II
POLITICA
II
Indice liberalizzazioni Ibl: l’Italia diMontimigliora
di
FEDERICO PUNZI
ario Monti è «l’uomo giuto,
al posto giusto, nel momen-
to giusto». Non si è certo rispar-
miato il segretario generale del-
l’Ocse, José Ángel Gurría,
nell’esprimere il proprio apprez-
zamento per l’operato del governo
e, in particolare, per il presidente
del Consiglio. Felicitazioni a tutti
i ministri e al premier ha assicu-
rato di poter «contare sull’Ocse
per il lavoro da portare avanti».
La conferenza di ieri, in cui è stato
presentato un voluminoso studio
sulle riforme strutturali in Italia,
è stata l’occasione per una vera e
propria celebrazione, piuttosto ir-
rituale per la severa Ocse, delle
politiche del governo Monti. «Ne-
gli ultimi due anni – ha ricono-
sciuto Gurria – l’Italia ha fatto
sforzi notevolissimi per accelerare
il ritmo di riforme strutturali che
da tempo dovevano essere poste
in essere». Riforme definite «co-
raggiose, ambiziose e di ampio re-
spiro», capaci di produrre nei
prossimi 10 anni una crescita del
Pil di addirittura 4 punti percen-
tuali.
Nello studio, circa 50 pagine,
vengono passati in rassegna diver-
si capitoli: produttività e compe-
titività; sostenibilità fiscale; con-
correnza e semplificazioni; peso
della burocrazia; corruzione; in-
novazione e istruzione; mercato
del lavoro; mobilità e coesione so-
ciale. L’Ocse non rinuncia al suo
ruolo di esaminatore e suggeritore
M
di politiche pubbliche, ma questa
volta non ha voluto nascondere
di considerare l’Italia di Monti un
best case
,
un caso di successo, tra
i paesi europei, dell’azione rifor-
matrice, ancor prima che i risul-
tati si manifestassero in dati con-
creti. Certo, guai ad allontanarsi
dalla strada intrapresa. Anzi, le ri-
forme «devono essere pienamente
attuate», «fino in fondo». «Non
si può tornare indietro, smontan-
do le riforme compiute», ammo-
nisce Gurria, «bisogna garantire
continuità nei prossimi anni». Il
migliore sponsor per un Monti-
bis, insomma. Considerando i toni
entusiastici, forse senza preceden-
ti, e che siamo a pochi mesi dalle
elezioni politiche, in un clima di
massima incertezza, è sembrato di
assistere ad un vero e proprio
en-
dorsement
ad un Monti-bis da
parte dei vertici dell’Ocse. E non
è l’unica istituzione internaziona-
le: qualcuno ha forse udito la
Commissione Ue eccepire qualco-
sa sul netto peggioramento delle
stime governative su deficit e Pil
di quest’anno e del prossimo?
Un
endorsement
che al profes-
sore non è dispiaciuto: «È troppo
presto per abbandonare il rigore,
va sempre mantenuto», ma il
2013
sarà «un anno in crescita»,
anche se «il motore dell’economia
si riavvierà lentamente perché
trattenuto dal peso del passato».
Il premier ha poi rivendicato a
suo merito che «grazie all’azione
di questi mesi l’Italia si è tolta dal-
la lista dei paesi che rappresenta-
no un problema per la stabilità
dell’area euro», osservando inoltre
–
un messaggio piuttosto chiaro
ai partiti – che «gli italiani stanno
dimostrando di non essere parti-
colarmente ostili» nei confronti
di coloro che hanno fatto le rifor-
me: «Li abbiamo persuasi che so-
no nel loro interesse».
Tra le riforme, l’Ocse invita a
proseguire sulla strada delle libe-
ralizzazioni. In questo campo im-
portanti passi avanti vengono re-
gistrati anche dall’Istituto Bruno
Leoni, nel suo annuale “indice
delle liberalizzazioni”. La cura
Monti, ma anche le amare medi-
cine prescritte dall’Ue, hanno fatto
bene al paziente, anche se è anco-
ra troppo poco perché i migliora-
menti si traducano in vantaggi ef-
fettivi per i consumatori e in un
contributo sensibile alla crescita.
L’indice misura il grado di libera-
lizzazione dell’economia conside-
rando l’apertura alla concorrenza
di sedici settori rispetto al paese
europeo più “liberalizzato” in cia-
scuno di essi. Complessivamente
l’Italia è al 52%, dunque ancora
non sufficiente, sebbene in miglio-
ramento di tre punti rispetto allo
scorso anno.
