Riscoprire l’Italiano

Tempi duri anzi durissimi per la nostra splendida, ricca di sfumature e molteplici sinonimi, lingua italiana, fu gloriosa!

Improvvisamente da più parti si leva il grido d’allarme, una volta venne definito “di dolore” ma lì è un’altra la storia, sull’ignava, insipiente, miope superficialità con cui si sta mandando più o meno lentamente al macero il sullodato linguaggio italico. Allo scopo si moltiplicano appelli sulla stampa nazionale, non c’è uno che sia uno, tra i quotidiani maggiormente diffusi, che non abbia accortamente deciso di dedicare pagine intere, leggi ad infinitum, su analisi socio-culturali, inchieste e denunce di maltrattamento sintattico-culturale della nostra lingua, peraltro innegabilmente irta di difficoltà anche per i più esperti, seguiti a ruota dal mondo della scuola e da quello accademico che, diciamolo, hanno tollerato per lunga pezza imbarbarimenti e strafalcioni a vario titolo. Altro che segnacci con la matita blù!

Tutti per una volta si sono ritrovati concordi, davvero inusitato per il super-individualismo all’italiana, intorno al capezzale dell’illustre degente, tratto direttamente da mnemoniche reminiscenze pinocchiesche, con tanto di dottori abbrunati che, tastando il polso, ovvero l’odierno stato di salute del nostro irripetibile idioma, hanno decretato l’urgenza, che inane terminologia, di provare a contenere l’esiziale progressivo depauperamento del nostro sontuoso lessico grazie all’uso smodato di anglicismi che dilagano, inondano, sommergono fino a straripare perfino nella stesura di normative destinate alla normale applicazione nel nostro ordinamento giuridico e non basta... Non ne è uscita indenne addirittura una intitolazione ministeriale da vecchio collaudato conio del tipo “... omissis... e del Lavoro”, pensando fosse più cool definire la struttura “del Welfare”... né più né meno che se si trattasse di qualche stabilimento, “farm”, adibito a cure termali.

Pure non sono state udite, da parte dei soliti censori/soloni di cui sopra, obiezioni di sorta di fronte a questo ulteriore inconsulto snaturamento istituzionalizzato, probabilmente per non turbare la civile convivenza! C’è chi giura che sia solo un pretesto per mascherare la non conoscenza del corrispondente sostantivo italiano ma francamente pare troppo... Per non farla lunga, poiché in questa, come in altre pari occasioni, nel nostro Belpaese si finisce con l’accumulare dibattiti che fomentano il già visto e sentito, osanna all’incitrullimento collettivo, converrà augurarsi che “non è mai troppo tardi”, dal celeberrimo motto della fortunata trasmissione del maestro Alberto Manzi che negli anni del boom ogni pomeriggio sbancava l’auditel chiamando a lezione i nostri connazionali ancora intonsi, per non chiamarli senz’altro analfabeti, quelli veri e non di ritorno come alcuni sprovveduti dell’Era contemporanea.

Da cimelio di famiglia, quel Piccolo Dizionario della Lingua Italiana, “P” (sta per Policarpo) Petròcchi, con la o accentata, edito nel 1930, con nelle prime pagine numerate alla maniera romana un’ampia selezione di regole principali di grammatica e ortografia che oggi farebbe comodo recuperare a tanti cultori delle belle lettere e dove talora la “S” a inizio di alcuni vocaboli si allunga sinuosa alla maniera gotica, a cimelio in formato lingua italiana. È dell’ultimissima ora la notizia che l’Unesco abbia intenzione di dichiarare Patrimonio dell’Umanità il greco antico e il latino, dette anche lingue morte con pretestuosa albagia che prescinde dall’esistenza di minoranze linguistiche ben radicate sul nostro territorio, quali ad esempio il grecanico della Calabria ionica che può vantare più di una radice tematica in comune con la lingua dell’Acropoli ateniese.

Speriamo di essere ancora in tempo a chiudere dentro la fatidica stalla, asini o buoi in questa occasione fa lo stesso, i quadrupedi del noto proverbio nazionale!

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:14