Visioni. “Gli anelli del potere”, una fallimentare seconda stagione

La prima stagione della serie tivù Il Signore degli anelli: Gli anelli del potere ha mostrato un passo narrativo ibrido e deludente. La seconda (otto episodi di oltre un’ora ciascuno) si è rivelata un fallimento. Quasi sotto ogni profilo. Innanzitutto commerciale: gli spettatori hanno stroncato il progetto televisivo ideato da J. D. Payne e Patrick McKay, a partire dal monumentale romanzo Il Signore degli anelli di J. R. R. Tolkien. Dopodiché, il disastro è stato artistico. I limiti più evidenti riguardano, naturalmente, la scrittura e la regia. Se la celebrata trilogia cinematografica di Peter Jackson (che ha raccolto la bellezza di 17 Oscar) ha raggiunto un punto di equilibrio narrativo encomiabile, operando una sintesi eccezionale, Gli anelli del potere, invece, segue un percorso opposto: anziché lavorare con il materiale originale si cimenta in una discutibile riscrittura dell’epopea tolkieniana, inserendo nuovi personaggi, inedite ambientazioni, e intervenendo in maniera significativa sulla psicologia dei personaggi.

La seconda stagione narra l’assedio di Eregion, una battaglia fondamentale nella storia della Seconda Era della Terra di Mezzo. La guerra devastante contro Sauron di Mordor, è appena iniziata. Scacciato dalla regina elfica Galadriel, senza esercito né alleati, l’oscuro signore fa ricorso ai propri inganni per ricostruire la sua forza e vigilare sulla creazione degli anelli del potere. Il nuovo capitolo fa sprofondare i personaggi che popolano il racconto in un’ondata di oscurità: uomini, orchi, elfi, nani, stregoni, pelopiedi sono messi a dura prova. Le loro amicizie si sfaldano, i regni crollano, le forze del bene sono costrette a combattere una battaglia senza fine contro il male.

Bisogna ammetterlo: l’unico elemento degno di nota attiene alla superba direzione degli attori. A partire dalla faida interna ai nani, che coinvolge Owain Arthur (Durin IV), Peter Mullan (Durin III) e Sophia Nomvete (Disa). Allo stesso modo, la forgiatura degli anelli continua nell’Eregion mentre Celebrimbor (Charles Edwards) duetta con Sauron-Annatar (Charlie Vickers). Particolare interesse suscita lo straniero (Daniel Weyman) che si rivela essere Gandalf. Il suo arco narrativo coinvolge le due Pelopiedi Nori (Markella Kavenagh) e Poppy (Megan Richards) e l’enigmatico Tom Bombadil (Rory Kinnear). L’Elfo nero Arondir (Ismael Cruz Córdova), in questa seconda stagione gode di un peso marginale nella storia. Adar, l’elfo caduto e capo degli orchi, nella prima stagione è stato interpretato da Joseph Mawle, nella seconda da un magnetico Sam Hazeldine. Il personaggio di Galadriel (Morfydd Clark), nella stagione numero due, è stato fortemente ridimensionato. Payne e McKay hanno preferito dare più spazio a Elrond (Robert Aramayo), consegnando alla futura Dama dei boschi l’inevitabile scontro con Sauron. D’altro canto, anche linea narrativa di Isildur (Maxim Baldry) è assai discutibile.

Come se non bastassero gli squilibri narrativi, Gli anelli del potere ha avuto la sfortuna di arrivare sugli schermi quasi in contemporanea con House of Dragon, lo spin-off del Trono di spade. Il paragone tra le due serie risulta complesso. Eppure, bisogna tenere conto che la saga dei draghi è un pregevole apologo fantasy. Il risultato di un’attenta e appassionata scrittura che infonde efficacia e credibilità. Mentre la seconda stagione de Gli anelli del potere, pubblicata sulla piattaforma streaming on demand Amazon Prime Video dal 29 agosto al 3 ottobre, è costellata da sottotrame dilatate all’infinito che producono un esito inevitabile: appesantiscono la narrazione, rendendo gli episodi lunghi, dispersivi e faticosi. A questo proposito, il finale di stagione rappresenta plasticamente la farraginosità tentacolare della storia.

(*) Prima stagione, la recensione dei primi due episodi

(**) Prima stagione, la recensione del terzo episodio

(***) Prima stagione, la recensione del quarto episodio 

(****) Prima stagione, la recensione del quinto e del sesto episodio

(*****) Prima stagione, la recensione del settimo e ottavo episodio

Aggiornato il 15 novembre 2024 alle ore 19:29