Pellegrini-Zampese: le donne di Meneghello

L’opera di un grande autore può essere interpretata da angolazioni diverse e in base a chiavi di lettura sorprendenti per la loro capacità di illuminazione.

Questo pensiero affiora nella mente del lettore dopo aver letto il libro “Meneghello: solo donne” (Marsilio), di cui sono autori Ernestina Pellegrini, docente di Letterature comparate all’Università di Firenze, e Luciano Zampese, che insegna Linguistica presso l’ateneo di Ginevra. Nel libro i due studiosi analizzano con strumenti critici assai penetranti alcuni brani estrapolati dalle opere di cui è autore Luigi Meneghello, uno dei grandi scrittori delle letteratura italiana del secondo Novecento; romanzi ambientati per lo più nel microcosmo di Malo (comune della provincia di Vicenza). Pellegrini e Zampese osservano che, nel tratteggiare le figure femminili che popolano le sue opere, lo scrittore ha seguito due movimenti stilistici che ne spiegano la genesi compositiva: uno basato sull’abbassamento ironico e sarcastico, a cui si deve la creazione di una sorta di commedia dell’arte al femminile, e l’altro fondato su di una esaltazione estetica delle donne, sicché dai ritratti di queste figure femminili si sprigiona una fascinazione etica e morale irresistibile. Colpisce il modo con cui Meneghello ha ritratto le donne: sia la deformazione e l’invenzione fantastica sia il gusto raffinato per il mistero e il meraviglioso che circondano da sempre la figura femminile.

Il metodo seguito da Meneghello proviene dalla lezione del grande storico dell’arte Aby Warburg, per il quale è la vita che suggerisce le immagini che un autore è destinato a generare in virtù della sua capacità di invenzione poetica. In “Libera nos Malo” del 1963, l’opera più significativa dello scrittore vicentino, vi è l’evocazione dell’eros che si manifesta fin dai primi anni di vita. La bambina che, con il suo potere di seduzione, colpisce l’immaginazione del bambino, rappresenta la prima e sconvolgente epifania di Eros. In questo libro vi è il ritratto memorabile della bambina, bella e conturbante, il cui nome era Antonia. I criteri classificatori delle bambine descritte fanno riferimento sia alla classe sociale di appartenenza, sia al periodo storico in cui vissero la loro infanzia.

In Libera nos Malo lo scrittore ricorda ancora quando si trovava nella chiesa di Malo di fronte al ritratto della Madonna della Maternità di scuola giottesca, situato nel santuario di Santa Libera, e lo contemplava in preda allo stupore e ai dubbi, chiedendosi cosa pensasse la Madonna e percependo la risposta metafisica, in base alla quale al di fuori dalla necessità vi è il divino. Questa è la immagine della donna che si configura nel suo libro più famoso insieme come madre e madonna. Ma per gli studiosi di Meneghello uno dei modelli più alti e nobili di femminilità è costituito dalla figura indimenticabile della Cattinella. Si tratta di una donna abbandonata dal marito, che lavorò per anni nella casa dei genitori dello scrittore, e il cui unico figlio venne ucciso durante la Resistenza dai nazifascisti a Malga Zonta il 12 agosto del 1944. Questa madre, pur avendo perduto il suo unico figlio, mantenne e conservò una condotta di vita improntata alla dignità e alla serenità. E poi ancora, il ritratto delle zie, rimaste zitelle, consente alla scrittore di comprendere il rapporto tra la religione e le donne nel piccolo centro di Malo. La religione infatti, nelle opere di Meneghello, appare legata alla conservazione del passato e viene intesa come una seconda natura che si trasmette da madre in figlia. Si nota, leggendo le opere dello scrittore vicentino, come muta radicalmente il costume, lo stile di vita e la concezione della donna con la transizione dalla civiltà contadina a quella moderna basata sull’industrializzazione e sulla emancipazione. In un suo testo Meneghello fa riferimento alla teoria degli archetipi e dei tipi psicologici delineati da Jung.

Secondo il pensiero del suo amico Licisco Magagnato sarebbero tre gli archetipi femminili che dominano la mente maschile: la moglie, l’amante e la prostituta. Per evocare le condizioni di lavoro durissime delle donne in famiglia, nelle officine, nei campi, nelle filande, Meneghello fa riferimento al testo di Hannah Arendt “The human condition” (1958), in cui è delineata la differenza tra le forme del labor e quelle del work. La cura dei bachi da seta era un lavoro duro e molto faticoso che veniva affidato alle donne, bambine, giovani e adulte. Sul rapporto tra i due sessi, Meneghello, consapevole del mistero che è legato al meccanismo dell’innamoramento, scrive pagine memorabili per profondità e chiarezza di pensiero. Ne “I piccoli maestri”, uno dei suoi capolavori, è tratteggiata la figura di una partigiana, Maria “Marta” Setti, la quale in quel periodo difficile seppe dare un contributo fondamentale per la liberazione dalla dittatura nazifascista.

 

Aggiornato il 26 aprile 2017 alle ore 19:21