Anni Quaranta. Roma è dotata di un sistema di allarme antiaereo più consistente rispetto alle altre città italiane. Ed è l’unico, peraltro, rimasto attivo pure nel Dopoguerra. Parliamo di cinquanta potenti diffusori sonori, installati sui tetti degli stabili più alti dell’Urbe, collegati tra loro grazie a una rete aerea di chilometri di cavi, la cosiddetta catenaria, in modo tale da garantire l’accensione simultanea attraverso un comando azionato dalla centrale, situata nei sotterranei del ministero dell’Interno, al Viminale.
Il tempo passa: 26 di quelle sirene, ormai silenziose, sono ancora lì, a forma di fungo, seppur arrugginite. Eppure, c’è chi sta portando avanti iniziative per mantenerne vivo il ricordo e la salvaguardia. Come l’Associazione Sotterranei di Roma e il progetto “Allarme in cielo, le sirene antiaereo a Roma” – che vanta un contributo della Regione nell’ambito dell’Avviso pubblico per la “Valorizzazione della memoria storica del Lazio” – teso a diffonderne la conoscenza. In che modo? Ricostruendo la storia e il loro funzionamento. Ma anche offrendo l’opportunità di andarle a “scovare” direttamente in città. L’idea, tra l’altro, dà vita sia al libro “Allarme in cielo”, curato dal giornalista Lorenzo Grassi (prefazione di Mario Tedeschini Lalli) e che può essere richiesto all’Associazione Sotterranei di Roma, sia all’app per smartphone Android, “Sirene Antiaereo Roma”: scaricabile in maniera gratuita su Google Play, offre una mappa interattiva per trovare le sirene muovendosi sul territorio.
I MODELLI
La sirena può essere elettromagnetica (“a membrana vibrante”, posizionata ad esempio su Palazzo Brancaccio, in via Merulana) ed elettromeccanica (“a turbamento d’aria”). Il primo modello è il più diffuso a Roma: è prodotto dalla Siis di Milano (Società italiana impianti segnalazioni) sia nella versione singola da 500 watt acustici che con tre emettitori, per un totale di 1500 watt.
LA STORIA
Lorenzo Grassi, coordinatore Gruppo ipogei bellici dell’Associazione Sotterranei di Roma, traccia la cronistoria delle installazioni. La prima è a metà degli anni Trenta, con una finalità di pubblica sicurezza. Il sistema, nel 1936, è integrato nella rete ufficiale del ministero della Guerra. Due anni dopo, è preso in carico dal Governatorato di Roma con la gestione che è affidata all’Agea, azienda capitolina antesignana dell’attuale Acea, municipalizzata attiva nella gestione e nello sviluppo di reti e servizi nei settori idrico, energetico e ambientale. Nel 1940 il nostro Paese entra in guerra: il sistema, così, è potenziato dal Comitato provinciale di Protezione antiaerea e dalla Regia prefettura. L’anno dopo la competenza finisce in mano al ministero dell’Interno e, nel 1942, si registra un altro sviluppo del sistema di allarme.
LA COMPOSIZIONE DEL SISTEMA DELLE SIRENE
Cinquantaquattro sirene, due segnalatori, due centrali di comando (quella principale nei sotterranei del ministero dell’Interno, al Viminale, l’altra in quelli di Palazzo Valentini, sede della Prefettura). La gran parte delle sirene, ricorda Grassi, sono di tipo elettromagnetico, con un unico emettitore da 500 watt acustici. Otto sono quelle con tre emettitori per un totale di 1.500 Watt acustici ciascuna. Nove le sirene di tipo elettromeccanico. Oltre alla Siis, le altre principali ditte produttrici sono la Sonora di Garbagnate Milanese (in attività), la Sar di Milano, le Officine Profumo di Genova.
