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ESTERI
II
Minsk, Lukashenka al 100%
Altro che elezioni bulgare!
di
STEFANO MAGNI
omenica le elezioni in Bielo-
russia sono state vinte dallo
schieramento che sostiene il presi-
dente Alexander Lukashenka. Ma
“
vinte” è solo un eufemismo, in
questo caso particolare. Il gruppo
costituito dal Partito Liberaldemo-
cratico, dal Partito Repubblicano
Lavoro e Giustizia e dal Partito So-
cialista ha ottenuto 105 seggi su
110.
Un seggio è ancora in ballot-
taggio e gli altri 4 sono andati a due
piccoli partiti, quello Comunista e
quello Agrario, che, pur non essen-
do al governo, sostengono il presi-
dente Lukashenka. In sintesi: nel
parlamento di Minsk non esistono
più opposizioni. Nell’attesa dei ri-
sultati dell’unico ballottaggio, si
tratterebbe di un caso spettacolare
di vittoria al 100%, uno o due pun-
ti percentuali in più rispetto alle
proverbiali “elezioni bulgare”, che,
durante il regime comunista, dava-
no la vittoria al Partito (unico) al
98%
o al 99%. “Elezioni bielorus-
se”, d’ora in avanti, potrebbe di-
ventare la giusta definizione. Benché
Alexander Lukashenka affermi che
si sia trattato di una “prova di ma-
turità democratica” della Bielorus-
sia e gli osservatori della Comunità
degli Stati Indipendenti (l’ex Urss)
gli diano pure ragione, gli osserva-
tori dell’Osce non sono d’accordo.
«
Una tornata elettorale è libera
D
quando i candidati sono liberi di
parlare, organizzare e competere
per i loro seggi – dichiara Matteo
Mecacci, alla testa della missione
degli osservatori Osce – e noi non
abbiamo visto niente di tutto ciò
durante la campagna elettorale».
Dove è finita la minoranza? In
parte è in galera. In parte non ha
potuto registrarsi. In gran parte si
è astenuta dalla partecipazione al
voto ed ha invitato gli elettori a sta-
re a casa, proprio per protestare
contro la detenzione di prigionieri
politici. È questa la linea seguita dal
Fronte Nazionale Bielorusso (con-
servatore cristiano) e dal Partito
Unità Civica (democratico), che
hanno ritirato i loro candidati una
settimana prima del voto ed hanno
invitato all’astensione. I loro appelli
sono stati del tutto oscurati dai me-
dia, tutti controllati dallo Stato. Al-
tri tre partiti d’opposizione, il Par-
tito Socialdemocratico (quello sto-
rico, Hramada, esistente già
all’epoca dell’Impero Russo), Mon-
do Giusto (sinistra socialista) e il
movimento “Verità” hanno provato
a competere, ma senza ottenere al-
cun seggio.
Stando agli osservatori, il gover-
no di Minsk ha ottenuto il suo
100%
di voti con un mix di basto-
ne e carota. Pullman gratis e lauti
pasti per portare la gente al voto.
Arresti arbitrari e minacce di licen-
ziamento (in un Paese in cui quasi
tutti i posti di lavoro sono statali)
per chiunque apparisse come un
oppositore. Gli osservatori hanno
rilevato anche casi di pestaggio di
giornalisti che provavano a docu-
mentare la campagna elettorale. Pri-
ma del voto, è stata vietata ogni
manifestazione e punito severamen-
te ogni volantinaggio. Subito dopo
il voto, una venti giovani, ieri mat-
tina, sono stati arrestati a Minsk
mentre provavano ad organizzare
un loro monitoraggio indipendente
dello spoglio delle schede. Secondo
le autorità bielorusse, l’affluenza è
stata al 74,3% degli aventi diritto
al voto. Secondo l’opposizione, il
dato reale è circa la metà. Dunque:
nemmeno il 40%. E secondo Lu-
kashenka, gli oppositori che non
sono andati a votare sono dei «vi-
gliacchi».
