Anche in questo venerdì torna puntuale la consueta rubrica con la quale “L’Opinione delle Libertà” vuole dare voce e spazio ai volti noti e meno noti della letteratura italiana. Questa settimana vi consigliamo “Febbre” di Jonathan Bazzi (Fandango Editore). Jonathan Bazzi è nato a Milano nel 1985. Cresciuto a Rozzano, estrema periferia sud della città, è laureato in Filosofia. Appassionato di tradizione letteraria femminile e questioni di genere, ha collaborato con varie testate e magazine, tra cui Gay.it, Vice e The Vision. Alla fine del 2016 ha deciso di parlare pubblicamente della sua sieropositività con un articolo (“Ho l’HIV e per proteggermi vi racconterò tutto”) diffuso in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS.

La Storia

Un esordio letterario emozionante ed impetuoso. Jonathan Bazzi, trentenne cresciuto in quell’hinterland milanese così spietato e distante dal proprio mondo interiore, mette nero su bianco un’autobiografia spiazzante nella sua genuinità, capace di toccare innumerevoli tematiche sociali ed emotive.

In ogni esistenza, in maniera più o meno incisiva, esiste un “giorno zero”. Quel punto di non ritorno che sancisce un prepotente cambio di rotta, una rottura definitiva tra quello che c’era prima e quello che viene dopo. Per Jonathan il giorno zero si palesa con la scoperta della sieropositività, un male che sembra divorarlo da dentro, offuscando la sua capacità di amare e di andare oltre la paura.

Nelle pagine del suo romanzo, Jonathan ci mette innanzitutto la voglia di non mollare, di essere d’insegnamento a chi si trova a vivere la sua stessa condizione, superando quel filo spinato immaginario che divide i “salvi” dai “dannati” e che continua ad alimentare pregiudizi sociali e superstizioni fumose. Facendo, invece, della propria arma la limpidezza, l’autore affronta con estrema sensibilità e disinvoltura temi come l’omosessualità, le gerarchie di famiglia e di genere, con sullo sfondo una periferia senza scrupoli che schiaccia la diversità come fosse un insetto.

“Jonathan ha 31 anni nel 2016, un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte quasi nelle vene avesse acqua invece che sangue. Aspetta un mese, due, cerca di capire, fa analisi, ha pronta grazie alla rete un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, mortale, pensa di essere all’ultimo stadio. La sua paranoia continua fino al giorno in cui non arriva il test dell’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, quasi è sollevato. A partire dal d-day che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci accompagna indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, il Bronx del Sud (di Milano), la terra di origine dei rapper, di Fedez e di Mahmood, il paese dei tossici, degli operai, delle famiglie venute dal Sud per lavori da poveri, dei tamarri, dei delinquenti, della gente seguita dagli assistenti sociali, dove le case sono alveari e gli affitti sono bassi, dove si parla un pidgin di milanese, siciliano e napoletano. Dai cui confini nessuno esce mai, nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si fa qualche furto e nel peggiore dei casi si muore. Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla predestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e che lo rendono diverso […]”.

Jonathan Bazzi impugna la parola come fosse un coltello dalla doppia lama, tanto tagliente quanto vellutata. Grazie ad uno stile chiaro e capace di evocare emozioni forti, il lettore riesce ad entrare in profonda empatia con la storia narrata, facendo quasi fatica a riemergere dal vortice emotivo nel quale viene gettato.

Ci si rende così conto che la “Febbre” di cui parla il libro di Bazzi non è quella da virus, ma è quella per la vita.

Aggiornato il 17 maggio 2019 alle ore 12:52