Il nuovo petrolio si chiama acqua

“650 milioni di persone, cioè quasi un abitante della terra su dieci, non hanno a disposizione acqua potabile, o abbastanza pulita da non uccidere”.

Questa la denuncia dalla società no profit WaterAid che, anticipando quanto si discuterà durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre a New York, dà voce ad una questione molto delicata. La scarsità d’acqua, che nei paesi più poveri provoca la morte di 1400 bambini ogni giorno, è la stessa infatti, che secondo il Pentagono, potrebbe generare una terza guerra mondiale, che vedrebbe Cina, India, Pakistan e Tibet, contendersi il controllo del “serbatoio” dell’ Himalaya. Sarà dunque l’acqua il nuovo petrolio. La stessa acqua che al mondo è la più grande causa di mortalità infantile. “Più di mezzo milione di neonati ogni anno muoiono per infezioni come la setticemia, perché le madri e le ostetriche non possono neppure lavarsi le mani”.

In California i risultati degli sforzi per porre rimedio all’emergenza sembrano essere evidenti. Solo a luglio, 39 milioni di californiani hanno ridotto del 31 per cento i propri consumi d’acqua. Scelta obbligata, di fronte al quarto anno di “siccità regolare” che avrebbe condotto alla morte di 12 milioni di alberi. La stessa Silicon Valley ha dichiarato infatti che la tecnologia da sola, non ha purtroppo la risposta a tutti i problemi. La scorciatoia tecnologica della desalinizzazione per esempio, oltre a consumare molta energia fossile, restituirebbe al mare acqua ancora più salata e riscaldata. A dimostrazione che la ricchezza economica non è sufficiente a risolvere l’emergenza, è importante segnalare non solo il caso della California, ma anche lo stato attuale della Cina. Lì dove la desertificazione avanza inesorabilmente e le tempeste di sabbia provocano un drastico incremento dell’inquinamento, non sono più sufficienti le sole risorse economiche. L’antica tecnica che consisteva nel deviare il corso dei fiumi e creare piccoli canali per coprire l’intero territorio, è ormai fallibile, poiché anche i più grandi corsi d’acqua per la maggior parte dell’anno sono ridotti a rigagnoli semi inariditi. Ecco quindi perché tanta attenzione per gli altipiani tibetani. E’ proprio nell’area dell’Himalaya che nascono i maggiori fiumi che irrigano l’Asia: Yangze e Fiume Giallo per la Cina, Indus, Gange e Brahmaputra per l’India, Mekong e Irrawady per la penisola indocinese.

Una guerra quindi, quella che il Pentagono ipotizza, che ha come obiettivo la gestione dei “rubinetti”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:18