Sanremo: la serata cover tra applausi e fischi assordanti

Nella serata che doveva essere delle cover e invece diventa soprattutto dell’autocitazione ai fini Siae, bisognava far esibire trenta cantanti con relativi accompagnatori senza arrivare direttamente al Prima Festival del giorno dopo. Così il concetto di “superospite” si ridimensiona al livello Jalisse, che ringraziano pure senza capire che era tutto uno sfottò.

Le pagelle delle esibizioni:

Sangiovanni con Aitana (Farfalle/Mariposas): sei Sangiovanni – mica Lucio Battisti – e ti autociti? Per rendere il tutto meno insulso porti questa Aitana spagnola e di molto bona, pare famosissima al Paese suo ma qui illustre sconosciuta. Non basta. Voto: si conferma 1.

Annalisa con La Rappresentante di Lista e il Coro Artemìa (Sweet Dreams): ci si mettono in due per non sfigurare al confronto con Annie Lennox e, oggettivamente, cantano bene. Veronica Lucchesi forse anche meglio di Annalisa. La rifanno un po’ soul, ma nel complesso un po’ deludente per chi ha vissuto quegli anni. Voto: 7-.

Rose Villain con Gianna Nannini (Medley: Scandalo/Meravigliosa creatura/Sei nell’anima): Rose Villain fa il colpaccio di portare Gianna Nannini sul palco dell’Ariston non in veste di superospite, ma decide di asfaltare i suoi successi a colpi di steccature da brivido. Fortuna che Gianna fa tutto da sola, con molta più energia di una che le può essere nipote. Rose ha almeno l’intelligenza di lasciarle il primo piano. Però il dramma è che la concorrente sarebbe lei. Voto: 5.

Gazzelle con Fulminacci (Notte prima degli esami): i due cantautori romani la maturità ce l’hanno fresca e, forse per questo, fanno un’interpretazione onesta del mitico pezzo di Antonello Venditti, con la giusta atmosfera, senza strafare. Voto: 7 e ½.

The Kolors con Umberto Tozzi (Medley: Ti amo/Tu/Gloria): un’interpretazione festaiola senza pretese di nessuno, alla fine Stash canta bene (Tozzi meno), tutti si divertono e il risultato è carino. Voto: 7.

Alfa con Roberto Vecchioni (Sogna, ragazzo, sogna): questo Alfa, zitto zitto, non sarà Francesco De Gregori ma sta conquistando tutti con una simpatia, un’umiltà e una semplicità di altri tempi. L’esibizione con Vecchioni sembra un dialogo tra un liceale e il professore bravo, di quelli con cui puoi andare a parlare quando non sopporti più mamma e papà. Voto: 8.

Bnkr44 con Pino D’Angiò (Ma quale idea): piena atmosfera disco anni Ottanta, cazzeggio incluso. D’Angiò si presta, alla fine esce una cosa abbastanza divertente. Voto: 6.

Irama con Riccardo Cocciante (Quando finisce un amore): si era capito che sarebbe stata una gara di ugole. Vince il grande vecchio, ma alla fine promossi entrambi. Voto: 7.

Fiorella Mannoia con Francesco Gabbani (Che sia benedetta/Occidentali’s Karma): ovvero la canzone più brutta della Mannoia e la migliore di Gabbani, riproposte con l’intenzione di rimettere in sfida la prima e la seconda classificate al Festival 2017. Infatti la prima metà dell’esibizione è soporifera, poi quando parte il pezzo di Gabbani si scatena anche Fiorella, che evidentemente non ne poteva più nemmeno lei. Il tutto dà ragione del perché nel 2017 andò a finire come è andata. Voto: 6.

Santi Francesi con Skin (Hallelujah): il progetto di portare il mitico brano di Leonard Cohen sembrava un po’ troppo ambizioso per il duo torinese. Invece Alessandro de Santis si dimostra veramente all’altezza e Skin fa gli ultrasuoni come sempre. Bello. Voto: 8 e 1/2.

Ricchi e Poveri con Paola & Chiara (Sarà perché ti amo/Mamma Maria): è stato quello che doveva essere: lo sbracato trionfo del concetto di pop all’italiana che trascende le generazioni. Ma soprattutto una botta di Siae non indifferente per il duo genovese. Voto: 5.

Ghali con Ratchopper (Medley Italiano vero: Bayna/Cara Italia/L’Italiano): il medley si chiama “Italiano vero” e lui parte con un pezzo in arabo. Poi parla dell’immigrazione nel canale di Sicilia e finisce col refrain di L’Italiano e lo fa sembrare bello. Ghali dà una lezione a chi la deve capire su cosa voglia dire ius soli e lo fa con classe, intelligenza e ironia. Bravo bravo. Voto: 10.

Clara con Ivana Spagna e il Coro delle voci bianche del Teatro Regio di Torino (Il cerchio della vita): un mistero perché abbiano deciso di fare una roba tanto noiosa e che c’entrasse Spagna. Mah. Voto: 4.

Loredana Bertè con Venerus (Ragazzo mio): che meraviglia Tenco arrangiato rock! Forse lo poteva fare solo Bertè, con Venerus alla chitarra. E l’ha fatta eccome, con la voce graffiante e l’aria stralunata. E dire che lei di autocitazioni ne avrebbe a chili. Voto: 9 e ½.

