Lillo Petrolo è tornato. Con una nuova avventura. La stagione numero 2 della serie tivù comica Sono Lillo è un progetto, in sei episodi (da trenta minuti ciascuno), prodotto da Lucky Red per Amazon Prime Video e firmato dallo stesso interprete insieme a Matteo Menduni e Tommaso Renzoni, per la regia di Eros Puglielli. Se la prima stagione aveva convinto a metà, la seconda, pur regalando alcuni momenti di irresistibile comicità, delude ampiamente. Lo squilibrio della storia è evidente. Anche perché sembrano mancare le motivazioni dei personaggi. L’esempio più marcato riguarda la linea temporale legata al multiverso creato dal master di un gioco di ruolo, Sante (un simpatico Marco Marzocca), coadiuvato dall’eccentrica assistente Luuna (un convincente Katia Follesa). In questa stagione, come nella prima, Lillo (un folgorante Petrolo) interpreta un comico in difficoltà, sia professionale che sentimentale. Il secondo capitolo della storia inizia a Hollywood, dove l’attore è impegnato a girare un film d’azione dall’alto budget nonostante parli un grottesco grammelot della lingua inglese. Lillo viene, inevitabilmente, licenziato e torna in Italia, dove si trova braccato dalla Camorra che lo ha scritturato, suo malgrado, per un film in cui dovrà tornare a vestire i panni di Posaman, l’alter ego che lo ha reso celebre. Ovviamente, l’artefice del contratto-capestro è l’agente Sergio Locatelli (un sorprendente Pietro Sermonti) che “rappresenta artisti”, succube dell’organizzazione criminale, sempre pronto a scappare, con un trolley a portata di mano. Intanto, il fratello Edoardo (un tenero Cristiano Caccamo) è alle prese con il figlio neonato Kevin. Marzia (un’elegante Sara Lazzaro), L’adorata moglie di Lillo, è definitivamente perduta.
La donna sta per sposare il bizzarro Aldo Panaro (uno strepitoso Corrado Guzzanti), un imprenditore delirante, intenzionato a lanciare una nuova piattaforma streaming, che parla come Franco Califano e si atteggia come Gianfranco Funari. Il luogo che Lillo continua a frequentare per mettere in pausa la propria movimentata esistenza è il Kabuki, un piccolo teatro off gestito da Agenore (un ossessivo Paolo Calabresi), un ex comico che dispensa consigli (sbagliati) di risibile saggezza. Come nella prima stagione, sul palco, in ogni episodio, si assiste all’esibizione di stand-up comedian italiani: Nino Frassica, Brenda Lodigiani, Herbert Ballerina, Max Angioni, Giovanni Vernia, Yoko Yamada (comica nippo-bresciana). Maccio Capatonda appare in apertura di stagione come stralunato conduttore di una surreale televendita. Mentre il Mago Silvan è addirittura il custode del multiverso. Ancora una volta, la serie tivù è contrappuntata dalle note della Rhapsody in Blue di George Gershwin nella versione di Filippo Manni e Massimo Perin. In definitiva, vedendo la nuova stagione di Sono Lillo, si avverte una confusione generale. Indubbiamente, gli autori si sono divertiti in fase di scrittura, ma hanno dimenticato che un solido impianto narrativo è necessario per conferire credibilità alla storia. Infatti, la struttura fantacomica risulta debole e a tratti improbabile. Sono Lillo, nonostante le numerose incursioni di diversi comici, compie, indubbiamente, un rumoroso passo indietro. La serie tivù mostra situazioni, slegate tra loro, che costruiscono un mondo inverosimile, popolato da attori brillanti. Ma la loro ragion d’essere attiene, esclusivamente, alla battuta, a dispetto della coerenza complessiva del tessuto narrativo.
(*) La recensione della prima stagione della serie tivù Sono Lillo
Aggiornato il 11 ottobre 2024 alle ore 19:52