Se uno vi chiedesse: "perché mai dovrei andare a vedere il Riff festival?". Cioè la rassegna che a partire dal 2002 ogni anno mette in mostra la cinematografia indipendente di mezzo mondo grazie all'opera certosina di Fabrizio Ferrari, la risposta sarebbe semplice: "perché sennò quando mai potreste vedere in sala film e documentari di quel livello visto che in Italia i distributori stanno ammazzando il cinema anche di cassetta?". E infatti le scelte di questo Festival che dal 13 al 20 aprile allieta le sale del Nuovo cinema Aquila a Roma, e in talune eccezioni anche la casa del cinema veltroniana del Pincio, sono sempre all'altezza delle attese di chi vi si reca sperando di trovare qualche cammeo nascosto e di vederselo qualche anno prima della sua effettiva distribuzione. È stato ad esempio il caso di "Hunger" di Steve MCQueen che proprio in questi giorni finalmente sarà distribuito in sala: vinse il Riff nel 2008. Ma gli esempi potrebbero essere numerosissimi.
Il fatto è che è molto difficile fare festival di qualità come questo non solo a Roma ma in Italia in genere. Per prima cosa i distributori non danno le sale perché "non ci credono", e chiedono affitti esorbitanti, poi si stabilisce un circolo vizioso a causa del quale anche i registi e i produttori cominciano a gettare la spugna. Se si pensa che a Berlino esiste una sottosezione del Festival, "Panorama", che praticamente funge da Riff festival in Germania, si capisce come in Italia, dove pure esistono almeno tre grossi festival nazionali, Venezia, Roma e Torino, si sia lontani anni luce dalla valorizzazione di una produzione indipendente dalle grandi majors. E per questo che dobbiamo ringraziare Ferrari che ogni anno continua "a crederci" nella sua burbera solitudine e a organizzare non solo per gli addetti ai lavori il Riff. Che per la cronaca è l'acronimo di Roma Indipendent film festival. Va da sé che il Riff funge anche per un'altra essenziale categoria dello spirito per i cinefili: vedere tutti i film in lingua originale con i sottotitoli. Cosa che nei paesi più evoluti del nostro è quasi prassi costante. Laddove da noi si preferisce far lavorare la mafietta del doppiaggio, burocrazia spietata e inutile e spesso dannosa ai film. Fatta questa doverosa premessa non resta che segnalare tre film che quest'anno più di altri caratterizzano il festival che, come tutti quelli di questo tipo, non è tanto importante per chi lo vince ma per chi ci partecipa. Anche se poi le scelte della giuria si rivelano molto in linea con quelle del pubblico come nel caso di "Hunger".
Venerdì 13 aprile le danze serali sono state aperte da "Aspromonte", già visto proprio nel mercato parallelo di Berlino. La pellicola di Hedy Krissane, riassunta all'osso, è una commedia all'italiana sulla falsariga di "Benvenuti al Sud" ma molto più intelligente e calata nel sociologico calabrese con punti di auto ironia quasi esilarante. L'ha prodotta il coraggioso Luca Perna con la partecipazione del comico Franco Neri, che per la verità è il più impacciato nella recitazione. La trama è semplice: un imprenditore della Brianza, Torquato Boatti, origini calabresi rinnegate, per realizzare l'affare immobiliare della sua vita, ha bisogno della firma del fratello Marco (musicista) cointestatario, con il quale non corre buon sangue. Così Torquato si mette alla ricerca di suo fratello con lo scopo di parlargli e convincerlo a firmare. Scopre che è in tour con la sua band musicale proprio in Aspromonte e lo raggiunge. I due si incontrano e litigano, ma quando Torquato cerca la riconciliazione, Marco sembra essere scomparso. A questo punto si innesca l'equivoco del rapimento che porterà l'imprenditore brianzolo a percorrere con una jeep del "Corpo Forestale dello Stato" l'Aspromonte e la provincia reggina. Naturalmente la comicità gioca tutto sull'equivoco secondo cui in Aspromonte la gente dovrebbe essere tutta soggetta alla 'ndrangheta e ai sequestratori. L'industriale di origini calabresi che rinnega la propria identità scoprirà invece un mondo insospettato: natura incontaminata e panorami mozzafiato, culture antiche e minoranze linguistiche, la genuinità e la generosità degli abitanti. Nonchè la marijuana che cresce spontanea. Il soggetto del film è del professor Tonino Perna, che sull'Aspromonte aveva già scritto un saggio edito da Bollati Boringhieri (Torino, 2002), vincitore nel 2003 e 2004 di due premi nazionali per la sezione "Ambiente" ("Carlo Bo" Università di Urbino e "Premio Gambrinus" Regione Veneto).
Altri due bei film, segnalatici dall'instancabile ufficio stampa del Riff (Elisabetta Colla), sono il turco "Girls of hope" ("Umudun kizlari") e il ceco "Love in the grave" ("Làska v robè"), rispettivamente della regista turca Aysegul Selenga Taskent e di quello ceco David Vondracek. "Girls of hope" è un documentario sulla terribile condizione dell'analfabetismo femminile nell'Anatolia, nelle regioni rurali dove le ragazze non vengono mandate a scuola ma anzi promesse spose a cugini ricchi o conoscenti della famiglia fin dalla prima infanzia. È un film che parla di una difficile se non quasi impossibile emancipazione femminile in zone strette tra l'islam ortodosso, l'ignoranza e la ruralità. Nelle regioni orientali e sudorientali della Turchia, il tasso di analfabetismo tra le donna sfiora il 45%. Per anni, Governo, Ong e singole persone si sono sforzati di migliorare questa situazione. Tuttavia, difficoltà economiche e rigide tradizioni impediscono ancora a molte ragazze di accedere all'istruzione. Girato soprattutto a Van, nella Turchia dell'est, il documentario ritrae alcune delle ragazze che lottano per la loro istruzione e, malgrado tutti gli ostacoli, cercano di conservare la speranza in un futuro migliore.
Il film di Vondracek invece è un classico della cinematografia sperimentale cosiddetta gotica. È ambientato agli inizi del ventunesimo secolo: un gruppo di senzatetto trova alloggio nel cimitero tedesco evangelico di Praga - Strašnické. Tra loro c'è una coppia di eterni fidanzati, Jana, che ha l'età di Cristo, 33 anni, e Jan, di 50 anni. Appena Jana e Jan si sono sistemati nella tomba neo-gotica la polizia fa irruzione nel cimitero. E sgombra tutti i diseredati. Il film è stato realizzato con lo stile di "documentario di osservazione" tra il 2007 ed il 2011. Quindi non va confuso con uno dei tanti "mockumentary". Comunque in gara ci sono moltissime altre pellicole degne di essere viste e il Riff anche nell'edizione 2012 non va assolutamente perso. Specie per quei cinefili che a Roma stanno diventando merce rara così come i film di qualità.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:31