Siamo più “liberalizzati” in
dieci settori, mentre tre restano
stabili e tre arretrano (tra cui il fi-
sco), seppure in misura poco si-
gnificativa. I miglioramenti più
importanti si registrano nel settore
autostradale (+12, dal 28 al
40%),
grazie alla nascita del-
l’Agenzia per le infrastrutture stra-
dali e autostradali, che ha consen-
tito di ridurre i conflitti di
interesse; nelle professioni (dal 47
al 52%), grazie alla rimozione dei
vincoli all’esercizio della profes-
sione in forma societaria; nel mer-
cato elettrico e nelle poste (an-
ch’essi +5). Anche nel 2012 il
settore più liberalizzato risulta es-
sere il mercato elettrico (77% ri-
spetto al Regno Unito), seguito
dai mercati finanziari (66% ri-
spetto alla Svizzera) e dal traspor-
to aereo (65% rispetto all’Irlan-
da). I settori meno liberalizzati so-
no servizi idrici (19% rispetto al
Regno Unito), ferrovie (36% ri-
spetto alla Svezia) e autostrade
(40%
rispetto alla Spagna).
«
Per la prima volta da quando
misuriamo l’Indice nel 2007 – os-
serva Carlo Stagnaro, direttore ri-
cerche dell’Ibl – quest’anno regi-
striamo una tendenza coerente,
anche se moderata, di quasi tutti
i settori indagati alla maggiore
apertura alla concorrenza». «In
buona parte» il merito del miglio-
ramento va attribuito alle riforme
del governo Monti «che, per
quanto timide, segnano una cesu-
ra rispetto al passato e mettono
in moto un processo che, presu-
mibilmente, l’anno prossimo por-
terà a ulteriori passi avanti», ma
anche al recepimento di direttive
europee, come nel caso dei servizi
postali. Ma «la strada da percor-
rere – avverte Stagnaro – resta an-
cora molto lunga, perché nuove
criticità s’intravvedono all’oriz-
zonte, in particolare nel mercato
elettrico dove la parte contendi-
bile dell’offerta si sta restringendo
a vista d’occhio a causa del boom
della produzione sussidiata». I
forti conflitti di interesse, la man-
canza di regolatori indipendenti
(
dov’è la promessa Autorità dei
trasporti, istituita a gennaio?) e
una rilevante presenza pubblica
costituiscono ancora formidabili
ostacoli alla concorrenza e alla
crescita economica.
Inusuale endorsement
del segretario generale
dell’Ocse, José Ángel
Gurría, al Monti-bis
Stagnaro (Ibl): «Prima
inversione di tendenza
dal 2007, ma la strada
è ancora lunga»
Pdl, tra voglia di rottamazione e resistenze romane
onsiderando quel che si sta
verificando in tutto il ter-
ritorio nazionale non sembra si
possa dire che questo Pdl sia il par-
tito del futuro», è il pensiero di Ni-
cola Cristaldi, sindaco di Mazara
del Vallo ed ex parlamentare del
Pdl. «Così non va, dicono da Roma
a Trapani. Da quando Silvio Ber-
lusconi ha lasciato la guida del par-
tito non pare che vi siano stati
cambiamenti radicali tali da far di-
re che il Pdl stia disegnando la stra-
da di domani - stigmatizza Cristaldi
-.
Anzi, è del tutto evidente che vi
sono più difficoltà del previsto.
Dentro il Pdl era maturata una
convinzione, o forse una speranza,
che portava a ritenere la guida di
Angelino Alfano quella necessaria
per un cambiamento o se si vuole
per il rinnovamento del partito. Ed
invece? Invece non solo nulla è
cambiato ma addirittura l’amma-
lato si è aggravato». «Il Pdl affron-
terà queste elezioni regionali in Si-
cilia con le ali abbassate e con una
certa apprensione, - osserva il sin-
daco di Mazara - stante che rischia
di essere il partito dal quale sono
più numerosi quelli che se ne vanno
piuttosto che quelli che arrivano.
