Bcc: Bankitalia  accelera tempi riforma

La riforma delle Bcc accelera i tempi e si avvia a vedere già entro il 2017, quasi un anno prima della scadenza, la nascita di due grandi gruppi coagulati attorno a Iccrea e alla trentina Cassa Centrale Banca (più il gruppo provinciale di Bolzano), ai quali aderiranno le 355 Bcc italiane. L’obiettivo è quello di ridurle a 120 e dare vita a due fra i 10 maggiori gruppi bancari del Paese. Il passo decisivo - dopo mesi di trattative e discussioni che hanno provocato anche tensioni all’interno del mondo cooperativo - è arrivato dalla Banca d’Italia, che ha emanato le norme di attuazione della legge di febbraio e certificato ciò che era oramai nei fatti: non più un gruppo unico ma due, perché via Nazionale “non fa il tifo per la costituzione di un gruppo delle Bcc o di due” ha spiegato il responsabile vigilanza, Carmelo Barbagallo, ma baderà a che quelli che nasceranno con la riforma arrivino presto, già nel 2017, e siano soprattutto “robusti”.

Insomma, non un via libera ma di certo la constatazione che, nonostante i mesi di tentativi nel tenere assieme in un unico grande gruppo, la frattura c’è. Soprattutto non si possono integrare delle realtà che non sono coese e anzi rischierebbero di paralizzare tutto. Quindi è meglio partire e anche in fretta per poter sfruttare tutti i vantaggi della riforma e affrontare un 2017 e un 2018 ancora pieni di incertezze.

A via Nazionale si attende così che già all’inizio del prossimo anno - o anche prima - arrivino le istanze di costituzione per arrivare alla partenza entro 6-12 mesi, ben prima quindi del termine massimo fissato a maggio del 2018. Certo bisognerà vedere se la Cassa Centrale (che raggruppa un numero di banche dell’area del Nord Est e altre sul territorio nazionale) avrà tutti i requisiti e numeri necessari per costituire il proprio gruppo (almeno un miliardo di euro di capitale). E poi partirà la fase di realizzazione oltre che di scelta dei componenti del Cda della holding e dei dirigenti. Arrivi dall’“esterno” del mondo cooperativo non sono obbligatori ma nemmeno esclusi. Certo, chiunque andrà, dovrà saper parlare inglese e avere esperienza internazionale visto che a vigilare i gruppi sarà la Banca centrale europea. Il gruppo disegnato dalla riforma vedrà così in cima una capogruppo che, in caso di difficoltà delle banche aderenti, potrà far ricorso rapidamente al mercato dei capitali (e aprire il suo azionariato fino al 49 per cento) oppure attingere al capitale in eccesso (rispetto ai requisiti prudenziali) delle aderenti. Una misura che aveva provocato mugugni nel comparto. In contropartita la capogruppo avrà poteri di coordinamento e controllo che possono aumentare proporzionalmente alla rischiosità della banca e disporre di strumenti di “early warning”. Questo in modo da evitare situazioni di “moral hazard” di realtà magari piccole, ma potenzialmente in grado di generare danni. Nemmeno le banche “virtuose” potranno essere autonome e le subholding non potranno essere un centro di potere aggiuntivo. Sulla vigilanza comunque la partita è aperta. Spetta alla Bce (e la decisione sulla risoluzione all’Srb di Bruxelles) sul gruppo, ma proprio per la polverizzazione sul territorio delle banche aderenti un ruolo della Banca d’Italia è probabile.

(*) Per gentile concessione dell’Ansa

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:22