Pakistan: caccia al “blasfemo”, chiesa colpita
K
Pakistan, la protesta contro il film“blasfemo” ha scatenato lo
jihadismo, dalla taglia sulla testa del regista (100mila dollari) emessa
dal ministro dei Trasporti, alla distruzione di una chiesa anglicana
Paul Ryan: «Come
salveròMedicare»
Spariti tutti i partiti
d’opposizione
nel Parlamento
della Bielorussia,
fra minacce e arresti.
I risultati di un voto
che, secondo l’Osce,
non è libero, né regolare
C’è del marcio a Pechino
Condannato ancheWang
aul Ryan, candidato vicepresi-
dente repubblicano, ha smentito
uno dei più ripetuti e diffusi luoghi
comuni di questa campagna elet-
torale: una vittoria di Romney pri-
verà gli anziani di un’assistenza me-
dica. Non è vero. Gli anziani, che
usufruiscono del servizio pubblico
del Medicare, avrebbero (se vinces-
se il “ticket” repubblicano) un’altra
forma di assistenza pubblica, basata
sui buoni-sanità. Mentre, mante-
nendo l’attuale sistema, già in rosso,
rischierebbero, sì, di restare senza
cure. Di più: Ryan accusa l’ammi-
nistrazione Obama di voler tagliare
arbitrariamente i servizi di Medi-
care, prelevando dalle sue casse ben
716
miliardi di dollari destinati a
foraggiare l’Obamacare. E di fronte
alla fine inevitabile delle risorse a
disposizione, Obama intende affi-
dare la “cura dimagrante” di Me-
dicare a 15 funzionari non eletti.
Il messaggio è stato ricevuto dai
lettori e dagli ascoltatori del quo-
tidiano
NewsMax
:
Paul Ryan ha
rilasciato, infatti, le sue dichiara-
zioni alla tv del giornale. La gran
maggioranza dei media, sia negli
Usa che in Europa, invece, continua
a ripetere solo la versione dei fatti
secondo Obama. Quella, cioè, della
“
soppressione di Medicare” da par-
te dei Repubblicani. Secondo questa
versione dei fatti, gli attuali assistiti
da Medicare, dovrebbero sborsare,
6000
dollari, pagati di tasca pro-
P
pria. Ryan smentisce questa stima:
«
Prima di tutto, questa previsione
statistica, non solo è fuorviante. Ma
è anche sbagliata». E spiega che:
«
Il miglior modo per salvare Me-
dicare e rafforzarla, per mantenere
le promesse fatte alla generazione
delle nostre mamme, è una riforma
per la mia generazione. Perché al-
trimenti Medicare andrebbe in ban-
carotta». A ciascuno dei cittadini
con 54 anni o meno di età, secondo
le linee della sua riforma, verrebbe
data una «lista di opzioni di coper-
tura sanitaria garantita, compresa
l’attuale Medicare». Largo al libero
mercato, insomma: «Noi pensiamo
che il potere di 50 milioni di citta-
dini anziani, ciascuno in grado di
scegliere il piano di copertura che
meglio si adatta alle proprie esigen-
ze, produca dei risultati molto mi-
gliori rispetto ad un piano di Oba-
ma, in cui le decisioni verrebbero
prese da soli 15 uomini». La com-
petizione fra privati dovrebbe, lo-
gicamente, portare ad una riduzio-
ne dei prezzi.
Estendendo il discorso all’eco-
nomia, in senso lato, Ryan ribadisce
che la ripresa sarà ricercata soprat-
tutto tramite una riforma fiscale. I
tagli della spesa pubblica? Ryan
promette che non saranno decisi
dal governo federale, ma saranno
votati, democraticamente, dal Con-
gresso.
