Personaggi della civiltà: il Positivismo

La scienza come conoscenza è connaturata nell’uomo, nasce con l’uomo, l’uomo non può fare a meno della conoscenza. Ma la scienza non è soltanto conoscenza, è la conoscenza che ritiene di fornirci la vera conoscenza, la conoscenza del vero, la verità. Anche la filosofia, addirittura le religioni ritengono di fornirci la verità, ma la scienza sostiene che essa, esclusivamente, ha il metodo appropriato per dare, scoprire la verità: il metodo sperimentale. Certo, non soltanto il metodo sperimentale, ma di sicuro il metodo sperimentale è fondamentale, per la maggior parte degli scienziati. Ed il metodo sperimentale è esclusivo della scienza, né la filosofia, né la religione sono sperimentali nelle loro concezioni, se lo sono diventano scienza. Ma non basta. La scienza oltre l’indagine sulla fisica, la chimica, la medicina ebbe ed ha l’ardimento di credere possibile una regolazione scientifica della società, regolare la società da parte degli scienziati e in modo scientifico, come vedremo. La scienza sperimentale ha quale fondatore un italiano, Galileo Galilei, il quale, nel XVII secolo, sottopose a degli esperimenti, a delle verifiche taluni fenomeni naturali mediante strumenti di osservazione ed esperimenti, traendone conoscenze accertate e concezioni rilevantissime, principalmente sul moto della terra intorno al sole e non del sole intorno alla terra, com’era ritenuto. Prima di Galileo altri, in specie Alberto Magno, Ruggero Bacone, Leonardo da Vinci, tra i molti, avevano coltivato la conoscenza affidandosi all’esperienza, non nella maniera ben codificata da Galilei. Anche Francesco Bacone, inglese, contemporaneo di Galilei forgia un metodo di verifica sperimentale, ma il metodo più riconosciuto come scientifico è galileiano: sperimentazione e teorizzazione verificata.

Il progresso delle scienze, della conoscenza verificata, delle ipotesi sperimentate, al dunque, divenne inaudito, dal XVII secolo a seguire fu un tripudio di investigazioni, scoperte, sia della scienza “pura”, sia della scienza applicata, sia delle tecnologie. La scienza “pura” riguarda la conoscenza delle leggi naturali o della natura e si limita alla sola conoscenza; la scienza applicata è l’uso pratico che possiamo fare della conoscenza scientifica, per dire: scoprire la scissione dell’atomo è conoscenza pura, usarla per l’energia, è conoscenza, scienza applicata, pratica. Tutt’altra cosa è la tecnologia, in tal caso abbiamo strumenti e macchine che servono la scienza o altro. Il telescopio è tecnologia, la scoperta del moto della terra, è scienza pura, ad esempio. Scienza pura, scienza applicata, tecnologia connotano la nostra epoca. L’epoca moderna e contemporanea è l’epoca della scienza, pura e pratica, e della tecnologia, di recente la tecnologia ha preso il dominio sulla scienza pura, che in ogni caso, è basilare, ci fa conoscere i fondamenti della natura.

IL grandioso risultato della scienza sia teorica, sia pratica, sia come tecnologia diede ragion d’essere ad un movimento che visse decenni clamorosi in particolare nel XIX secolo, poi osteggiatissimo, e che, in maniere meno esplicite, serpeggia nel nostro secolo, in forme tuttavia problematiche. Il movimento al quale ci riferiamo è il Positivismo. Il Positivismo è un movimento filosofico eretto sulla scienza. Esso tenta un’impresa rigeneratrice: porre la Scienza in testa ad ogni altra attività umana, anzi, rendere la Scienza regolatrice di tuti i compimenti dell’uomo, i quali devono essere scientificizzati, altrimenti sarebbero erronei, imprecisi, inefficienti. Il Positivismo è dunque una Filosofia che, paradossalmente, elegge la Scienza quale fonte della verità e dei modi idonei a regolare l’uomo e la Società. Il termine Positivismo viene dal latino esattamente Positum, ciò che è posto, ciò che ha una realtà concreta. Il punto fondamentale del Positivismo non è tanto il rilievo della Scienza ma il Primato della Scienza, e questo primato si eserciterebbe anche e soprattutto sulla Filosofia e sulla Religione, considerate irrazionali, astratte, fantasiose, insomma: non scientifiche, non “positive”. È in questo clima di concretezza, sperimentabilità che nasce la Sociologia, per molti storici della disciplina. In effetti la Sociologia nasce da varie concomitanze, essenziale il grande mutamento sociale dovuto all’industrializzazione ed alla borghesia. Quando una società cambia ci si interroga sulle cause del cambiamento e sul tipo di cambiamento, questo è l’oggetto della Sociologia. La Scienza, a sua volta, contribuì a far credere che la Sociologia, lo studio dell’essere sociale e del mutamento sociale, facesse della Sociologia una scienza.

