Dai cinema ai teatri: progetti insostenibili

Le sale cinematografiche chiuse mettono sempre una grande tristezza. E a Roma ormai se ne contano a decine camminando per le strade del centro storico. L’“Etoile”, il “Capranichetta”, il “Rialto”, l’“Impero”, solo per citarne alcuni. Ma la lista sarebbe molto lunga. Sono infatti ben 42 le sale cinematografiche che hanno abbassato la saracinesca nell’ultimo decennio. Tra gli ultimi “caduti” il “Metropolitan” (nella foto), i cui progetti di cambio di destinazione d’uso – che volevano trasformare lo storico cinema in un centro commerciale nel cuore della Capitale – avevano sollevato tante polemiche. O il “Roma”, la sala di Carlo Verdone a Trastevere.

L’assessore alla Cultura del Comune di Roma, Giovanna Marinelli aveva prospettato, a fine gennaio, una riconversione degli spazi chiusi in centri polifunzionali a vocazione culturale. Il che avrebbe implicato sale per proiezioni, librerie, bistrot e finanche asili nido. Stando alle parole dell’assessore, in occasione della presentazione del progetto (e relativo cronoprogramma) – che aveva coinvolto anche gli assessori al Commercio e alla Trasformazione Urbana – il bando sarebbe uscito nel mese di luglio.

Ma luglio volge al termine e nulla sembra essersi mosso. Le ragioni dello stallo vanno però ricercate nelle decisioni dell’attivissimo ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che, circa un anno fa, ha firmato una direttiva per il censimento dei cinema storici. Il capo del dicastero dei beni culturali, contrario alle scelte di snaturamento parziale proposte dal Campidoglio, con la direttiva ha posto un vincolo alla rivitalizzazione di questi spazi. Le sale chiuse – considerate storiche – dovranno tornare a vivere come spazi di cultura, di socializzazione, come luoghi in grado di favorire la crescita sociale. In particolare il ministro ha posto specifica enfasi affinchè queste sale possano tornare ad aprirsi alla città sotto la nuova veste di spazi teatrali. Una gran bella iniziativa, quella del ministro. Del resto, delle 42 totali, sono numerose le sale in grado di rientrare nel censimento delle sale storiche. Ma il progetto ha concrete chance di successo? Certo, si propone di salvaguardare sale considerate beni culturali a tutti gli effetti, ma... ideali a parte?

Molti dei cinema, per lo più monosale di città, hanno chiuso perché l’arrivo dei multiplex prima e la digitalizzazione poi hanno reso di giorno in giorno più difficile la sopravvivenza di quelle strutture, peraltro di fronte ad un sempre più esiguo numero di spettatori. Il ministro crede forse che aprire nuovi teatri a Roma possa rappresentare un’alternativa sostenibile? Da sempre il teatro viene considerato una forma di intrattenimento per “ricchi” e, anche tralasciando questi vecchi cliché, resta un dato tangibile che il prezzo del biglietto risulta essere quasi sempre più elevato di quello del cinema. In un periodo di difficoltà economica, non sembra esattamente una scelta lungimirante. In tutto ciò a lamentarsi restano gli imprenditori del settore cinematografico, risentiti dei soliti ritardi e contrariati dal fatto che l’idea proposta 6 mesi fa (che comunque assicurava che una percentuale degli spazi rimanesse destinata a proiezioni documentaristiche e cinematografiche) rischi di divenire evanescente per una progettualità che, già sul nascere, ha il destino segnato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:31