Il femminile simbolico nella pittura sciamana di Carla Nico

Del recente e straordinario ritrovamento a San Casciano dei Bagni del più grande deposito votivo risalente a 2.300 anni fa, fatto di 24 statue di bronzo, ex voto, migliaia di monete, ciò che ha stupefatto gli studiosi è la contemporaneità dei culti latini ed etruschi in quello che probabilmente doveva essere una sorta di santuario-ospedale. La preghiera. O meglio, la meditazione, l’offerta di quel patrimonio dell’anima elevato dal materiale quotidiano. E in questo contesto spicca il ruolo delle donne, come emergono dai profili statuari nelle loro bellezza, ieraticità e imponenza del ruolo: il femminile. Ma non un femminile generico. Il femminile simbolico. A questo aspetto delle donne la pittrice Carla Nico da anni affida la sua ricerca. Cioè, Carla Nico, quel mondo che emerge dai fanghi di San Casciano, lo ha immaginato, sentito, esplorato nelle sue ancora più remote radici e con la sua lanterna artistica lo ha raccontato su decine di tele. La collezione di questa ricerca s’intitola Eterna splendo: una raccolta di opere che consente di risalire alla Terra primitiva, la nostra Gea che – appunto – “eterna splende” anche nei deserti aridi, anche nei ghiacciai che sciogliendo trasudano acqua, anche in questo tempo climatico contraddittorio. E dalla Natura Madre emergono un’infinità di presenze, che non sono solo gli angeli della narrazione giudaico-cristiana, ma sono la donna, la creazione, quel femminile che è ovunque, prima, dopo e forse sempre. Sono pertanto creature mitiche, che emergono dai boschi, dai luoghi, dalle prospettive e che dal tremulo vitreo della irrealtà-realtà si fermano sulle tele per comunicare. Sono “le genti del mondo che non si vede”, non tutti almeno, ma che è popolato, presente e che osserva. Il femminile ante litteram: mille occhi, mille sguardi, donne come risalgono, come si rigenerano, come elementi fissi. Questa straordinaria collezione, dopo essere stata in mostra a Roma alla galleria Art-Gap, è ospitata nelle sale di Palazzo Sforza Cesarini a Genzano di Roma nella personale promossa dall’Università Appia, patrocinata dal Comune di Genzano e dal Sistema Castelli Romani. Ma davvero meriterebbe una permanente e un laboratorio creativo, poiché Carla Nico è anche una eccellente docente per giovani e adulti, principianti e non. Soprattutto abbiamo bisogno dei colori vigorosi, accesi, etnici e classici di questi quadri, delle figure che vanno dalle reminiscenze azteche alle suggestioni primordiali fino alle viscere dei continenti verdi. Abbiamo bisogno dell’enciclopedia di simboli e codici iscritti in queste opere. “Uno dei simboli più ricorrenti della Dea Madre – spiega lei, donna di grazia e mitezza – è la spirale, cioè l’andamento creatore e magico del tornare su stessa progredendo. E così, come dalle viscere della terra nasce la vita, dal profondo della coscienza sorge l’illuminazione”.

Carla Nico è nata a Roma, ha studiato nell’atelier in Trastevere di Giovanni Crisostomo e Zeila Granata, poi si è diplomata all’Istituto europeo di design, vive a Lanuvio vicino ai boschi sacri di Ario e della campagna volsca, dove probabilmente ha i suoi incontri col passato. Magnifico il suo uso artigiano delle mani per cucire, decorare, manipolare e anche realizzare gioielli dopo un corso di oreficeria a Tivoli, oltre all’ecclettica produzione di brand, marchi e immagini per editoria. La sua passione è sperimentare tutto ciò che è realizzazione del fulcro immutabile, cioè la sua ricerca nel Tempo con la capacità di “viaggiare dentro gli spiriti di Gea” – come hanno sintetizzato i critici – per cogliere misteri, segreti e la voce profonda. “La sapienza degli antichi, al contrario della superbia moderna – spiega l’artista – attribuisce valore reale a un mondo racchiuso nel mistero, su cui agiscono forze fluide e difficilmente governabili. Vanno maneggiate con cautela, affidandosi a chi è già avvezzo all’esperienza di fenomeni occulti. I misteri sono noti a pochi iniziati, i quali conoscono soprattutto ciò che la psicoanalisi ha riscoperto da poco più di un secolo: l’importanza dei segni”. E dunque ecco divinazioni, chiaroveggenze, leggi umane ultraterrene, sonno ipnotico, abluzioni, preghiere, tutto il corredo sacrale e cognitivo della sapienza universale attraverso cui è passato l’uomo. “È un po’ morire –prosegue la Nico – ma nell’accezione più profonda di una morte del finito corporale per entrare nella coscienza infinita del Divino”. Come nel mito di Persefone, la sposa di Ade che per sei mesi all’anno torna a far fiorire i campi a primavera rinnovando il ciclo della vita. La maggior parte delle figure delle tele di Carla Nico risalgono da narrazioni mitologiche ed epiche: sono meduse, melusine, fauni, ma anche serpenti, pesci, leoni, capre e aquile distribuiti con la tecnica possente delle tinte. Oltre alle dee protettrici non mancano le forze oscure, o meglio l’energia primitiva, incondizionata, diciamo pure “animalesca” non ancora domata dalle regole sociali e dall’educazione degli istinti. “È il mostro dentro di noi”, dice l’artista. “L’entità libera e non sottomessa con cui dobbiamo dialogare”. Il viaggio nelle tele di Carla Nico è un’esplorazione sciamana, un contatto con le essenze che risalgono, che tornano e che nella loro testimonianza consentono di connetterci con l’orologio universale. Un’esperienza sensoriale, o meglio il senso dell’immortale.

Aggiornato il 20 novembre 2022 alle ore 09:50