Divo Nerone, Opera flop

Un’idea eccezionale quella di proporre, per tutta la stagione estiva (dal 7 giugno al 10 settembre), uno spettacolo allestito nella Vigna Barberini del Palatino. Considerando l’appeal della location, che quotidianamente accoglie circa 45mila turisti, il successo era dietro l’angolo.

Proporre un grandioso musical sulla controversa figura di Nerone, proprio nel cuore di Roma sembrava un’intuizione veramente interessante, per la realizzazione della quale si è speso anche il ministro Dario Franceschini, date le enormi polemiche sollevate dall’utilizzo degli spazi dell’area archeologica. Due anni e mezzo di lavoro, diversi milioni di euro (un finanziamento consistente anche da parte della Regione Lazio), 4 premi Oscar coinvolti – gli scenografi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, la costumista Gabriella Pescucci e il compositore Luis Bacalov – e il vincitore di due Grammy Awards Franco Migliacci, coautore del copione con Gino Landi che ne cura la regia.

Due ore di show su di un palco grandioso costruito proprio sopra il tempio di Eliogabalo, 26 ballerini e acrobati, 12 cantanti-attori che, davanti ad un pubblico di 3mila persone a sera, portano in scena 14 anni della vita di Nerone. Belle le coreografie iniziali e le scenografie mobili. Più che un’opera rock però si tratta di un’opera pop, un musical commerciale volto a catturare l’attenzione dei turisti (proposto a sere alterne in italiano e in inglese). Ma da un punto di vista artistico è una delusione totale. Finti marmi con stendardi rossi pienamente prevedibili, video-proiezioni sfocate, fiamme virtuali e pedane rotanti. Sembra qualcosa di vecchio, di già visto. Testi banali e non divertenti anche quando vorrebbero esserlo, attori che – Seneca a parte – non vantano doti canore particolari, scene di un kitsch terribile come l’enorme conchiglia che appare al centro della scena quando Poppea canta “Hai la pelle ruvida?” e fa il bagno nel latte d’asina o momenti in cui il palco sembra trasformarsi in una discoteca anni Ottanta...

Qualcosa che non avremmo voluto vedere. Non a caso martedì 6, sera dell’anteprima – tralasciando i disastri organizzativi e le code interminabili per accedere dalla via Sacra all'area archeologica (divenuta per l’occasione una novella via Crucis), con lo spettacolo iniziato alle 22.30 (!?!), buona parte degli invitati ha scelto di fuggire alla fine del primo tempo. Sorprende che, nonostante i costi notevoli dei biglietti (gradinate da 76 a 180 euro, platea a 250!) le serate siano in buona parte sold out. Merito dei tour operator che hanno venduto lo spettacolo in anteprima spacciandolo per lo show dell’anno, a danarosi turisti asiatici? Spiace però osservare che con un dispiegamento di forze del genere (intellettuale ed economico) il risultato sia tanto deludente.

Aggiornato il 09 giugno 2017 alle ore 10:50