Le banche non sono ammortizzatori sociali

Sono sempre più note le storie che riguardano cittadini italiani costretti allo sfratto a causa dell’impossibilità di saldare le rate dei mutui. Donne, madri e padri di famiglia costretti ad abbandonare la propria abitazione prima dell’atto di sfratto. Si tratta di uno dei capitoli più dolorosi di questa fase di crisi economica che il Paese vive da ormai troppi anni. Ma se sulle soluzioni si tarda ad intervenire, sembra che le tribune televisive abbiano invece individuato il responsabile di questi miserabili eventi: l’istituto bancario. Ebbene sì, la banca, rea di prestare denaro e di rivolerlo indietro, con o senza interessi. Un’azione spregiudicata se non fosse che si tratta pur sempre di un contratto tra le parti; il mutuo, per l’appunto. E quindi, se un ente privato che concede il credito in cambio della stessa restituzione avanza il rispetto delle clausole, è lui il vero mostro. Una teoria populistica ma che fa breccia nei cuori di molti, dagli esponenti politici a quelli del giornalismo, nessuno sembra voler ricordare una cosa: le banche non sono ammortizzatori sociali.

Ci sono due temi principali, su cui è giusto soffermarsi. Innanzitutto esiste il tema dell’opportunità economica: nessun ente privato, a scopo di lucro, ha la volontà o l’incentivo di indebitarsi “per filantropia”, mettendo in difficoltà milioni di correntisti, investitori, soci. E poi c’è il tema del welfare state. In un Paese in cui la pressione fiscale sfiora il 70 per cento, qualsiasi interlocutore intellettualmente onesto arriverebbe alla conclusione che debba essere lo Stato ad occuparsi dell’allocazione di servizi minimi, quali la casa per chi si trova senza un tetto, e tutele per chi è in difficoltà, e non certo un’azienda privata. Il nostro welfare state è sussidiato da tasse altissime, da dazi e gabelle che ci posizionano nelle ultime posizioni di qualsiasi classifica che riguardi la fiscalità internazionale. E nonostante questo riusciamo a garantire a contribuenti e cittadini dei Servizi sociali da Terzo o Quarto Mondo. Ingiusti, iniqui, inefficienti, ma profumatamente pagati.

La vera sfida sarà accettare che è lo Stato a dover cambiare, a dover rispettare il suo patto con il contribuente e iniziare, finalmente, a restituire qualcosa a cittadini tartassati e, purtroppo, sempre più poveri.

@elisaserafini

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:18