Geolier con Guè, Luchè e Gigi D’Alessio (Medley dal titolo Strade: Brivido/O’ primmo ammore/Chiagne): uno si chiede perché Geolier, che al Festival sta andando fortissimo, decide di suicidarsi tirandosi appresso Gigi D’Alessio con mezza famiglia al seguito. Invece arriva primo nella classifica della serata cover. E lì ti rendi conto che non hai capito niente della vita, tu e il pubblico in sala che fa giustamente cadere il Teatro Ariston per le proteste all’annuncio della top 5.  Voto: 2.

Angelina Mango con il Quartetto d’archi dell’Orchestra di Roma (La rondine): si sapeva da ottobre che questa sarebbe stata la serata di Angelina Mango, e infatti lei ci va giù pesante: canzone del padre che parlava di un amore finito e qui diventa il ricordo del genitore perduto; interpretazione emozionante ma per niente patetica. Mettici pure il quartetto d’archi ed è chiaro che alla fine piangono pure le pietre. Angelina, ti piace vincere facile, eh? Voto: 9 e 1/2.

Alessandra Amoroso con i Boomdabash (Medley): voleva essere un omaggio al Salento ma esce fuori una tamarrata sgangherata. Voto: 3.

Dargen D’Amico con BabelNova Orchestra (Omaggio a Ennio Morricone: Modigliani sulle note di The Crisis): l’idea è indubbiamente originale: “parla” le sue canzoni sulle musiche di Morricone. Non è venuta granché, ma al termine Dargen ribadisce l’appello al cessate il fuoco in Medioriente e gli si vuole bene. Voto: 6.

Mahmood coi Tenores di Bitti (Come è profondo il mare): Mahmood è talmente intelligente da inventarsi una roba che non sarebbe venuta in mente a nessuno: Lucio Dalla, i Tenores e un ragazzo sardo-maghrebino che sa cantare, anche se a modo suo. Adriatico e Mediterraneo. Interpreta il capolavoro del genio bolognese rendendone la magia e la drammaticità del testo. Il risultato è da pelle  d’oca. Voto: 10.

Mr. Rain coi Gemelli Diversi (Mary): Mr. Rain ormai è sinonimo di tristezza e depressione. Che fanno parte della vita, per carità, ma perché farne una bandiera, che c’hai pure 20 anni? Così anche per la serata cover sceglie il testo più drammatico dei Gemelli. A rafforzare l’istigazione al suicidio arrivano anche le farfalle della ginnastica, rimesse nelle mani di Emanuela Maccarani, reintegrata nonostante le accuse di violenze e maltrattamenti ai danni delle atlete. E daje a ride. Uno si voleva divertire il venerdì sera, e invece alla fine ha voglia di farla finita. Voto: 3.

Negramaro con Malika Ayane (La canzone del sole): no, nessuno dovrebbe mettersi contro Giuliano Sangiorgi. Nemmeno Malika Ayane, che pure la voce ce l’ha. Infatti lui l’annichilisce, rappresentando la Canzone del sole, che sarebbe un pezzo da schitarrata intorno al falò, con enfasi degna di miglior causa. Anche meno. Voto: 4.

Emma con Bresh (Medley di Tiziano Ferro: Imbranato/Non me lo so spiegare/Sere nere): Non c’è molto da dire, proprio il paradigma del concetto di “insignificante”. Voto: 4.

Il Volo con Stef Burns (Who wants to live forever): la versione cafona del capolavoro dei  Queen: ma chi gliel’ha chiesta? Nulla può l’assolo rock del chitarrista di Vasco Rossi. Voto: 2.

Diodato con Jack Savoretti (Amore che vieni, amore che vai): hai Fabrizio De Andrè, un notevole talento e ci metti anche l’introduzione recitata di Filippo Timi: c’era da aspettarsi tantissimo, invece Diodato si sgola oltre il necessario e a conti fatti delude un po’. Voto: 7.  

La Sad con Rettore (Lamette): tutto e tutti molto punk. Troppo, quasi parodia. Voto: 5.

Il Tre con Fabrizio Moro (Medley di Fabrizio Moro): c’era da aspettarsi che con tutta questa romanità il giovane finisse schiacciato dallo stile “osteria dei magnaccioni” che da qualche decennio caratterizza Moro. Invece Il Tre è più credibile del più esperto collega e al termine si commuove sinceramente. Caruccio. Voto: 7.

Big Mama con Gaia, La Niña e Sissi (Lady Marmalade): quattro giovani, belle, stilose e talentuose che riescono a dare una versione originale del brano più rifatto della storia, anche con inserimenti in napoletano che ormai se non lo metti non sei nessuno. Girl power! Voto: 8 e ½.

Maninni con Ermal Meta (Non mi avete fatto niente): meglio loro in duetto che l’originale di Meta e Fabrizio Moro: il risultato è più toccante e meno coatto. Voto: 6 e ½.

Fred De Palma con Eiffel 65 (Medley: Too much of Heaven/Viaggia insieme a me/Blue): tutto un po’ un casino, ma l’energia c’è nonostante l’ora tarda e l’operazione revival disco 2000 riuscicchia. Voto: 6.

Renga Nek (Medley di Renga Nek): la voce ce l’hanno e sono anche simpatici, potevano fare qualsiasi cover e sarebbe andata meglio. Invece decidono di autocelebrarsi con una carrellata di canzoni che avevano abbondantemente rotto già nel 2003. Voto: 3.

Aggiornato il 10 febbraio 2024 alle ore 14:57