Da sempre la riflessione intorno al rapporto tra la civiltà umana e la natura affascina ed incanta la mente degli uomini. Un grande libro, intitolato “Il sussurro del mondo”, di cui è autore lo scrittore Richard Powers, pubblicato in Italia dalla casa editrice la Nave di Teseo, vincitore questo anno del prestigioso premio Pulitzer, racconta il destino e la vita di nove personaggi, che si oppongono alla deforestazione e rifiutano un modello di sviluppo che conduce alla distruzione dell’ecosistema ambientale. Nella prima scena compare l’antenato di Nicholas Hoel che pianta, nella sua proprietà, una vasta azienda agricola, un albero ai primi del Novecento, che sarà testimone del periodo della depressione economica del 29, della seconda guerra mondiale, dell’inizio del secolo americano nella seconda parte del XX secolo.
Nicholas, divenuto un pittore, raffigurerà quel albero nei suoi dipinti, chiedendosi perché in autunno le sue foglie secche suscitino nostalgia, in inverno i rami carichi di neve provochino la malinconia, e durante la Primavera, quando si schiudono i fiori sui suoi rami, l’attesa del bel tempo sia capace di nutrire la fede umana nella forza primigenia della bellezza. Mimi Ma, figlia di un ingegnere di origine cinese, riceve dal padre degli anelli, che la inducono a chiedersi come avviene l’ascesa ed il declino di una persona su questa terra. Sul primo anello è intagliato un albero che raffigura il Loto, l’albero situato ai confini del passato che nessuno è in grado di superare una seconda volta. Il secondo anello porta l’immagine del pino, che simboleggia il tempo presente, mentre nel terzo anello, invece, è racchiusa la forma dell’albero del Fusag, che evoca il futuro della vita.
Adam Appich, che diventerà un docente universitario di psicologia, fin da piccolo comprende che l’albero è simbolicamente capace di indicare il passaggio dalla terra al cielo, dall’immanenza alla trascendenza. Adam non capisce le persone, pensa che dicono cose per nascondere quanto pensano realmente ed è convinto che corrono dietro a sciocchezze, mentre le foreste sono abbattute per soddisfare la brama umana. Leggendo il libro di cui è autore Rubin M. Rabinowski intitolato “La scimmia che è in noi”, Adam matura la convinzione che gli essere umani sono indotti a ripetere vecchi comportamenti sia per pregiudizi ancestrali sia per i residui ineliminabili legati al processo di evoluzione della specie umana. Gli essere umani, ripetendo gli stessi errori, seguono sempre le medesime regole obsolete: reciprocità, carenza, convalida e l’appello all’impegno umano per evitare il male assoluto.
Tra i personaggi che il lettore incontra in questa narrazione polifonica, in cui diversi destini umani si intersecano in nome della lotta ambientalista contro la violenza umana di cui gli alberi eliminati ed abbattuti sono divenuti il simbolo, è indimenticabile il ritratto di Patricia Westerford. Fin da piccola Patricia intuisce che le piante sono creature caparbie ed abili, sospinte a ricercare qualcosa alla stessa stregua delle persone. Gli alberi, per Patricia, sono il prodotto di una grande invenzione che la natura ha reso possibile. Legge, prima di diventare una scienziata mondiale, le metamorfosi di Ovidio e viene colpita dal racconto di Dafne, trasformata in un albero di Alloro, appena prima che Apollo riesca a catturarla e a ferirla.
Parlando ai suoi studenti, una volta divenuta docente universitaria, sostiene la tesi che gli alberi siano creature sociali, in grado di scambiarsi messaggi nella foresta e di proteggersi reciprocamente dagli attacchi più insidiosi. Per queste suo tesi, temerarie e sorprendenti, Patricia verrà avversata negli ambienti academici dai suoi colleghi, studiosi di botanica. Un personaggio, che prenderà parte alle azioni non violente con cui nel libro viene mostrata la opposizione degli ambientalista negli Usa alla deforestazione in grado di compromettere l’ecosistema ambientale, il cui nome è Douglas, legge un libro e viene folgorato e colpito dalla riflessione e meditazione filosofica di rara profondità in esso presente.
L’inadeguatezza della legge consiste nel riconoscere solo le vittime umane della violenza. Gli alberi, per il ruolo che hanno nell’ecosistema che rende possibile la vita in tutte le sue forme in virtù della fotosintesi, dovrebbero avere uno status riconosciuto in termini giuridici. Cos’è che può essere posseduto, e per quale motivo gli uomini sono gli unici ad avere in tutto il creato il diritto di possesso e proprietà sulle cose e gli enti esistenti?
Nel libro, una densa narrazione in cui in più punti si riflette sul fondamento della vita umana, l’autore ha inserito una citazione, ricavata da un verso di Whitman, il celebre autore del libro intitolato “Le Foglie Verdi”, in cui si parla della somiglianza tra gli esseri umani e le piante. Il verso di stupefacente bellezza dice: “Tu e l’albero nel giardino dietro casa, provenite dallo stesso antenato”. Un libro divenuto un caso internazionale e già considerato un capolavoro letterario del nostro tempo.
Aggiornato il 26 agosto 2019 alle ore 14:09