Henry de Saint-Simon

Fermo restando che analisi delle società se ne sono avute moltissime però all’interno delle filosofie e delle religioni, colui che è reputato l’iniziatore della Sociologia ossia dello studio della società in modo circoscritto alla società fu Henry de Saint-Simon (1760-1825), francese. Una citazione tratta dal suo scritto: “Il nuovo cristianesimo” ci fornisce molti argomenti che qualificano la sua analisi sociale: “La prosperità della Francia non può essere determinata se non per effetto e come risultato del progresso delle scienze, delle belle arti e mestieri; ora, i prìncipi, i grandi ufficiali della corona, i vescovi, i marescialli di Francia, i prefetti, ed i proprietari oziosi non lavorano affatto per il progresso delle scienze; non vi contribuiscono, anzi, non possono non nuocervi, perché si sforzano di protrarre il predominio esercitato fino ad oggi dalle teorie congetturali sulle conoscenze positive; essi nuocciono necessariamente alla necessità delle nazioni privando, come essi fanno, i sapienti, gli artisti e gli artigiani del primo grado di considerazione che loro appartiene legittimamente; nuocciono, perché impiegano i loro mezzi pecuniari in modo non direttamente utile per le scienze, per le belle arti e per le arti e mestieri; nuocciono perché, annualmente, sulle imposte pagate dalla nazione, prelevano una somma da tre a quattrocento milioni a titoli di stipendi, di pensioni, di gratifiche, di indennità. Per il pagamento dei lavori, che però sono del tutto inutili”.

Il testo citato è una precisata esplicazione delle concezioni di Henri de Saint-Simon, e della sociologia positivistica, fondamentalmente che esistono ceti oziosi, vacui, improduttivi e che il denaro occorre venga dato a chi sa utilizzarlo, coloro che si dedicano alle scienze, alle belle arti, alle arti e mestieri, al dunque i ceti moderni, produttivi, ripeto. Saint-Simon non si limita a valorizzare i ceti produttivi, li considera i protagonisti da ammirare, da porre sui piedistalli anche materialmente, dedicando loro statue, rispetto pubblico. Saint-Simon li giudica sostitutivi di ceti sorpassati e, ancora una volta, improduttivi quali i militari, egli ipotizza che il cristianesimo si sarebbe effettivamente compiuto per mezzo della scienza e dei produttori, in una alleanza consociativa, per ciò il suo testo era denominato “Nuovo cristianesimo”.

Auguste Comte

Dobbiamo ad Auguste Comte (1798-1857) il principio che ha dominato l’epoca “Positivista” e gran parte delle concezioni della nostra epoca a tutt’oggi: ritenere vana ogni ricerca sul “perché” del reale ma piuttosto indagare sul “come” del reale. La differenza è netta e rilevantissima, decisiva. Se noi ci chiediamo il “perché” finiamo quasi inevitabilmente a non darci una risposta soddisfacente all’esistenza del reale, non sappiamo perché mai esiste la realtà e supponiamo; inventiamo un Creatore, ma se aboliamo la ricerca sul “perché” e ci limitiamo a voler conoscere “come” è il reale non chi ha creato e perché c’è il reale, la situazione cambia radicalmente e non vi è più campo per le religioni ma solo per la scienza positiva, sulla realtà concreta non sul perché della realtà, dicevo. La filosofia moderna, anche se avversa a Comte, si stabilisce dentro la convinzione che bisogna limitarsi a indagare e vivere nella sfera del “come” del reale; nel reale “positivo”, quello che vediamo e viviamo nel mondo senza chiederci il “perché” del reale, al dunque eliminando le religioni.

Limitata la conoscenza al mondo “positivo”, sensibile, direttamente conoscibile, ora bisognava appunto cogliere “come” è tale mondo. Tra il XVIII e il XIX secolo trionfa la visione “storica” della realtà, in specie quella sociale. Lo stesso illuminismo, che spregiava tutto il passato e riteneva apprezzabile soltanto le società rischiarate dai lumi della Ragione in un progresso senza termine, aveva questa visione del mutamento, del “Progresso”, del procedere in meglio. Alcuni pensatori, in particolare Federico Guglielmo Hegel, stabilirono varie fasi delle società e momenti e movimenti dello Spirito, da Oriente ad Occidente, fasi complesse e drammatiche, in ogni caso “progressiste”, questa la convinzione specifica di Hegel. Abbiamo accennato a Saint-Simon e alla sua valutazione che devono ormai prevalere i ceti produttivi, essendo i più giovevoli alla società. Ma chi eccelle in magnificazione dell’Era scientifica-industriale è il francese Auguste Comte. Egli pure periodizza le epoche in riferimento ai modi di interpretare la realtà e ai ceti dominanti con fondamento sul criterio interpretativo. È una connessione rilevante ed eminentemente sociologica. Vale a dire, se si intendono i fenomeni, naturali e sociali, come dovuti a interventi divini è palese che il ceto dominante è quello dei sacerdoti; se si intende dei principi generali, del tipo Giustizia, Eguaglianza, Libertà, ispirino la società saranno i filosofi, gli ideologi a dominare; se invece è la scienza a stabilire le regole, i criteri regolativi saranno gli scienziati, i produttori a reggere la società e a imporre la conoscenza. Quanto abbiamo appena scritto è il fondamento della concezione sociologica di Auguste Comte.

