Jay Cost è una sorta di figura mitologica, nel ristretto cerchio degli appassionati di politica che frequentano la riva destra degli Stati Uniti. Dopo essersi laureato all'Università della Virginia (e preso la specializzazione in quella di Chicago), Cost ha conquistato i primi frammenti della propria, meritata, popolarità dando vita ad un blog indipendente (Horserace Blog) specializzato nell'analisi storica, statistica e politologica del voto. Una presenza online presto notata da John McIntyre e Tom Bevan, i due fondatori di Real Clear Politics (un sito-aggregatore di notizie politiche e dati sui sondaggi), che hanno affidato a Cost un ruolo di primo piano nella loro redazione. Dopo essersi fatto le ossa a Rcp, Cost ha spiccato il volo nel 2008, quando è entrato in pianta stabile al Weekly Standard, il settimanale neocon nel cui sito viene ospitata la sua rubrica bi-settimanale Morning Jay. Spoiled Rotten è il suo primo libro e nasce proprio tra le pieghe di questa ormai decennale attività di scrittura e ricerca, che lo ha reso uno degli analisti politici più apprezzati degli Stati Uniti, con parecchi estimatori anche a sinistra. E proprio alla sinistra, in un certo senso, è rivolto questo libro. Lasciate perdere l'orribile titolo scelto dall'editore HarperCollins (che vuole essere una specie di gioco di parole tra il concetto di "spoil system" e i termini "guasto" e "marcio") e concentratevi sul sottotitolo: "Come la politica clientelare ha corrotto il vecchio, nobile, Partito democratico. E oggi minaccia la repubblica americana". L'argomento è serio. E lo diventa ancora di più in un anno di elezioni presidenziali.
Molti lettori, attirati dal titolo, potrebbero pensare a Spoiled Rotten come a uno dei tanti attacchi ideologici prodotti dalla pubblicistica conservatrice negli ultimi decenni. Senza nulla togliere a questo genere editoriale (alcuni pamphlet sono brillanti, di altri se ne può benissimo fare a meno), il libro di Jay Cost è di un'altra categoria. Si tratta infatti di una storia, ben scritta ed eccellentemente documentata, del Partito democratico dalla fine della Guerra Civile. Come è possibile, si chiede Cost nell'introduzione del volume, che il partito fondato nel 1828 da Andrew Jackson «per opporsi alla corruzione rampante del governo federale» si sia trasformato, nel tempo, in un «collettore di interessi particolari» strutturalmente incapace di governare una società complessa come quella americana?
Cost tratteggia con maestria le vicessitudini storiche di un partito che, fin dalla sua nascita, ha sempre cercato di auto-rappresentarsi come il partito dei poveri, della classe lavoratrice, della Main Street, in opposizione all'avidità senza cuore del big business filo-repubblicano. In realtà, la parabola del Partito democratico ha rappresentato il lento e triste declino di una coalizione politica che oggi rappresenta soprattutto un'alleanza tra gruppi portatori di interessi specifici, completamente dipendenti dalla spesa del governo federale, che si occupano di «scambiare voti con sussidi e benefici». Un quadro impietoso - e per niente distante da realtà politiche a noi più vicine - che da Spoiled Rotten emerge vistosamente in tutta la sua drammaticità.
Con la creazione dello spoil system, nel diciannovesimo secolo, sia il Partito democratico che quello repubblicano hanno usato e abusato di politiche schiettamente clientelari. Ma con il New Deal di Franklin Delano Roosevelt, i democratici hanno iniziato ad utilizzare il potere statale per trasformare intere classi della società in "clienti" del proprio partito. Le macchine elettorali delle grandi città, i segregazionisti del Sud, le organizzazioni sindacali: tutti hanno beneficiato di questo approccio. E i successori di FDR - da Truman a Kennedy, da Johnson a Carter - hanno utilizzato lo stesso meccanismo per irregimentare le comunità afro-americane, gli ambientalisti, le femministe, i lavoratori pubblici e gli insegnanti (l'elenco potrebbe continuare a lungo) in fazioni fedeli al partito.
Il risultato è che dal Partito democratico di Jackson, che rappresentava il popolo americano, o almeno tentava di farlo, si è arrivati al Partito democratico di Barack Obama, che ha l'unico obiettivo di «colonizzare il governo federale per conto dei suoi clienti». Non più in grado di rappresentare gli interessi generali della nazione, lo schema di governo del Partito democratico è ormai rigido ed automatico: «Tassare la classe media per ricompensare i propri clienti, ammantando di retorica idealista il proprio cinico sistema di redistribuzione clientelare». Così, spiega Cost, si è arrivati alla riforma sanitaria di Obama, allo stimulus e al bail-out di banche e industria automobilistica. Non è solo colpa di Obama, come non fu solo colpa di Carter negli anni Settanta o di Johnson con il flop della Big Society, perché il problema è ormai connesso alla natura intrinseca del partito, maturata in quasi due secoli di storia. E minaccia l'esistenza stessa del bipartitismo americano.
Un libro, quello di Jay Cost, che purtroppo non è stato tradotto in italiano (è disponibile, a meno di 20 dollari, su Amazon e nelle maggiori "librerie online"), ma che è consigliatissimo, non solo agli appassionati di storia politica statunitense con tendenze liberali e conservatrici, ma anche - e forse soprattutto - a quei liberal della sinistra che vogliono cercare di capire perché Obama, a novembre, rischia seriamente di essere sfrattato dalla Casa Bianca.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:12