Durante il mio ultimo viaggio negli Stati Uniti, grazie ai miei buoni amici Roberta e Robert DiBiase ho avuto l'opportunità di incontrare una meravigliosa persona, una vera icona per la comunità italoamericana in New Jersey: Gilda Rorro Baldassari (nella foto). Ho trovato molto interessante e importante, per iniziare bene questo nuovo anno di interviste, poter offrire ai nostri lettori la storia di questa personalità fiera della propria italianità, ex Vice Console Onorario Italiano e ora Corrispondente Consolare a Trenton, NJ, nominata Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dall'allora Console Generale Italiano a Philadelphia Franco Mistretta: perché Trenton è passata da essere sotto la giurisdizione consolare di Philadelphia a quella di Newark e ora, chiuso il Consolato di Newark, è sotto quella di New York. E’ anche parte fondamentale della New Jersey and Italian American Heritage Commission, l’unica commissione statale di questo tipo in tutti gli Stati Uniti.
Gilda, quando ci siamo conosciuti mi ha raccontato un paio di aneddoti che rendono la sua vita di donna italoamericana davvero interessante e unica ...
Sono nata a Philadelphia, da una famiglia che vide numerosi membri venire qui in America dall’Italia. Ho visto quello che hanno passato per diventare americani: amavano sia l’Italia che gli Stati Uniti, hanno lavorato duramente avendo sempre molto a cuore l’Italia, mettendo sempre al primo posto la famiglia.
Quando ero molto piccola, durante la seconda guerra mondiale, iniziai la scuola e c’era qualcuno che mi chiama con nomignoli dispregiativi, perché ero italoamericana. Io non ne capivo il motivo, pur sapendo che noi italoamericani non eravamo molto popolari e ben visti. Io amavo molto le mie origini, e così era per la mia famiglia: pensavo dunque che la gente semplicemente non sapesse quanto meravigliosi fossero gli italiani. Era bello e istruttivo, per me, vedere come gli italoamericani prendevano a cura la propria comunità: non avevano soldi, ma erano ricchi nello spirito perché stavano sempre insieme. Non solo si dedicavano alle loro famiglie, ma assistevano anche gli altri; se un vicino era malato, non importava se fosse ebreo, polacco, irlandese o qualsiasi altra cosa, gli italoamericani lo aiutavano. Gli italiani davano sempre tutti sé stessi.
La mia famiglia aveva un codice morale molto alto per noi donne. Dovevamo essere brave ragazze, non c'era zona grigia, era bianco o nero: e noi tutti volevamo essere brave, naturalmente. C'era sempre una preferenza per i maschi, quando si trattava di scegliere chi far proseguire a studiare. Le donne potevano arrivare alle superiori, ma normalmente erano gli uomini quelli che andavano all’università, grazie ai sacrifici della famiglia. Io fui fortunata, perché i miei genitori fecero studiare sia me che le mie sorelle: ma ho visto molte giovani ragazze italoamericane alle quali non fu data questa possibilità. Per fortuna, ora le cose sono cambiate.
Un aneddoto interessante nella mia vita è il mio incontro con il Papa. I miei genitori ci portarono in Europa e in Italia nel 1951. Mio padre voleva che noi vedessimo la città dove era nato e incontrassimo i parenti che vivevano lì, per conoscere meglio le nostre origini italiane. Eravamo a Roma e siamo riusciti ad avere un incontro privato con sua santità Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, a Castel Gandolfo. Il Papa mi chiese se parlavo italiano e io dissi: "No, Santità. Io sono americana". Lui rispose: "Oh, che peccato! Gilda, promettimi che imparerai a parlare italiano" e io ho dissi" Sì, sua santità! Lo prometto". Tornata in America, davvero non sapevo da dove cominciare per imparare l'italiano, perché non era insegnato nel sistema scolastico delle mie zone. Così imparai lo spagnolo, e poi presi un libro di grammatica italiana e cercai di imparare l'italiano, che è simile allo spagnolo. Dovevo mantenere la promessa fatta al Papa! Questa semplice promessa è quella che mi ha fatto arrivare dove sono: cominciai a insegnare spagnolo, poi mi sposai, e quando tornai all’insegnamento diventai un’insegnante di "inglese come seconda lingua". Poi andai al Dipartimento della Pubblica Istruzione, nell’ ufficio per i diritti civili. Mi occupavo di tutte le “affirmative action” del New Jersey, e poi iniziai ad impegnarmi per promuovere un’educazione più multiculturale. Questo avveniva dal 1988 al 1995. Successivamente divenni Poi mi sono spostata nell’ufficio del Dirigente capo del sistema scolastico del grande distretto urbano di Trenton. Tutto questo accadeva prima di diventare Vice Console Onorario per l'Italia. Così, le esperienze in materia di diritti civili mi hanno aiutato a fare in modo, quando abbiamo sviluppato queste lezioni, che questi materiali didattici rispettassero le diversità e fossero rilevanti per ogni studente, non solo per gli italiani o gli italoamericani.
