Il 29 agosto 2024 ricorrono i trecento anni dalla nascita dell’abate Giovan Battista Casti. Molti studi, alcuni portati avanti da storici, altri da appassionati di storia locale, fatti sull’autore, sono stati guidati dall’opera di Antonino Fallico (1984), o da ricerche, come quelle dello scrivente, eseguite anche a Parigi e Vienna. Generalmente questi studi hanno esplorato gli aspetti più appariscenti, o forse più semplici da percepire, della sua poliedrica attività letteraria, come quella “libertina”; tuttavia, quasi completamente sconosciuto è stato, fino ad alcuni decenni fa, il suo ruolo politico e diplomatico esercitato presso la Corte degli Asburgo-Lorena. Comunque, la sezione biografica pubblicata da Fallico nel 1984 ha determinato chiaramente i suoi natali. L’atto di battesimo riportato in copia sull’Introduzione di Fallico mostra, senza possibilità di contraddizione, che Casti nacque ad Acquapendente (importante cittadina sulla via Francigena collocata impropriamente nel nord del Lazio), nonostante che la città di Montefiascone (ubicata poco più a sud), abbia rivendicato, fino al ritrovamento dell’atto di battesimo, la natalità nella cittadina falisca; avendo anche posizionato un’epigrafe riportante la scritta dove appare che Casti nacque in una casa ubicata al centro storico del paese. Ma la registrazione del battesimo, non l’atto di nascita, avvenuto il 6 settembre, rivela appunto la data, l’ubicazione e la genia, come di seguito riportato e ricavato dal registro parrocchiale conservato al momento del ritrovamento nella ex sede Vescovile di Acquapendente, Archivio Storico Diocesano, Libro IV dei Battesimi 1709-1741 cc. 92-93, ora conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Viterbo.

Di seguito parte dell’atto di registrazione del battesimo: Die 6 septembris 1724. Reverendissimus Dominus Carolus Casti canonicus Ecclesiae catholicis S. sepulcri S.N. Aquapendentis baptizzavit domi in casu necessitatis, ut mihi asseruerunt, infantem natum die 29 augusti proxime praeteriti nocte antecedenti hora 8 circ., ex domino Francisco Antonio Casti quondam Persei de Montefalisco, et Domina Francisca Pegna quondam Domini Signiferi Francisci de civitate Cossae conjugibus degentibus Aquipendii….

Ma Giovan Battista Casti dopo trecento anni dalla sua nascita suscita ancora rilevanti attenzioni; non tanto per le campanilistiche posizioni che vedono Acquapendente e Montefiascone, strategiche cittadine dell’alta Tuscia, contendersi la “figura”, ma per l’illuminata visione storica che l’Abate ha dimostrato conoscere grazie anche ai suoi viaggi tra le diplomazie europee come uomo di fiducia ed arguto osservatore dei fatti politici sviluppatisi in epoca illuminista.

Casti ebbe certamente i natali ad Acquapendente, ma Montefiascone fu la sua culla culturale ed esperienziale, che lo portò a raffinare la sua conoscenza della società sotto i più articolati aspetti, per poi raggiungere le più importanti diplomazie europee. Il periodo “viterbese” durò dal 1724 al 1763; successivamente fu per alcuni decenni uomo della corte leopoldina con un indiscusso ruolo diplomatico affidatogli dagli Asburgo, attestato da riconoscimenti e una interessante serie di rapporti epistolari tenuti con i maggiori sistemi statali europei. Ma come riportato sia nella pubblicazione “Un Viaggio a Costantinopoli” (Fabbri 2002 Ed. SetteCittà), che nell’ultimo libro su Casti dal titolo: Da Pietroburgo a Costantinopoli. Le missioni di spionaggio dell’Agente -Abate Joannes Baptista Casti”, (Fabbri-Meluzzi 2019- Bonanno editore), presentato nel 2019 alla Fiera del Libro di Torino, l’analisi che viene presentata è inerente alla lettura politica e geopolitica delle sue opere, che non casualmente riguardano nazioni e aree geografiche che anche oggi sono al centro delle attenzioni internazionali. Così la lettura del Poema Tartaro e degli Animali Parlanti, opere castiane, iniziate e sviluppate alla corte della zarina Caterina II (1729-1796), propedeutiche al “Viaggio a Costantinopoli”, resoconto datato 1788, fa emergere, con maggiore vigore, quanto il suo pensiero politico maturato nel sinuoso quadro storico settecentesco, evidenzi criticità geopolitiche mai sanate.

