A Venezia trionfa il Sudamerica

Si è chiusa da pochi giorni la 72esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che quest’anno sembra aver prediletto il Sudamerica. La giuria del Festival ha premiato con il Leone d’Oro – con grande sorpresa di tutti – l’esordiente Lorenzo Vigas – venezuelano, classe ‘67, una laurea in biologia e diversi documentari all’attivo – per “Desde Allà”, il suo primo lungometraggio cinematografico. Il Leone d’Argento alla regia è stato assegnato all’argentino Pablo Trapero per “El Clan”.

Il Festival di quest’anno – che ha animato il Lido dal 2 al 12 settembre – ha ospitato molti registi esordienti e numerosi giovani. Per la prima volta in concorso anche un lungometraggio prodotto dal colosso del web Netflix – “Beasts of no nation” – che ha sollevato numerose riflessioni. Se il film avesse vinto la kermesse festivaliera, si sarebbe infatti corso il rischio di non vederlo uscire nelle sale. Terzo posto agli Usa con il Gran Premio della Giuria assegnato agli antiamericanisti di “Anomalisa”, Charlie Kaufman e Duke Johnson. Per quanto riguarda l’Italia, è una bella vittoria quella di Valeria Golino, premiata per la seconda volta con la Coppa Volpi per la migliore recitazione in “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino (la prima vittoria nel 1986 sul set di “Storia d’amore” di Citto Maselli).

E all’indomani della chiusura della 72esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si sono riaccese polemiche sul carattere forse troppo elitario della competizione diretta da Alberto Barbera e presieduta da Paolo Baratta. Le personalità chiamate a fare parte della Giuria del Concorso oltre al presidente, il regista messicano Alfonso Cuarón – che nel 2013 aveva aperto la kermesse del Lido con “Gravity”, interpretato da Sandra Bullock e George Clooney – sono state: lo scrittore, sceneggiatore e regista francese Emmanuel Carrère, autore tra gli altri di Limonov, il regista polacco Pawel Pawlikowski, autore di “Ida”, premio Oscar per il miglior film straniero 2015, il regista turco Nuri Bilge Ceylan, Palma d’oro a Cannes lo scorso anno con “Kis uykusu”, l’italiano Francesco Munzi, in concorso nell’edizione festivaliera 2014 con “Anime nere”, l’attrice tedesca Diane Kruger, che ha, tra l’altro, interpretato Bridget von Hammersmark in “Bastardi senza gloria” di Quentin Tarantino, il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, Leone d’oro a Venezia nel 1989 con “Città dolente”, e in concorso a Cannes 2015 con “Nie Yinniang”, premiato per la regia, la regista e sceneggiatrice inglese Lynne Ramsay, nominata ai Golden Globe e ai Bafta per il film “… e ora parliamo di Kevin” e l’attrice e regista statunitense Elizabeth Banks, interprete di Spiderman e Hunger Games ed esordiente alla regia con “Pitch Perfect 2”.

Ancora una volta si ripropone il quesito se i film presentati nei festival siano poi pellicole apprezzate (o apprezzabili) dal pubblico o piuttosto esercizi di stile spesso troppo elitari in grado di riscontrare il plauso dei soli “addetti ai lavori”. E’ frequente che i titoli “incoronati” nelle competizioni cinematografiche riscontrino performance alquanto deludenti al botteghino, ma sarebbe giusto abbandonare sperimentazione e ricerca per andare incontro ai gusti del vasto pubblico? Attenderemo con ansia l’uscita in Italia di Desde Allà (prevista nel 2016 a cura di Valerio De Paolis) prima di poter esprimere un giudizio fondato. Va comunque riconosciuto che questa volta la kermesse del Lido ha premiato un’opera che pone temi spinosi e di grande attualità: Desde Allà è una storia di solitudine e omosessualità sullo sfondo di una squallida e fatiscente Caracas.

Escono sconfitti, o meglio del tutto ignorati, i grandi maestri: per l’Italia Marco Bellocchio in concorso con “Sangue del mio Sangue”, ma anche Amos Gitai che ha presentato a Venezia “Rabin, the last day” o ancora Laurie Anderson, vedova di Lou Reed con “Heart of a Dog”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:31