Jeremy Saulnier firma un acuto poliziesco che mostra le distorsioni del razzismo e della malagiustizia statunitense. Rebel Ridge, che segue lo schema hitchcockiano “dell’uomo sbagliato nel posto sbagliato”, racconta la storia di Terry Richmond (un ispirato Aaron Pierre), un ex marine che ha combattuto in Iraq. L’uomo si dirige in bicicletta nella città di Shelby Springs, per pagare la cauzione in favore del cugino Mike Simmons (C.J. LeBlanc), arrestato per possesso di erba. Terry, non sentendo le sirene per via della musica metal che ascolta attraverso le cuffie, viene speronato e trattenuto da due poliziotti, Evan Marston (David Denman) e Steve Lann (Emory Cohen). I due agenti sequestrano i suoi 36mila dollari tramite confisca civile nonostante il denaro sia legittimo. Il giovane riesce ad arrivare, comunque, in tribunale. Ma l’impiegato di turno, Elliott (Steve Zissis), si rifiuta di aiutarlo. Tuttavia, un’altra impiegata, Summer McBride (una dolente AnnaSophia Robb), s’impegna a preparare i moduli nel caso in cui Terry riesca a ottenere i 10mila dollari richiesti per la cauzione prima del trasferimento di Mike giovedì in una prigione di Stato. Il resto dei soldi serve all’acquisto di un pickup usato. È una lotta contro il tempo, perché il cugino si trova in pericolo per aver testimoniato contro un gangster. A quel punto, Terry va alla stazione di polizia per denunciare il furto del denaro all’agente Jessica Sims (Zsane Jhe), ma s’imbatte in Lann e nel capo della polizia, Sandy Burnne (un mefistofelico Don Johnson), a cui Terry offre di abbandonare la questione in cambio dei 10mila dollari utili per la cauzione. Il giovane, rendendosi conto di essere coinvolto in un autentico complotto, avverte un senso di oppressione palpabile e si accorge del controllo esercitato dal dipartimento sulla comunità.
La storia, solo in apparenza intricata, mostra il lato più retrivo dell’America profonda, permeata da intolleranza, corruzione, violenza e odio razziale. Il lungometraggio, della durata di 131 minuti, è stato prodotto da Bonneville Pictures e Film Science e distribuito su Netflix il 6 settembre. Rebel Ridge, girato in diverse città della Louisiana, come New Orleans e Leesville, sulla piattaforma figura come il film più visto. Terry Richmond, un personaggio apparentemente ambiguo, che si è fatto tatuare sul braccio la mezza Luna e il motto dei marine, richiama, seppur con toni opposti, Joker (interpretato da Matthew Modine in Full Metal Jacket di Stanley Kubrick), il soldato sul cui elmetto ha scritto “Born to Kill” e disegnato il simbolo della pace. E la cittadina immaginaria Shelby Springs somiglia molto alla Hope di John Rambo. Ma, anche in questo caso, Richmond, a differenza del reduce del Vietnam portato al successo da Sylvester Stallone, si distingue perché si manifesta come un antieroe riflessivo. Un guerriero in perenne autocontrollo. E, soprattutto, un soldato che non uccide. Al massimo, ferisce. Jeremy Saulnier, al suo quinto lungometraggio, scrive e dirige con sapienza un thriller originale ed elegante popolato da personaggi corrotti. La sua è un’appassionata e sorprendente lezione di grande cinema. L’ultimo film del 48enne cineasta originario di Alexandria (Virginia) era stato Hold the Dark, datato 2018, distribuito ancora una volta da Netflix. Ma, a differenza delle opere precedenti dell’autore, Rebel Ridge ha avuto una lunga e difficile genesi. Annunciato nel 2019, posticipato a causa della pandemia, abbandonato dal protagonista John Boyega nel 2021, sospeso in attesa di sostituito, è stato ripreso con Aaron Pierre appena due anni fa.
Aggiornato il 16 settembre 2024 alle ore 17:02