La tivù lancia la volata ai Cinque Stelle

Si ha la sensazione, usando un’espressione di stampo ciclistico, che il dibattito televisivo stia facendo di tutto per lanciare la volata al Movimento Cinque Stelle.

Soprattutto i numerosi talk-show di approfondimento politico che manda in onda La7 sembrano voler rincorrere il vasto consenso che in questa disgraziata fase storica sta raccogliendo la facile demagogia e il populismo a buon mercato dei pentastellati. Demagogia e populismo che non si contrasta dipingendo le tematiche di quest’ultimi come se fossero decisive per le sorti del Paese, bensì evidenziandone l’inconsistenza sostanziale sulla base di ragionamenti sensati.

Sotto questo profilo, mi ha colpito l’ultima puntata di “diMartedì”, programma condotto dall’ottimo Giovanni Floris, in cui la questione infinita dei cosiddetti vitalizi della casta, soprattutto per come è stata affrontata, ha fatto risaltare oltre ogni misura la grillina Carla Ruocco, la quale ha avuto buon gioco ad ergersi, in mezzo ad interlocutori piuttosto confusi, unica e genuina esponente del tanto auspicato cambiamento. Cambiamento che, numeri alla mano, su una spesa pubblica totale che supera gli 830 miliardi di euro, nel caso passasse la riforma dei vitalizi presentata in Parlamento dagli onesti a Cinque Stelle, consentirebbe al sistema pubblico di risparmiare poco più di un centinaio di milioni.

Si tratterebbe evidentemente di una misura simbolica e propedeutica a realizzare quella sempre più necessaria riduzione della spesa pubblica che tocca in modo capillare l’intera società. Invece, aiutati in questo da un’impostazione demenziale dei citati dibattiti televisivi, i pentastellati stanno facendo passare l’idea secondo la quale, al pari di ciò che accadeva in alcuni settori dell’opinione pubblica durante il crollo della Prima Repubblica, ciò che impedisce al popolo di essere più prospero è la quantità di risorse intascato direttamente dalla citata casta. Abbattiamo la montagna di privilegi dei vecchi politici e tutti saremo più ricchi, questo in sintesi il programma elementare che rischia di far stravincere il Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni politiche. Un punto di vista tanto efficace sul piano del consenso quanto illusorio su quello dell’effettiva governabilità del sistema Paese.

In realtà, come i pochi veri liberali di questa Italia alla deriva ben sanno, il problema di fondo non è dato dal cumulo degli odiosi privilegi di cui gode l’intero apparato politico-burocratico, bensì da ciò che gli stessi uomini politici spendono per farsi eleggere o per restare in sella alla loro poltrone. Un metodo che alcuni acuti osservatori hanno definito democrazia acquisitiva e che gli stessi grillini, così come dimostra l’insensata proposta di istituire un reddito di cittadinanza di 780 euro, hanno immediatamente adottato. Basti dire che il taglio dei citati vitalizi rappresenterebbe ben poca cosa rispetto al colossale esborso necessario per elargire ai milioni di poveri e incapienti questo sussidio, stimato dai più prudenti in alcune decine di miliardi all’anno. Ed è proprio attraverso l’irreprensibile logica della matematica che andrebbero contrastati gli insensati voli pindarici dei grillini, altro che chiacchiere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:24