I personaggi di cui ora narreremo sono tra coloro che vivono costantemente nella memoria culturale della nostra civiltà. Addirittura rappresentano Tipi idealizzati. Quando ci riferiamo alla bellezza femminile, dopo Venere e con Venere sorge la sembianza, immaginaria, di Elena; e se concepiamo un Eroe invincibile, impavido, estremo nell’urto guerriero, chi non vedrebbe tale soggetto in Achille? E l’Eroe patriota, l’Eroe paterno, l’Eroe coniugale come non cogliere in Ettore un Eroe di tale natura? Ed infine lo scaltro, avventuroso, inventivo Eroe chi può nominarlo se non con il nome di Odisseo (Ulisse)? Figure, Eroi leggendari più che mitici, giacché non contengono complessità interpretative come i miti, ma leggendari lo sono, esaltanti, strabilianti, incarnazione di altissimi caratteri umani. Nel bene e nel male.
Elena
La causa favolistica della guerra di Troia fu la bellezza di Elena. La vera ragione, un antagonismo di dominio, che non darebbe luogo a fantasie poetiche, mentre la disputa per la donna più bella dell’antichità, e di sempre, offre occasione di poesia. Elena era figlia di Zeus (Giove) e di Leda, Giove si era trasformato in Cigno per congiungersi a Leda, che era sposa a Tindaro, con il quale aveva concepito Clitennestra. Le sorelle, Elena e Clitennestra, arrecheranno immane sciagura ai Greci e ai Troiani. Bella quale era, Elena viene desiderata. Re, Principi la esigono, tra costoro Menelao, fratello di Agamennone, Re di Sparta, di considerevole importanza. L’unione di Elena con Menelao non distoglie i pretendenti. Giunone, Minerva, Venere confrontano la loro bellezza, giudice è Paride, figlio di Priamo, Re di Troia. Venere, per ottenere il giudizio a suo favore, si ingrazia Paride con l’ottenimento di Elena per lui, Paride la dichiara più bella di Giunone e Minerva e, con l’ausilio di Venere, prende Elena. Tindaro aveva consigliato i Re di stabilire un patto, chi tra di essi subiva un danno sarebbe stato soccorso dagli altri. Dunque, i Re vendicheranno il rapimento di Elena e l’offesa a Tindaro e a Menelao: guerra a Troia!
Il Fato
È il Destino, il Fato che governano le vicende, per i Greci, e nessun uomo, nessun Dio può torcerle. Eppure gli uomini si comportano come se potessero alterarle. Questo rende tragico il vivere umano dei Greci, che si sforzano, si illudono di mutare il Fato, stanno e stiamo al momento dell’incredibile evento, dimenticano e dimentichiamo che il Fato è immutabile, tale forza impegnano e impegniamo nella fatica di mutamento da credersi e crederci capaci di averla vinta, invece. Vi è anche una predizione in questa guerra: Achille morirà recandosi a Troia.
Achille
Iniziamo dalla nascita. Achille è concepito dall’unione di Peleo e Teti, Teti è una divinità marina, le Nereidi. Viene educato dal saggio Centauro Chirone, che lo nutrisce di midolla di leone e di cerbiatto, forza e delicatezza, Fenice gli è precettore, gli starà sempre vicino. Già da bambino Achille si dimostra valentissimo nelle lotte con le armi, ma, dicevo, vi è una predizione, attesta che Achille morirebbe in guerra. In ciò che Achille predilige maggiormente, lì è il suo lugubre pericolo. Teti lo vuole rendere immortale. Lo afferra per un calcagno, lo immerge nello Stige. È così che si diventa immortali, anche così. Intanto Achille stringe amicizia omoerotica con Patroclo, unioni che erano inscindibili. I greci vivevano la doppia sessualità con naturalezza.
Quando Agamennone raduna i signori della Grecia per riavere Elena e restituirla al fratello Menelao, l’eroico Achille è richiesto. Teti lo fa nascondere dal Re di Sciro, Licomede, travestendolo da donna in mezzo alle donne. Teti assolutamente cerca di evitare per il figlio la guerra, sapendo il presagio fatale. Tra coloro che cercano Achille per combattere vi è lo scaltro Ulisse, il quale alle fanciulle, tra le quali vi è Achille, espone abiti da scegliere ed armi. Achille si precipita alle armi! Ed è scoperto. Dopo tentativi malriusciti, infine Achille, condottiero della sua gente, i Mirmidoni, raggiunge Troia, con Patroclo e Fenice. Quel che compie Achille sui troiani è nell’epica gloriosa e feroce dell’Occidente.