Comte ritiene che nel lontano passato gli uomini spiegavano i fenomeni naturale, o, in generale, i fenomeni, ricorrendo a interventi degli Dei, Egli denomina tale Epoca come Teologica, perché gli uomini credevano gli Dei causa di ogni accadimento. Evidente che fossero i sacerdoti a dominare, quali interpreti delle volontà divine. Successivamente gli uomini credettero che idee generali di sostanza filosofica quali Giustizia, Fratellanza, Libertà, dovevano ispirare comportamenti e azione sociale, Comte reputa Metafisico un orientamento del genere, la Rivoluzione Francese lo incarnerebbe, vi hanno il sopravvento filosofi e ideologi “astratti”; ben diversa l’epoca presente a Comte, l’epoca scientifica e positiva nella quale ogni scelta, ogni fine veniva attuato con modalità scientifica, vi soprassiedono gli scienziati, i produttori. In tale epoca la natura veniva spiegata con la natura, imperano la cognizione della causa e dell’effetto naturali, non vi era posto per cause sovra naturali, quindi sparivano le religioni, e anche la filosofia, che diventava filosofia sociale, la scienza del fare il bene sociale. Ma il culmine delle scienze veniva da una nuova scienza alla quale Comte diede il nome, la Sociologia, lo studio scientifico della società, la quale Sociologia si avvaleva di tutte le altre scienze per conoscere e conoscere realisticamente, concretamente non in nome di realtà extra umane, come nel periodo Teologico, né in nome di ideali generici, indeterminabili, come nel periodo metafisico.

La scienza sociologica ci fa conoscere la società in un determinato momento, Sociologia statica, e la società nel suo mutamento, Sociologia dinamica. Comte, come del resto Saint-Simon, non era un liberista, un individualista in economia. L’uomo andava immesso nell’insieme sociale e ciascuno doveva adempiere il bene sociale. La Società era un organismo unitario simile al corpo umano. Questo scopo sociale garantiva la “società organica”, come la definiva Saint-Simon, la fase organica della società, ben distinta dalla fase critica della società, ossia l’individualismo, il crollo dei legami sociali, l’egoismo. Saint-Simon e Auguste Comte erano evidentemente contrari alla Rivoluzione Francese ritenuta individualistica. Anche da un’altra teorizzazione, quella dei cattolici detti “reazionari” (De Maistre, De Bonald), si accusava l’individualismo della Rivoluzione ma in ossequio ad un ritorno ai vincoli medievali o assolutistici. Saint-Simon e Comte, invece, accettavano entusiasticamente la innovazione industriale, Comte la giudicava universale e idonea a sostituire le guerre con il commercio. Da ultimo Comte inneggiò ad una religione cosmica imperniata in una trinità costituita dall’umanità, dallo spazio, dalla terra, una religione di devozione dell’umanità a se stessa e alla natura.

Herbert Spencer

Tra i filosofi positivisti da considerare vi è Herbert Spencer (1820-1903), inglese, il quale generalizza l’evoluzionismo, rendendolo attuato in ogni manifestazione, sociale e naturale. Questa evoluzione si compie con una specificazione degli organi, i quali si differenziano, svolgono compiti precisi, quanto meglio un organismo distingue i suoi organi per atti specifici più alta è la sua evoluzione. È in certo senso una teorizzazione filosofica della divisione del lavoro. Questa evoluzione della differenziazione delle funzioni è l’essenza dell’evoluzione. Spencer ne precisa i caratteri, esisterebbero tali cambiamenti: dall’incoerente al coerente, dall’omogeneo all’eterogeneo, dall’indefinito al definito. Spencer è nettamente a favore dell’impresa personale, della esclusione dello Stato nell’economia, e in generale dalla società, considera il socialismo erede del militarismo. Con tutto ciò Spencer non ritiene la Scienza capace di spiegare il fondamento della realtà, possiamo avere conoscenza di principi regolativi della natura e della società ma non sappiamo come mai vi sia la realtà. Il fondamento della realtà è inconoscibile.

 

 

Aggiornato il 27 settembre 2021 alle ore 19:06