Teatro Sala Uno, la replica di Keradman

Cari lettori, faccio seguito all’intervista al signor Hossein Taheri del 18 novembre scorso comparsa su questa testata giornalistica. Lo faccio anche a nome dei miei collaboratori che condividono oneri e onori nella gestione del Teatro Sala Uno in Roma. È un momento molto difficile per la cultura, a Roma come nel resto d’Italia. È diventato complicato riuscire a perseguire i propri obiettivi giorno per giorno, coniugare i propri sogni con il pragmatismo di cui necessita la gestione degli spazi e delle imprese culturali, ma soprattutto riuscire nella collaborazione con tutti coloro i quali gli gravitano intorno. In questo panorama, purtroppo capita di essere criticati da chi si perde solo nel trovare difetti senza proporre soluzioni.

È proprio questa, secondo noi, una delle criticità: la mancanza vera di dialogo tra chi gestisce uno spazio culturale e chi contribuisce, insieme ad esso, a renderlo grande. Non dovremmo, forse, tutti insieme, cercare di migliorare gli spazi e la cultura stessa? Noi ambiamo a grandi soddisfazioni, nonostante il mare in tempesta, ma siamo costretti a ribattere anche colpo su colpo quando veniamo accusati ingiustamente di portare avanti una condotta che non ci appartiene.

Vorrei fare, intanto, alcune precisazioni: nell’intervista citata il signor Taheri si pregia di aver fondato con noi il Teatro Sala Uno, questo è assolutamente falso: Sharoo Kheradmand, nel 1997, con la mia collaborazione, ha creato dal nulla questa sala, un luogo magico, come del resto riconosciuto anche nella suddetta intervista, in cui ogni giorno troviamo la forza per rinnovarci e programmare delle buone stagioni teatrali. Il Teatro Sala Uno non ha mai, dico mai, ricevuto contributi statali per la gestione del teatro. E, nel tempo, con la crisi e la diminuzione drastica di bandi comunali e regionali cui si partecipava, assieme ad altre realtà ed associazioni teatrali, abbiamo dovuto fare i conti con risorse sempre più ridotte. Abbiamo comunque sempre dato la possibilità a meritevoli compagnie di poter rappresentare i loro spettacoli nella nostra sala, cercando, in tutti i casi, di avere un’attenzione particolare alla qualità delle messe in scena e di essere fedeli alla nostra idea di spettacolo dal vivo.

Dispiace profondamente essere accusati di fare gli “affittacamere” dall’attore Taheri, anche perché noi cerchiamo di mantenere, sebbene sia ora più limitato, un buon numero di produzioni teatrali di nostra fattura. Tra questi lo spettacolo del signor Zuccari, Otello, in cui recita il signor Taheri, che nella sua prima edizione, la stagione passata, è stato, appunto, da noi prodotto (anche se ora compare solo il Teatro Eliseo, sia chiaro). Anche per questo essere definiti “affittacamere” ci sorprende e ci fa anche un po’ sorridere. Ci rendiamo conto che quando non si gestiscono conti correnti bancari, contributi Inps, quando insomma non si deve far fronte a tutti i doveri di un’attività imprenditoriale legale, sia molto semplice giudicare, accusando gli operatori del settore di mala gestione e scadendo in critiche demagogiche, ma in nessun modo giustifichiamo tale comportamento. Noi continuiamo a resistere e ad esistere, ci riteniamo un buon punto di riferimento per chi vuole rappresentare un suo spettacolo, in collaborazione con noi, prodotto da noi o anche solo ospitato da noi.

Tutto, comunque, passa dalla nostra supervisione, la nostra cura e la nostra lungimiranza che ci porteranno, nell’anno nuovo, a compiere vent’anni di attività. Sono gli spettatori che ritornano nel nostro teatro per vedere gli spettacoli nell’arco della stagione che ci confermano che siamo sulla strada giusta, loro sono la nostra cartina tornasole, i nostri referenti.

Reza Keradman, direttore artistico del Teatro Sala Uno (Piazza San Giovanni, 10 – Roma)

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:25