Disponibile in tutte le librerie Mi mancano i Vecchi Comunisti. Confessione inaudita di un libertario di Giovanni Sallusti, con la prefazione di Giuliano Ferrara.

La confessione è tanto inaudita quanto sincera e dolorosa, sebbene apparentemente blasfema: da autentico liberale, e dunque sostenitore della libertà individuale e d’intrapresa, l’autore sostiene di non poter non provare una nostalgia inquietante e paradossale per i vecchi comunisti.

Ciò che gli manca di più è un avversario di tutto rispetto, quello che accettava la Rivoluzione industriale come fatto storico-economico positivo, l’autonomia della politica e che rivendicava l’appartenenza alla cultura occidentale. Oggi invece si trova di fronte la nuova sinistra woke, sempre più intollerante e censoria, specializzata nella pratica dell’oicofobia, l’odio di sé, delle proprie origini, della propria civiltà. Questa sinistra che ha sostituito la fabbrica con Instagram, il partito gramsciano con la sudditanza all’antipolitica, la dialettica hegeliana con la decrescita “gretina”, gli fa rimpiangere Karl Marx e persino i comizi vintage di Massimo D’Alema.

Con una scrittura colta, agile e senza fronzoli, attraversata dalla prima all’ultima pagina da una spassosa vena ironica, con occhio disincantato Sallusti fa riflettere il lettore sulla deriva odierna della sinistra, priva di studio, applicazione e fantasia creativa in politica.

“L’uomo di sinistra 5.0 ‒ scrive Sallusti ‒ totalmente political-correttizzato, integralmente rieducato nel suo Dna politico-culturale dal totalitarismo woke (soft, perbene, sorridente)” ha sostituito le vecchie parole d’ordine con altre nuove di zecca, come inclusione, transizione ecologica, fluidità di genere.

“Sì, mi mancano i vecchi comunisti ‒ ammette l’autore ‒ duri, puri ma non troppo, colti anche quando avevano la quarta elementare, popolari prima ancora che populisti, schematici perché esistevano ancora degli schemi. Mi mancano Gramsci e Peppone, e non mi convincerete mai che i loro degni sostituti siano Saviano e Peppino (Conte)”.

Giuliano Ferrara nella prefazione definisce le organizzazioni comuniste del secolo scorso come “quelle vere, col bollino”, e parla di idoli perduti come Marx, Engels, Lenin, Gramsci o Togliatti e perfino Mao Tse-tung. Perché quel comunismo, seppur “violento e radicalmente nemico della pace liberale tra gli uomini”, ha costituito anche “una sorta di Accademia di Pinerolo o di West Point” che ha garantito un’educazione sentimentale oltre che una formazione politica e culturale seria e organica.

(*) Mi mancano i vecchi comunisti. Confessione inaudita di un libertario di Giovanni Sallusti, Liberilibri 2024, collana Altrove, pagg. XIV-122, euro 16

Aggiornato il 26 gennaio 2024 alle ore 13:33