Giacomo Segre, il capitano di Porta Pia

Non lo ricorderà nessuno, probabilmente. Il 5 ottobre 1894 a Chieri moriva Giacomo Segre, nato a Saluzzo il 7 marzo 1839. Il 20 settembre 1870 partecipa, con il grado di capitano, alla presa di Roma. Segre, ufficiale del Regio esercito italiano lega il suo nome a eventi di straordinaria importanza, che, per la storiografia ufficiale, non hanno assunto il rilievo che sarebbe dovuto. In particolare, Segre comanda la batteria di artiglieria che pratica la breccia nelle Mura Aureliane, per consentire alle truppe regie di entrare in Roma ed acquisirla al Regno d’Italia quale nuova Capitale. Figlio di Salvador ed Anna Gentile Segre, antica famiglia di religione ebraica da lungo tempo residente nella città piemontese, si laurea in Ingegneria presso l’Università di Torino; intraprende poi la carriera militare arruolandosi nell’Armata Sarda. Prima della spedizione del 1870 per la liberazione di Roma, partecipa alle principali campagne risorgimentali, che portano alla nascita del Regno d’Italia, distinguendosi, in particolare, nel 1866, durante la sfortunata Terza Guerra di Indipendenza.

Per quanto riguarda la partecipazione alla campagna per la presa di Roma, secondo una “vulgata” priva di riscontro storiografico, viene scelto per quel delicatissimo compito solo per la sua condizione di ufficiale di religione ebraica e quindi indifferente alla scomunica papale che si pensava sarebbe stata irrogata nei confronti di colui che per primo avesse aperto il fuoco contro la città. In realtà, Giacomo viene scelto perché dai suoi trascorsi professionali emergono le capacità e le attitudini ad addestrare nel modo corretto i suoi uomini per svolgere un difficile compito sia sotto l’aspetto strettamente militare sia per i risvolti, che potremo definire diplomatici, che l’intera vicenda avrebbe assunto.

Inizialmente Segre fa sparare i propri pezzi con fuoco cadenzato (i cannoni sparavano uno alla volta intervallati di alcuni secondi), ma resosi conto della scarsa efficacia di tale procedura, decide di passare ad un fuoco per “salve”, con l’intervento contemporaneo dei suoi sei cannoni. Alle 9 e 30 circa la breccia è larga una trentina di metri, ma Segre continua il proprio fuoco per sbriciolare le macerie accatastate ai piedi del varco, e rendere più agevole l’assalto delle fanterie l’approccio. La reazione degli zuavi pontifici è violenta. Un fitto fuoco di fucileria si abbatte sulla batteria “Segre”, causando gravi perdite. Il giorno dopo l’azione, Giacomo scrive alla fidanzata Annetta: “Ieri fu giornata abbastanza calda. Contro la mia aspettazione le truppe pontificie fecero resistenza e si dovette coi cannoni aprire la breccia che poi fu presa d’assalto dalla fanteria e dai bersaglieri. La mia batteria prese parte all’azione e si batté con onore. Rimase morto un caporale, ferito gravemente il mio tenente che morì stamane. Povero bel giovanottino di ventiquattro anni! Ferito ugualmente altro caporale che forse non camperà sino a questa sera e più leggermente altri quattro cannonieri”.

Lo storico francese Jacques Le Goff sostiene che la Storia, quella con la lettera “S”, è scritta da singoli uomini che compiono azioni o fanno scelte in un momento particolare della loro esistenza: le loro microstorie e le scelte adottate indirizzano il cammino del genere umano in un verso piuttosto che in un altro. Così per Giacomo: si trova nel punto focale nel momento in cui si svolgono accadimenti che modificano il corso della Storia del nostro Paese e lui ne ha favorito il suo dipanarsi, divenendone l’esecutore materiale. Il generale Vero Fazio ha pubblicato un libro: Il seguito della Storia: Giacomo e Roberto Segre tra Breccia di Porta Pia e Grande Guerra, edito dalla casa editrice Salomone Belforte di Livorno, 2021, con prefazione di Riccardo Calimani e una nota introduttiva di Emanuele Segre Amar. “In memoria del capitano Giacomo Segre che il 20 settembre del 1870 con il preciso fuoco dei suoi pezzi della quinta batteria del nono reggimento di artiglieria aprì la breccia da cui irruppero i fanti e i bersaglieri per acquisire Roma alla patria”. È quanto si legge su una targa apposta in via Nomentana al civico 133.

Aggiornato il 05 ottobre 2023 alle ore 11:54