La depressione. Quando non è solo tristezza (Asino d’oro edizioni, Roma 2018, pp. 146, Euro 14) ha il pregio di spiegare la depressione con un linguaggio semplice al fine di capire quando si può parlare del “male oscuro” e comprendere come contrastarlo superando l’opinione della sua incurabilità.
Le autrici - Cecilia Di Agostino, Marzia, Fabi, Maria Sneider - che hanno come riferimento la “teoria della nascita” elaborata da Massimo Fagioli, rifiutano la tesi dell’origine organica della depressione e sostengono che la causa sia da individuare nelle relazioni interpersonali, a partire dai primi anni dell’esistenza, che se non sono sane lasciano una lesione che si traduce come sofferenza depressiva, una patologia della mente non cosciente, curabile, anche nelle forme più gravi, attraverso una buona psicoterapia.
La depressione, secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una patologia della mente in costante crescita in tutto il mondo (quasi il 20 per cento in dieci anni) e si prevede che nel 2020 sarà la seconda malattia, dopo quelle cardiovascolari. Attualmente soffrono di depressione ben 322 milioni di persone, pari al 4,4 per cento della popolazione mondiale, con un’incidenza più elevata tra le donne (5,1%) rispetto agli uomini (3,6%). Dal 2005 al 2015 la depressione ha visto un aumento del 18,4% dei casi, ma solo la metà di chi ne è colpito ha accesso a cure e trattamenti adeguati. Nei casi più gravi può portare anche al suicidio, che rappresenta a livello mondiale l’1,5% di tutti i decessi ed è la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 ed ai 29 anni di età. Questi dati decisamente allarmanti hanno mosso le autrici alla redazione di questo testo. La materia è stata esaminata a trecentosessanta gradi dalle tre autrici nei vari capitoli. Il primo capitolo è un sintetico excursus di come la depressione è stata interpretata nel corso della storia mentre nell’ultimo capitolo, il sesto, si mette in luce come la tematica sia stata rappresentata nel cinema e nella letteratura. E non manca, a corredo di questo lavoro, un’accurata bibliografia e una filmografia ragionate.
Nel secondo capitolo “Tristezza e depressione”, le autrici evidenziano la linea di confine tra la patologia e gli stati d’animo che possono determinarsi normalmente nel corso dell’esistenza, un lutto per esempio, e sono definiti come “depressioni fisiologiche pulite”, necessarie, ben diverse dalle varie forme cliniche analizzate nei capitoli successivi. Nel terzo capitolo “La psicopatologia”, si esaminano le diverse forme di depressione, dalla “minore” alla “maggiore”, compreso il suicidio, alla depressione “post partum”. Il quarto capitolo “la depressione in adolescenza”, è dedicato alla fascia di età più fragile e maggiormente esposta così come dimostrano i dati dell’O.M.S., a questo male della mente.
Nel penultimo capitolo, “Psicodinamica, diagnosi e cura della depressione” le autrici con fermezza contrastano la visione dell’incurabilità di questa patologia e polemizzano con la psichiatria di orientamento organicistico che si affida essenzialmente ad un intervento di tipo chimico. È dimostrato infatti che la depressione è una malattia della mente, curabile, soprattutto con la psicoterapia. Si tratta solo di affrontare un mondo non cosciente, disturbato e di rintracciarne le cause - spesso antiche e lontane - della malattia per conseguire la guarigione. E conseguentemente grande prudenza nell’utilizzo degli psicofarmaci, necessari solo per chi considera la malattia, come derivata dalla disfunzione dei neurotrasmettitori. I farmaci, realisticamente, possono essere utili per attenuare i sintomi, non per curarli.
E allora, se uno degli obiettivi dell’O.M.S. è quello di intervenire per contenere la diffusione del “male oscuro”, certamente le tre psicoterapeute, con questa scorrevole e preziosa pubblicazione, hanno dato un valido contributo.
Aggiornato il 18 giugno 2018 alle ore 18:00