(
ste. ma.)
ang Lijun, l’ex “uomo forte”
di Chongqing, provincia-mo-
dello della Cina, è stato condannato
a 15 anni di carcere dopo un rapido
processo. È stato incarcerato per
«
Distorsione della legge a fine egoi-
stici, defezione, abuso di potere e
corruzione». La vicenda di Wang
Lijun non può essere compresa, se
non viene letta all’interno di
un’epurazione in corso nel Partito
Comunista Cinese. Wang, infatti,
era il braccio destro (e operativo)
di Bo Xilai, il dirigente di Chon-
gqing. Bo è stato espulso dal partito
per “indisciplina”. Sua moglie, Gu
Kailai, è stata condannata a morte.
Solo formalmente, perché la sen-
tenza è sospesa. L’accusa, nei suoi
confronti, è di omicidio: avrebbe
fatto assassinare l’uomo d’affari bri-
tannico Neil Heywood. Il ruolo del-
la polizia sarebbe stato fondamen-
tale: gli agenti agli ordini di Wang
avrebbero infatti nascosto le prove
per evitare lo scandalo. Poi sarebbe
scoppiato un dissidio fra Wang e la
moglie di Bo e allora il “superpoli-
ziotto” avrebbe ordinato ai suoi uo-
mini di riportare alla luce le prove
che la incriminavano. Quattro uf-
ficiali della polizia di Chongqing
hanno ammesso di aver nascosto le
prove. Anche loro sono stati licen-
ziati e condannati a pene detentive
minori: dai 4 agli 11 anni. Di Bo
Xilai, epicentro di tutto lo scandalo,
non si sa più nulla dalla scorsa pri-
W
mavera, cioè dai tempi della sua
estromissione dal Partito. In quei
giorni, Wang aveva tentato la fuga,
rifugiandosi nel consolato statuni-
tense. Poi era sceso a patti con la
giustizia. Adesso si sa che rimarrà
vivo e che la sua pena consiste in
15
anni di galera (ridotti dai 20 pre-
visti, proprio per la sua disponibilità
a cooperare). Il suo processo, par-
zialmente pubblico (una seduta a
porte chiuse e l’altra aperta ai gior-
nalisti) ha contribuito a gettare ul-
teriore fango sull’ex dirigente in
ascesa Bo Xilai.
Tutto quanto raccontato finora
è la versione ufficiale dei fatti for-
nita dall’agenzia cinese Xinhua.
Non è lecito metterla in discussione.
Ma resta “qualche” dubbio. Prima
di tutto sulle accuse: si tratta “solo”
dell’omicidio di un uomo d’affari?
O c’è ben altro sotto? La difesa di
Gu Kailai parla di una storia di ri-
catti. Heywood avrebbe addirittura
minacciato Gu Kailai e la sua fami-
glia. Ma su cosa l’avrebbe ricattata,
ammesso che sia vero che la stesse
ricattando? Subito dopo l’epurazio-
ne, per “indisciplina” di Bo Xilai,
fonti cinesi del New York Times
avevano parlato di una rete di spio-
naggio messa in piedi dal dirigente,
ai danni dei dirigenti del Partito.
Avrebbe intercettato tutte le loro
conversazioni, origliando anche
quel che diceva il presidente Hu Jin-
tao.Wang Lijun, suo braccio destro,
sarebbe stato l’architetto di tutto il
piano clandestino. E perché mai, Bo
Xilai avrebbe fatto tutto questo?
Perché a ottobre saranno rinnovate
le massime cariche del Partito e del-
lo Stato. Ed evidentemente (se le
fonti del New York Times non
mentono), Bo avrebbe voluto avere
in mano una forte arma di ricatto.
Perché c’era molto su cui ricattare,
a quanto pare. C’è del marcio in Ci-
na, dunque, molto più che in Da-
nimarca. Per Pechino, prima del rin-
novo dei suoi vertici, ora è
importante metter fine allo scandalo
il più rapidamente possibile. Pro-
cessando i principali attori della vi-
cenda, concentrando le accuse su
un unico caso di omicidio e chiu-
dendo la partita con punizioni nep-
pure troppo severe.
GIORGIO BASTIANI
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 25 SETTEMBRE 2012
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