Le questioni dell’Impero di tutte le Russie, come del Vicino Oriente, trattate dal Casti dal punto di vista sociologico, politico e geopolitico, mostrano come queste società, nel loro complesso, non hanno avuto quelle metamorfosi che in alcuni casi lo scorrere del tempo storico ha esercitato su altre realtà politiche.

I rapporti ed i giudizi espressi sia nel Poema Tartaro che negli Animali Parlanti, su Caterina II e soprattutto sulla sua visione geostrategica rivolta al contesto europeo, hanno tracciato un percorso dove la distinzione con le posizioni espresse dalle gerarchie post zariste è flebile, e alla luce dell’attualità rafforzano il giudizio su una certa staticità della visione politica internazionale, espressa in questo ultimo quarto di secolo, dallo “ZarVladimir Putin. Con Alessandro Meluzzi, dopo la pubblicazione su Costantinopoli, abbiamo affrontato in numerosi convegni la situazione che descrivo come “Seconda Questione d’Oriente”, e i vari rapporti intercorsi in epoca Moderna e Contemporanea tra i maggiori artefici della “Storia” in Europa e nel Vicino Oriente. In questo ambito scaturivano spesso analisi sul ruolo che gli “informatori” o “spie”, si ritagliavano nei rapporti internazionali e diplomatici, rilevando che spesso esercitavano forti condizionamenti anche in importanti scelte di carattere politico e strategico.

Casti possiamo così farlo rientrare nella definizione di “analista proto-geopolitico” in quanto il suo profilo di diplomatico e la sua insaziabile curiosità lo conducevano ad avere contatti con i più potenti regnanti europei in un periodo storico cruciale per l’Europa. Le tensioni, le idee e le confessioni autobiografiche che si ritrovano nelle sue epistole e nei suoi più significativi poemi, oltre a darci un’immagine dell’uomo e del suo impegno intellettuale, disegnano il ritratto di un politico acuto e con una visione lucida delle strategie internazionali, nonché delle tragedie che potevano scaturire da miope posizioni politiche. L’Abate era conscio che la storia gli stava consegnando un momento unico per l’Europa e che gli ideali nascenti avrebbero caratterizzato il “marchio dell’Occidente”, gettando le fondamenta di nuovi atteggiamenti filosofici, di nuove modalità politiche, di nuove forme istituzionali, quindi di una nuova società.

Il suo impegno tra le maglie della diplomazia europea apriva all’Abate le porte delle più importanti corti; al seguito del figlio del principe Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg (1711-1794), intrecciava legami diplomatici con i vertici degli Stati europei.

I resoconti delle missioni, molti con attinenze di valore strategico, dell’Agente-Abate Joannes Baptista Casti, illuminano su aspetti sociologici che meritano un confronto con la contemporaneità dei fatti. Un ruolo diplomatico quello affidato dagli Asburgo a Casti, e successivamente per curiosità ed esigenze proprie, che suggella una mentalità lucida ed una conoscenza delle dinamiche storiche uniche per l’epoca; oltre al pensiero politico, che formatosi nell’affanno settecentesco, proietta una luce anche su scenari contemporanei, che nei trecento anni dalla sua nascita, al di là della città natale, ed in un contesto geopolitico critico, ancora possono suscitare profondi ambiti di riflessione.

Il Casti rappresenta anche con il suo lessico massonico il fenotipo dell’Uomo settecentesco.

Aggiornato il 28 agosto 2024 alle ore 13:00