Ci dica qualcosa a proposito del programma educativo che ha di recente presentato con grande successo, “The Universality of Italian Heritage”
Quando nacque la Commissione statale della quale faccio parte, nel 2002, mi è stato chiesto di presiedere il gruppo che si occupò di preparare un programma educativo per tutti gli studenti, dalla scuola materna fino all'università. Me ne occupo quindi ormai da 12 anni, e parliamo di scuole di tutto lo Stato: scuole pubbliche, totalmente private, private ma sovvenzionate, religiose. Abbiamo iniziato un programma di Amicizia, uno scambio internazionale di studenti con l'Umbria e la Sicilia e in altri luoghi, e quest'anno andremo a Matera, in Basilicata. Faremo vivere ai giovani un'esperienza, quella di visitare l'Italia: ma questo programma è per tutti gli studenti, non solo per gli italiani. L'attenzione si concentra sulla cultura italiana, ma universalizzandola. È per questo che si chiama “The Universality of Italian Heritage” ("L'universalità del patrimonio italiano").
In aggiunta a tutte le attività del programma, che si trovano sul nostro sito web http://njitalia.nj.gov/, abbiamo organizzato eventi molto interessanti ed importanti, insieme a prestigiose università. Alla fine del 2014 ne abbiamo fatto uno al Mercer County Community College, mettendo insieme tutti i leader delle maggiori organizzazioni italiane in America. E' stato un evento meraviglioso, che si è concluso con un ricevimento a casa mia con un centinaio di persone.
Vogliamo che questo diventi noto anche a livello nazionale, perché la New Jersey and Italian American Heritage Commission è l'unica istituzione educativa negli Stati Uniti che ha sviluppato questo programma. Riteniamo che sia anche uno strumento per aiutare i giovani ad imparare la lingua italiana. Conosciamo molti giovani studenti provenienti da Corea, Bangladesh, Cina, Russia, Messico, afroamericani, ispanici, che ci hanno detto: "Noi amiamo il modo di vivere italiano, amiamo la lingua italiana, e dopo aver seguito le lezioni vogliamo saperne di più sull’Italia". E la partecipazione ai nostri corsi è cresciuta e alcune scuole superiori stanno assumendo nuovi insegnanti.
Si tratta di un risultato che ha una diretta relazione col vostro programma?
In parte, sì. Noi insegniamo il patrimonio culturale e la lingua italiana. Nella scuola elementare parliamo di Leonardo da Vinci, ma anche della Agenzia Spaziale Italiana e della collaborazione tra Italia e Stati Uniti nei programmi spaziali. I giovani sono molto interessati e vogliono conoscere di più del nostro Paese e di tutto ciò che ci riguarda. Quindi, è un risultato molto positivo!
Cos’è la New Jersey and Italian American Heritage Commission e qual è la vostra missione?
La Commissione è stata costituita nel 2002, è ospitata presso il Dipartimento di Stato della Pubblica Istruzione, e la nostra missione è di sviluppare l'educazione, per informare il mondo sul patrimonio culturale italiano e italoamericano e per combattere gli stereotipi negativi contro gli italoamericani nei media. E’ molto difficile: dobbiamo combattere costantemente contro i numerosi programmi che ci danneggiano. Credo che sia fondamentale per mantenere la nostra eredità, o sarà perduta. La maggior parte dei giovani italoamericani non conoscono ancora il loro patrimonio e le radici italiane, non conoscono la lingua, non sanno che cosa significa essere italiano, non sanno nemmeno da quale parte d’Italia vennero i loro nonni. Abbiamo tanto di cui essere orgogliosi, è incredibile quello che gli italiani hanno fatto e conquistato e continuano a realizzare oggi in questo mondo, e la maggior parte delle persone qui in America sono spinti da questi programmi televisivi a pensare a noi come mafiosi o come i cafoni di Jersey Shore ... non dobbiamo smettere di combattere in modo che la grandezza italiana possa essere conosciuta, preservata e promossa anche qui negli Stati Uniti.
