Siae: la volta buona?

Solo gli sciocchi non cambiano idea. Appena un paio di mesi fa, il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, aveva confermato la bontà del modello monopolistico della Siae, in risposta al riconoscimento da parte delle autorità inglesi di Soundreef, società italiana di gestione di diritti d’autore che però ha sede a Londra proprio per via dell’impossibilità, in Italia, di fare concorrenza alla Siae.

La realtà tuttavia va avanti, nonostante le volontà e velleità politiche, le lentezze legislative e le resistenze al cambiamento. Sarà perché alcuni noti artisti italiani hanno annunciato di rinunciare alla Siae, sarà perché Soundreef ha cominciato a vincere anche in tribunale cominciando a scardinare di fatto il sistema monopolistico, sarà perché la direttiva europea sul mercato dei diritti d’autore impone una riflessione aggiornata sul tema, la Commissione Politiche europee del Senato ha approvato un ordine del giorno col parere favorevole del Governo firmato del sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, che impegna quest’ultimo a intervenire nella direzione dell’apertura dell’attività di intermediazione ad altri organismi di gestione collettiva. L’apertura si deve ad una proposta di completa liberalizzazione avanzata da alcuni senatori, tra cui Pietro Ichino e Laura Puppato, e dunque potrebbe anche essere letta, in negativo, come un compromesso al ribasso: anziché liberalizzare il settore, il Governo si è limitato a prometterlo.

Ma vogliamo essere ottimisti e credere che quello appena votato in Senato sia un primo passo verso la fine di un monopolio nato in un mondo completamente diverso dal presente, il quale può avvantaggiarsi dell’innovazione e della tecnologia per facilitare la raccolta dei diritti d’autore e rende quindi ancor più incomprensibile la presenza di un monopolio. È il parere anche dell’Antitrust, che proprio di recente si è pronunciata a favore dell’abolizione del monopolio in quanto limitativo della libertà di scelta degli artisti senza che ne traggano particolare vantaggio i consumatori.

E in effetti, considerate le opportunità fornite dall’innovazione da un lato e il fatto che i costi di intermediazione della Siae sono persino superiori rispetto alle altre grandi collecting society europee, come avevamo già segnalato anni fa, quale sia l’interesse generale al mantenimento del monopolio, ammesso che vi sia mai stato, è una domanda senza risposta. L’abbiamo rivolta, poco tempo fa, proprio al ministro Franceschini. È rimasta inevasa, ma ci auguriamo che anche la nostra posizione abbia contribuito ad una più accurata riflessione sull’attualità della Siae.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:44