L’ultimo libro di Enrico Vanzina, pur avendo una trama complessa con molti personaggi che frequentemente interagiscono fra loro, è di piacevole lettura. Lo stile cattura l’attenzione e denota una lunghissima esperienza di scrittura grazie alle vaste letture personali e ad una lunga frequentazione del mondo del cinema come regista e scrittore di libri precedenti.
La narrazione inizia con una Milano immersa in una nebbia così fitta da impedire ogni visibilità. Riprendendo un’abitudine che troviamo negli scrittori, polemisti e storici dal Cinquecento in poi, ad inizio del libro egli elabora un “proemio” dove comunica di aver avuto una educazione profonda alla lettura. Lo scrive con un linguaggio quotidiano, ma l’azione ha una costruzione raffinata e sottile. L’Autore chiarisce subito che la nebbia nasconde, cela le molteplici contraddizioni che tracciano le vite di ognuno di noi coprendone le debolezze.
Vanzina non nasconde i suoi riferimenti culturali. Anzi, ne fa la chiave di volta del libro. La letteratura è la chiave universale per capire e conferire un senso all’irrisolvibile, al fato che vede un uomo morire con tre colpi di pistola nella nebbia. Alla impossibilità di comprendere fino in fondo il senso delle azioni umane. La descrizione dei fatti, dei gesti, dei silenzi, dei protagonisti è asciutta, lineare, senza moralismi né pregiudizi o formulazioni consolatorie. Sono molte le citazioni di autori antichi e moderni che fa elencare ad un personaggio che appare come il più disordinato e, apparentemente, il meno credibile.
Ho trovato – ma sono senz’altro di numero maggiore – ben trentacinque riflessioni acute come la punta di una freccia. Alcune di queste? Le grandi firme giornalistiche a pagina 11; la dotta osservazione di Umberto Eco a pagina 19; l’ambiguità percettiva della nebbia, sempre a pagina 19; la scena della verbalizzazione del poliziotto che fa osservare freddamente che il testo è redatto in italiano a pagina 21; essere la fotocopia di qualcuno a pagina 26; la citazione di scrittori e filosofi dalla pagina 57 alla pagina 71; leggere se stessi tramite la letteratura a pagina 77. Profonda è la riflessione sul “presente” a pagina 107 che segna il senso di tutto il libro; sul perché è necessario scrivere a pagina 100; la differenza sostanziale fra il male e il bene a pagina 123.
Milano è sullo sfondo senza essere predominante. Contrariamente alle apparenze, sono la Letteratura e la Conoscenza (e non la conoscenza ordinaria con la c minuscola) i binari su cui si snoda tutto il libro. Secondo i canoni narrativi è un giallo, ma è molto di più perché guida i lettori lungo un percorso di saggezza che è nascosto nell’agile testo. È compito dei lettori saper trovare il senso tra le righe appropriandosi attivamente di un ruolo che, apparentemente, sembra essere passivo. Buona lettura!
Enrico Vanzina, “Una giornata di nebbia a Milano”, Harper Collins, 2021, Pagine 202
Aggiornato il 19 maggio 2021 alle ore 13:17