Lei è anche stata per dieci anni il Vice Console Onorario Italiano a Trenton, NJ. Sappiamo che ha svolto questo ruolo con un enorme amore per il nostro Paese. Cosa ci può dire di questa esperienza?
Sì, sono stata molto orgogliosa di essere Vice Console Onorario per dieci anni. Poi, quando ho compiuto 70 anni, mi è stato detto che non potevo continuare a ricoprire quella posizione a quell’età ... così, l'allora Console Generale a Filadelfia mi ha chiesto di continuare, ma con il titolo di Corrispondente Consolare, che non ha lo stesso limite di età. Sono felice di farlo, non guadagno soldi, non mi interessano: voglio solo essere in grado di contribuire perché la mia eredità culturale significa molto per me e io sono molto grato all’Italia, mi sento molto privilegiata perché alla mia età posso ancora aiutare altre persone attraverso il lavoro consolare e promuovere la cultura italiana.
All’inizio l’area consolare di mia competenza era tutto il New Jersey, ora è la parte del centro-nord dello Stato. La maggior parte delle cose che facevo come Vice Console Onorario è stato ora assorbito dalle competenze del Consolato di New York. Quello che faccio oggi è aiutare le persone nella selezione e nella preparazione dei documenti, fornisco loro le informazioni necessarie. Ho due uffici nella zona di Trenton, uno è in casa mia e uno presso la Chiesa.
E' difficile rappresentare la burocrazia italiana presso gli americani di origine italiana?
Una volta lo era di più. Penso che le cose stiano migliorando e i processi si stiano semplificando, e questa è una buona cosa: in passato era più confuso, troppe carte. A volte è più facile fare le cose negli Stati Uniti, ma credo che al Consolato di New York facciano un ottimo lavoro per semplificare le procedure e assistere le persone in un modo molto efficace e disponibile. A volte non è facile per la gente di qui in New Jersey: la maggior parte delle persone che si rivolgono a me hanno più di 70 o anche 80 anni, alcuni più di 90, e per loro andare a New York non è un cosa facile. Ma il Consolato di New York è molto accomodante nell’aiutare la gente di qui, ed evitare loro il più possibile di doversi recare a Manhattan. Questa collaborazione sta funzionando bene.
Ci sono molti italoamericani in New Jersey?
Ci sono quasi 2 milioni di italoamericani in New Jersey, circa il 20% della popolazione dello Stato. Dove vivo io, a Hamilton, il 58% della popolazione è italoamericano. Abbiamo circa 400 organizzazioni italiane in New Jersey e la maggior parte di loro è molto attiva. E' incredibile quante persone realmente vogliono scoprire le proprie radici e che lo stesso facciano i loro figli e nipoti. E' molto gratificante.
E i nuovi italiani? Sapete se sono studenti o professionisti?
Bè, ora non è molto facile venire in America dall’Italia. Abbiamo studenti e abbiamo personale tecnico altamente qualificato, persone con un alto livello di educazione, ad esempio all’università di Princeton. Sono molto diversi dai primi immigrati, è un altro mondo. Hanno molto successo, quando vengono qui, perché sono così altamente qualificati che le loro capacità sono molto necessarie qui; quindi non si può davvero avere un confronto tra queste generazioni e quella che ho conosciuto io nella mia infanzia, è una situazione molto diversa.
Quali sono i luoghi più importanti per la comunità italoamericana in New Jersey?
Abbiamo tanti monumenti: anche a Trenton abbiamo una statua di Cristoforo Colombo e la chiesa di Saint Lucy’s a Newark, dove è il mio ufficio, è stata costruita da immigrati italiani ... e mi piace pensare che le chiese siano state molto importanti, il cuore della comunità. Anche a Trenton abbiamo processioni ed eventi: celebriamo i santi, la Madonna di Casandrino e la Madonna di Pierno. Avevamo interi quartieri: Chambersburg era la Little Italy di Trenton e ogni volta che andavo lì mi piaceva tanto ... ma ora non è più la stessa cosa, anche se continuiamo ad andarci, si organizzano begli eventi ad esempio per il compleanno di Garibaldi o per celebrare il Columbus Day. In molte città del New Jersey si trovano chiese, statue di Colombo, club, organizzazioni, eventi e feste che celebrano l’Italia.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:31