E se la gente va via senza un ricam-
bio, che futuro si può ipotizzare per
il Pdl? A questa considerazione si
aggiunga la prepotenza e la miopia
di chi pensa che nulla sia cambiato
in questi ultimi mesi nell’opinione
pubblica intorno al Pdl - conclude
Cristaldi -. Questa miopia spinge i
vertici del partito a non affrontare
il problema alla radice». Cristaldi
«
C
parla alla Sicilia perché l’intera Ita-
lia di centro-destra intenda. Ma nel
Pdl di Palermo come di Milano e
di Bari come di Venezia soffia il
vento della rottamazione, ed il mo-
nito sembrerebbe «una classe diri-
gente paragonabile a quella del ‘93-
’94».
Un monito che rimbomba in
tutto lo Stivale tranne che nel La-
zio, territorio squarciato dalla lotte
intestine tra le tante fazioni pidiel-
line: «A Roma le puoi incontrare
tutte - ci spiega un amministratore
che chiede riserbo - pidiellini mu-
nicipali in lotta tra loro, comunali
allo sbando, provinciali in attesa
di buone nuove e regionali in guer-
ra tra loro. La confusione è massi-
ma».
Se nel Lazio tutto tace e rimane
avvolto nelle melme, invece nelle
altre regioni d’Italia il fermento dei
“
rottamatori pidiellini” si fa sentire:
è il caso della Puglia, dove i due
consiglieri “rottamatori”Massimo
Posca e Filippo Melchiorre (en-
trambi siedono nel consiglio comu-
nale di Bari) non ci stanno a far
morire il Pdl a causa d’una classe
dirigente immobilista.
E proprio dalla Puglia fanno sa-
pere che «le sorti dell’intero Pdl na-
zionale non possono dipendere da
certi giochi romani» ed aggiungono
di sapere che «il Pdl è un partito
dove in una certa regione (alludono
al Lazio) chi non condivide una de-
terminata linea deve uscire dal par-
tito».
E pensare che proprio nella la-
ziale Frosinone era sbocciato, e con
un certo successo di votanti, l’espe-
rimento delle primarie del Pdl: una
democratizzazione a cui è subito
seguita la fase brezneviana, se in
tutte le regioni d’Italia è lecito dis-
sentire dal Pdl e rimanere, invece
nel Lazio chi dissente viene messo
alla porta.
Anche l’Emilia-Romagna di Isa-
bella Bertolini (storica parlamen-
tare Pdl) non ci sta a far morire il
partito per l’atavico immobilismo
romano. «No all’accanimento te-
rapeutico per il Pdl - dice la Berto-
lini -. Continuare a somministrare
l’aspirina al moribondo non serve
ed anzi ritarda scelte politiche im-
portanti per il futuro. La nomen-
clatura del partito la smetta di pen-
sare solo alla propria rielezione e
a quella dei loro amici di corrente.
È - rileva la parlamentare - un at-
teggiamento che ha prodotto tanti
guasti e il fallimento politico del
progetto Popolo della Libertà e che
oggi sta portando nel burrone quel
poco di buono che è rimasto. Me-
glio che i capi del Pdl ne prendano
atto e non si facciano assalire dalla
sindrome del bunker. Chi non è di
sinistra - spiega la Bertolini - ha il
diritto di avere una classe dirigente
che pensi al futuro, avanzi proposte
e strategie per il Paese. Invece ci so-
no i ladri, le ruberie, le beghe in-
terne e soprattutto nessuna azione
politica. Per dimostrare di aver
compreso bene il momento stori-
co-politico, tutti gli attuali capi cor-
rente, che sono le stesse persone da
ormai vent’anni, facciano un passo
indietro. Sarebbe la prima pietra
per consentire - conclude la Berto-
lini - la costruzione di una nuova
casa per gli Italiani».
Si ha la netta impressione che il
Pdl laziale sia imbrigliato, e fin dai
suoi livelli più bassi, nella logica
stalinista che «il partito ha sempre
ragione», soprattutto i capi del par-
tito hanno sempre ragione. «Forse
è questo il vero motivo che non ve-
de spuntare alcun rottamatore pi-
diellino nel Lazio», fa notare Mas-
simo Posca.
Anche Maurizio Lupi (Pdl e vi-
cepresidente della Camera) ammet-
te in un’intervista al
Messaggero
che «impressiona che nel Consiglio
regionale del Lazio tutti fossero
d’accordo... ho sentito le interviste
di Fiorito dove si rappresenta una
vita interna al partito in termini di
faide. Ma si può tollerare questo?
Mi chiedo dove formiamo, selezio-
niamo e educhiamo la nostra co-
munità politica».
RUGGIERO CAPONE
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 25 SETTEMBRE 2012
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