LA FINE DELLA GUERRA
Terminata la guerra, nel 1945, il Governo sceglie di lasciare in funzione le sirene solo a Roma. Il motivo? Suonano come test a mezzogiorno, insieme allo sparo del cannone del Gianicolo. Fino al 1952-1953 le sirene sono finanziate dal ministero dell’Interno. Prima del 1959, però, viene sospeso il pagamento. Nella legge numero 469 del 1961 si prospetta, peraltro, la finalità del sistema di allarme, ma mai concretizzata, in una rete di rilevamento della radioattività per avvertire la popolazione “in caso di emergenza derivante dall’impiego dell’energia nucleare”. Per il mantenimento in funzione delle sirene sono richiamate anche delle “esigenze in ambito Nato”. È poi del 22 dicembre 1975 la decisione di Francesco Cossiga, ministro dell’Interno e futuro Capo dello Stato, di disattivare per sempre le sirene romane. Da allora – dicono – sono dimenticate, rischiando la consunzione e la rottamazione.
LA MAPPA
Come detto, il progetto dell’Associazione Sotterranei di Roma prevede anche una app dove poter individuare la posizione delle sirene che ancora ci sono nella Città eterna, come in zona San Giovanni, ai Parioli, al Trieste-Salario (piazza Istria o viale XXI Aprile). Ancora si trovano sul palazzo del ministero di Grazia e Giustizia (via Arenula) o dell’Istruzione e del Merito (viale Trastevere). Non ci sono più, invece, a Piazza di Spagna, Castel Sant’Angelo o nell’edificio del ministero delle Finanze.
“A Roma non suonano più le sirene – racconta Grassi a L’Opinione – l’unica che è stata fatta suonare è quella delle officine Atac, in via Prenestina. Si tratta di una sirena industriale, ma non nasceva come sirena antiaereo. Adesso sulla stampa leggiamo spesso che in Ucraina suonano le sirene. Ma va detto che non sono antiaereo. Queste, adesso, sono sostitute dalle app su telefonini, dove hai gli alert sulla portata del rischio. Il sistema delle sirene, comunque, potrebbe essere ancora utile”.
E oggi? “Adesso le sirene rappresentano un materiale da museo, sono quasi irreparabili. Però mi ha sempre affascinato l’idea di capire dove si trovassero in città. Anche perché le avevo vicino casa. Così insieme a Mario Tedeschini Lalli, uno dei primi colleghi che si è occupato di giornalismo e tecnologica, abbiamo cominciato le ricerche. Fu lui, nel 2006-2007 se non ricordo male, a lanciare un appello sul web, mi pare avesse un blog, per chiedere alla rete di indicare l’eventuale presenza di sirene. Le segnalazioni arrivarono da tutta Italia. E non solo. Anni fa – prosegue – abbiamo provato ad avviare un progetto. Ovvero un censimento delle sirene, in modo tale da stilare delle schede per poi avere un vincolo più consistente. Abbiamo avviato la collaborazione con la Sovrintendenza comunale. Trovammo l’interesse di Umberto Broccoli, anche perché nel periodo di guerra ne aveva vista una, a Porta Pia. Purtroppo, la cosa non è andata avanti”.
Le sirene antiaereo, tra l’altro, rappresentano il top di gamma della tecnologia italiana dell’epoca. Come conferma Grassi: “Possiamo parlare di un miracolo dell’elettrotecnica. Telecomandi, trasformatori, condensatori, l’odore del grasso: aspetti ormai superati ma sicuramente affascinanti per gli appassionati”. Infine, una curiosità sulla catenaria, cioè i chilometri di quel cavo di collegamento che congiunge le sirene alle centrali di comando per avviare, in maniera sincronizzata, il suono. Un filo, conclude Grassi, che “raggiungeva i centri nevralgici di Roma, per garantire le comunicazioni riservate. Definito ragnatela del potere, perché smarcato dalla rete telefonica, ha suscitato non solo dietrologie ma anche sospetti durante la Guerra fredda e gli Anni di piombo”. Adesso “viaggia sui tetti della città e sopra la testa degli ignari romani, passando inosservato in luoghi centrali e rinomati”. Come Fontana di Trevi, via del Corso e via della Conciliazione.
Aggiornato il 05 novembre 2022 alle ore 09:23