Saverio Costanzo ha ricordato il fortunato debutto di vent’anni fa. Il regista, con il suo primo film, Private, ha vinto il Pardo d’oro a Locarno nel 2004. Una consacrazione immediata. Il cineasta ha parlato della lavorazione della sua opera prima davanti agli spettatori della 19ª Festa del cinema di Roma, nella sezione Absolute Beginners. Un lungometraggio drammaticamente attuale che racconta l’eterno conflitto israelo-palestinese. “Avevo 26 anni, eravamo 12 ragazzini, una troupe piccola di esordienti”, sottolinea Costanzo. “C’era un bar frequentato da italo-americani a Brooklyn dove stazionavano anche dei boss, tra cui Tony Genovese. Io cominciai a filmare con delle telecamerine e per un anno, con il loro consenso, ho ripreso la vita di questo locale. Non mi interessava la mafia, ma il tessuto umano e sociale. Quei filmati piacquero a Gianluca Nicoletti che lavorava in Rai ma che pensava che, essendo io figlio di Maurizio Costanzo, avrei preferito Mediaset, invece non fu così, li cedetti proprio alla Rai che li mandò in onda a puntate”.
Uno dei punti di riferimento del giovane Costanzo è stato indubbiamente il regista statunitense Frederick Wiseman. “Lui è il più puro dei documentaristi. I suoi film durano molte ore perché lui riprende la vita, ricordo che mentre li vedevo in una retrospettiva, dormivo e mangiavo, perché andavano avanti anche per otto ore. Influenzato dal suo cinema, ho fatto un documentario sulla terapia intensiva, Sala rossa, che raccontava i casi più gravi di un Pronto soccorso”. Quanto a Private, Costanzo ha ricordato: “Nella Striscia di Gaza, in un villaggio chiamato Tulkarem, c’era questa casa attaccata alla base militare israeliana dove viveva una famiglia araba, padre e madre con sette figli. I soldati stavano al secondo piano e loro al primo. La sera venivano chiusi in salotto e da lì assistevano alla guerra. C’erano tutta una serie di regole da rispettare. Il padre era un preside di scuola media molto colto che aveva fatto una tesi di dottorato sulla scrittrice Margaret Oliphant. Stava provando a insegnare ai figli la resistenza passiva, diceva che dovevano rimanere nella casa perché era l’unico modo di essere e citava Shakespeare, diceva che i profughi smettono di esistere”.
Intanto, è stato intitolato un premio alla memoria del padre di Saverio, il compianto maestro del giornalismo Maurizio Costanzo. Un riconoscimento che coniuga la sua grande passione per il teatro con l’impegno civile che lo ha visto per tanti anni vicino al mondo delle carceri. È questo il primo progetto della neonata “Associazione Maurizio Costanzo”, realtà benefica che nasce da un’idea dei tre figli Camilla, Gabriele e naturalmente Saverio. Insieme ad alcuni degli amici e collaboratori più stretti di Costanzo e che è stato presentato oggi sul palco del Teatro Parioli Costanzo, da oggi sede dell’associazione. “Siamo emozionati – racconta Camilla Costanzo – perché anche se papà è morto da un anno e mezzo sembra sia passato un minuto. Con i miei fratelli e altre persone amiche abbiamo deciso di dar vita a questa associazione perché siamo convinti che papà sia stato un patrimonio di tutti e vogliamo portare avanti le sue battaglie civili”. Ecco dunque l’idea di realizzare, insieme al Teatro Parioli, il Premio teatrale Maurizio Costanzo, dedicato a un tema che è sempre stato molto a cuore al grande giornalista, fin dai tempi del programma tivù Altrove, quello degli istituti di pena. Il premio sarà aperto a tutte le istituzioni carcerarie italiane: ogni compagnia teatrale che vi opera potrà presentare uno o più spettacoli, realizzati dai detenuti, e i lavori saranno valutati da una giuria di esperti presieduta dal regista teatrale e conduttore Pino Strabioli.
“Il testo vincitore sarà messo in scena qui al teatro Parioli il 20 maggio”, spiega Camilla Costanzo. A firmare l’accordo che sancisce l’avvio del progetto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove che, al fianco del capo del Dap Giovanni Russo, ha preso parte alla presentazione con, in platea, anche tanti allievi agenti e allievi commissari della Scuola di polizia. Nelle 191 carceri italiane esistono 150 laboratori teatrali e 120 compagnie.
Aggiornato il 24 ottobre 2024 alle ore 17:42