nello scegliere come spendere i propri risparmi. Così un domani la “blockchain platform” potrebbe bloccare la moneta elettronica di un cittadino che volesse acquistare caviale, e sbloccargliela se poi si ravvedesse verso mozzarelle o insalata.

I partecipanti al “Gruppo Basilea II” parlavano di “salvaguardia della stabilità del settore bancario, per il bene delle economie mondiali”: tutto maturato attorno all’idea che le banche non debbano più assumere rischi eccessivi, debbano tutelarsi dai rischi assunti e, soprattutto, controllare che il risparmiatore non si goda troppo la vita. Quasi che, nel mondo laico cibernetico-finanziario, gli operatori del credito abbiano preso il posto che era del buon parroco di campagna.

Basilea, con la scusa di assicurare “stabilità del sistema bancario”, modifica il rapporto tra banca e impresa, genera la sfiducia reciproca e disincentiva il rischio d’impresa. Nessuno apre più opifici o sogna di fare quattrini, ogni sogno s’infrange sull’altare dell’iperrealismo bancario di Basilea. Così in Europa entravano in vigore normative che ponevano un limite alla quantità di denaro che una banca può prestare. Di fatto si fortificava la politica bancaria del disincentivare la spesa del risparmiatore, a patto che le uscite non abbiano il plauso della consulenza finanziaria.

La spinta a queste direttive diviene più marcata dopo il 1999, quando negli Stati Uniti veniva approvata la legge che abrogava il “Glass-Steagall Act” (la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti): di lì a poco la grande concentrazione di settore, con la nascita degli oligopoli Citigroup, Aig e Bank of America. Nel 2004 le maggiori banche di settore si riuniscono nella Goldman Sachs ed il gruppo di Basilea si accorda con loro. Nasce così la stagione del “rating”, ovvero dell’insieme di procedure (d’analisi e calcolo) che permetterebbero a una banca di valutare quanto un cliente sia rischioso, soprattutto quanto sarà produttivo in futuro. Tramite il rating le banche calcolano il “probability of default” (probabilità di fallire) di Stati, società, cittadini. Calcolano la propensione al “reddito futuro” di qualsivoglia soggetto economico.

Ecco la necessità di evitare che i cittadini mettano i soldi sotto il mattone, che si facciano un “paradiso domestico”: la trasparenza è la necessità bancaria di avere sotto controllo ogni aspetto della vita del cittadino. Un complesso di raccolta dati, selezione, organizzazione e valutazione delle informazioni che fa delle banche una sorta di Stato parallelo, e pronto a subentrare alle tanto vituperate democrazie novecentesche. Vi diranno che una banca amministra meglio di sindaci, assessori e ministri; che non andrete più a votare nel perfetto mondo delle “democrazie bancarie”.

L’operazione di ricaricare i costi sul cliente fa parte del periodo d’incubazione, ed in attesa che le leggi di bilancio e le tasse vengano concertate, amministrate ed imposte dalle banche. A queste ultime gli Stati occidentali stanno appaltando molti percorsi fiscali, venendo meno ai doveri di uno Stato democratico verso il cittadino.

Questa nuova concezione di rapporto tra banca e cittadino-risparmiatore trasforma l’istituto di credito in “prestatore” ed il cliente in “prenditore”: in pratica il danaro che depositiamo nelle banche è del “sistema bancario europeo”, solo quello che occultiamo per contanti è nostro, ed altera il rapporto di “rating” delle banche perché il computer non riesce a scoprire i “paradisi domestici”.

E se la banca sbaglia? Per Basilea è colpa del “rischio di mercato”, definito come il rischio di perdite derivanti da “negoziazione di strumenti finanziari sui mercati”, ed indipendentemente dalla loro classificazione in bilancio: rischio di cambio, di tasso, di controparte… E per sgravare il “risk management” con la “blockchain platform” nasce la “colpa del computer”: il cervellone elettronico delle banca elaborerà “modelli di ponderazione delle attività per il rischio di mercato”, evitando che la colpa venga addossata alla classe dirigente che ha sottoscritto Basilea.

Di fatto “Basilea II” fa assurgere la banca ad una sorta di consulente e controllore d’imprese, governi, politica (vieta l’aiuto economico alla nascita di soggetti politici) e cittadini. Questa attribuzione di poteri agli istituti di credito è fortemente criticata da molti partiti europei, in quanto le banche operano un controllo non democratico sulla società. Si aggiunga che questa politica bancaria è dichiaratamente nemica della “conduzione familiare”: e su questo punto la Germania indica l’Italia come rea di reiterare l’economia familiare, che per Basilea sarebbe nemica dell’entrata dei grandi capitali. Così le Pmi italiane vengono penalizzate dalle normative Ue e dalle varie Basilea.

Per concludere, rammentiamo che nel dicembre 2010 si è riunito il G20 delle banche, che ha redatto “Basilea III”: obiettivo “una maggiore stabilità del sistema bancario”. Da Basilea III è partita la politica di stretta creditizia, quella che nel girò di un ventennio dovrebbe portare alla moneta unica elettronica, gestita da pochi soggetti (almeno in Occidente). Si stenta a credere che questa estrema burocratizzazione bancaria (e statuale) possa generare lavoro.

Aggiornato il 08 agosto 2019 alle ore 16:48