Invincibile, terrorizzante, uccisore. Tutti lo temono, i migliori guerrieri troiani fuggono al solo vederlo. Ma Achille è un eroe ombroso, collerico, offensibile, e quando il Re dei Re, Agamennone, lo deruba di una concubina, Briseide, Achille, oltraggiato, non combatte. I Greci subiscono sconfitta dopo sconfitta. Achille, corrucciatissimo, chiuso, ostile, si vieta ancora di combattere. È l’amante-amico Patroclo che, non sopportando la soccombenza dei greci, chiede ad Achille le armature per vestirsene, a vederle i troiani fuggiranno. E così avviene e sembra che avvenga la disfatta dei troiani. Sembra. Ma Ettore non cede, affronta, affronta e vince, affronta, vince ed uccide Patroclo finto Achille, affronta, vince, uccide Patroclo finto Achille e gli trae le armi. Al conoscere la morte di Patroclo per gesta di Ettore, l’iracondo Achille esce di mente, furentissimo, cruentissimo deve, vuole uccidere Ettore. Una nuova armatura è messa al fuoco per Lui, ed ecco a trovare Ettore, il quale, scorgendolo, tenta di sottrarsi al combattimento. Non è vile, Ettore, sa, però, che il duello è mortale.
Infine, decide: lo scontro, per la vita. Ed è ucciso. Un Dio, anzi una Dea, la costante protettrice dei Greci, Atena (Minerva), salva Achille, che aveva mancato il tiro di lancia, e Achille colpisce a morte Ettore. Tale e tanta è la rabbiosa vendicatività di Achille da fargli legare al suo carro Ettore strisciandolo intorno alle mura di Troia, allo sguardo dei cittadini troiani e persino del genitore di Ettore, Priamo. Priamo non regge lo scempio, tra sangue e terriccio, di Ettore, chiede, implora che il corpo di Ettore riceva sepoltura, e degna, la sepoltura, osservatissima da quei popoli. E perfino Achille cede.
Ettore, i Troiani
Ettore, l’ho accennato, era figlio del Re di Troia, Priamo e di Ecuba. La coppia regale ebbe prole numerosissima, tutta annientata con la sconfitta di Troia. Dei figli, Cassandra riceve il desolante attributo di vaticinare il futuro, non creduta; Paride, che non fu un valente guerriero, gli bastava godersi la vita, ossia Elena. Ettore emerge su tutti. Patriota, filiale e paterno, amoroso sposo dell’amorosa Andromaca, coraggioso, misurato quantunque bellicoso, è l’eroe senza gli estremi impulsi dello scatenato Achille. Combatte cavallerescamente con il possente Aiace Telamonio, senza vittoria e senza sconfitta, non vive per se stesso ma per Troia. Gli sarà compagno nella storia leggendaria successiva il troiano Enea. Ne diremo. Sconfitti i Troiani, messa a fuoco la Città, ucciso il figlio di Ettore, il piccolo Astianatte, dal figlio di Achille, Pirro, resa schiava Andromaca, trucidati i figli del Re Priamo e di Ecuba, degli Eroi troiani scampano Antenore e sopra tutti Enea, con il padre Anchise ed il figlio Ascanio.
Per essi il Fato stabilì eventi leggendari quasi a pari a quelli cantati da Omero, e Troia rinascerà in una civiltà degna della Grecia, la civiltà romana, la nostra civiltà! Paride uccide Achille. Elena torna con Menelao. Ulisse cerca di rivedere Itaca. Ettore è ucciso. Troia rasa. Agamennone, a Sparta, gli tolgono vita la moglie, Clitennestra e l’amante di costei, Egisto, Aiace Telamonio impazzisce perché non riceve le armi di Achille consegnate ad Ulisse, Ulisse ha modo di scendere nel regno dei morti, vede la madre, vede Achille, ridotto un’ombra, ed Achille attesta che nel Regno dei morti non c’è più la Vita. La Vita: tanto amata dai Greci che ancora oggi, per amarla, attingiamo alla Grecia.
Aggiornato il 17 novembre 2021 alle ore 17:22