II
POLITICA
II
No alla scuola come“assumificio”oper fare cassa
di
FEDERICO PUNZI
a una parte il governo, che
inserendo nella legge di sta-
bilità l’aumento delle ore di le-
zione per docente a stipendio in-
variato dimostra di essere
interessato unicamente a fare cas-
sa; dall’altra la difesa corporativa
degli insegnanti e la levata di scu-
di, «a tutela dei docenti», della
solita sinistra politica e sindacale,
che perseverano nella loro conce-
zione della scuola pubblica come
“
assumificio”, principale causa
del disastro educativo italiano.
Nessuno sembra attribuire la giu-
sta centralità all’interesse degli
studenti, né porsi il problema del-
la qualità del servizio e dell’effi-
cienza del sistema. E intanto in-
furia il dibattito: tra chi difende
gli insegnanti, ricordando la cen-
tralità del loro ruolo educativo e
quanto siano sottopagati, e sot-
tolineando l’ingiustizia di dover
lavorare sei ore in più a settimana
a paga invariata; e chi li attacca,
considerandoli alla stregua di
“
fannulloni”, dal momento che
nessuna categoria può nemmeno
sognarsi un orario di 18 o 24 ore
settimanali e, anzi, molti lavora-
tori di fatto sono più vicini alle
50
che alle 40 ore. Hanno ragio-
ne e torto entrambi gli schiera-
menti. Il problema è che per come
è strutturato oggi il nostro siste-
ma scolastico ci sono insegnanti
–
pochi, si ha l’impressione – che
per la gloria, per senso del dovere
o per passione lavorano molto
più di 18 ore, offrendo un servi-
zio di qualità. Sono costoro che
mandano avanti la “baracca”, tra
mille difficoltà e mal pagati.
Dovrebbe però essere interesse
proprio di questi insegnanti che
venga smantellato un sistema che
permette a troppi loro colleghi di
“
imboscarsi”, di fare il minimo
sindacale e, quindi, di abbassare
il livello qualitativo della nostra
istruzione, pur percependo esat-
D
tamente lo stesso stipendio. Dal-
l’esperienza delle famiglie e dalle
testimonianze degli insegnanti,
che parlano di classi ormai di 30
alunni, emerge un quadro smen-
tito dalle statistiche ufficiali (Ocse
su dati del 2010, gli ultimi dispo-
nibili). In Italia si registrano me-
die di 18,8 alunni per classe nella
scuola primaria e di 21,3 nella se-
condaria inferiore, entrambe mol-
to inferiori a quelle di Francia
(22,6
e 24,3) e Germania (21,5 e
24,7).
Il rapporto studenti/inse-
gnanti nelle scuole secondarie è
di 11,9 alle medie e 12,1 alle su-
periori (14,9 e 13,2 in Germania;
13,7
e 13,8 la media Ocse). Il
rapporto peggiora se si escludono
gli insegnanti di sostegno e di re-
ligione (Ocse su dati 2009): 11
studenti ogni insegnante (13,3
nelle scuole tedesche, 12,5 in
quelle francesi, mentre la media
Ue21 è di 12,1 e la media Ocse
di 13,5). Siamo sotto la media an-
che nei giorni di scuola l’anno
(175,
contro i 193 in Germania,
i 190 nel Regno Unito, i 184 del-
la media Ue21 e i 180 degli Stati
Uniti) e nelle ore annue di inse-
gnamento frontale per insegnan-
te: 630 sia nelle scuole medie che
nelle superiori, mentre in Germa-
nia rispettivamente 756 e 713 ore
e la media Ocse è di 704 e 658.
Ma la didattica frontale non do-
vrebbe esaurire il carico di lavoro
degli insegnanti. E infatti nella
maggior parte dei paesi Ocse è
previsto un numero complessivo
di ore di lavoro settimanali all’in-
terno del quale vengono specifi-
cate le ore minime di lezione,
mentre nelle ore rimanenti agli
insegnanti viene richiesto di ri-
manere a disposizione della scuo-
la, o comunque di dedicarsi al lo-
ro lavoro, per attività di
insegnamento e non (preparazio-
ne delle lezioni, correzione dei
compiti eccetera). In Italia non è
così: vengono specificate sola-
mente le ore minime di insegna-
mento frontale. Gli insegnanti te-
deschi devono lavorare 1793 ore
l’anno, quelli inglesi 1265, quelli
americani quasi 2.000 ore, men-
tre la media Ue21 è di 1.584.
Qualcuno vuole dimostrare che
tutti i nostri insegnanti lavorano
altrettanto? Si accomodi. E’ evi-
dente che mentre molti fanno fi-
no in fondo il loro dovere, dedi-
cando alla scuola un numero di
ore molto superiore a quelle di
lezione formalmente richieste, al-
trettanti se ne infischiano e si li-
mitano al minimo. E per di più
non c’è nemmeno una valutazio-
ne ex post del lavoro effettiva-
mente svolto. E’ vero fino ad un
certo punto, invece, che i nostri
insegnanti sono sottopagati ri-
spetto ai loro colleghi dei paesi
simili al nostro. In Italia guada-
gnano (valori espressi in USD
PPPs) 29.122 ad inizio carriera,
36.582
dopo 15 anni, e 45.653 a
fine carriera. Molto meno rispetto
alle retribuzioni tedesche (rispet-
tivamente 53.963, 66.895 e
76.433),
come d’altra parte tutte
le categorie di lavoratori, ma più
o meno quanto gli insegnanti
francesi (27.420, 35.819,
51.560),
inglesi (30.204 e 44.145)
e alle medie Ue21 (31, 42 e 50
mila) e Ocse (31, 41 e 49 mila).
Al livello retributivo va comun-
que attribuita grande importanza
per la qualità del servizio. Oltre
che corrispondere ad una presta-
zione lavorativa, infatti, esercita
un indubbio effetto attrattivo: li-
velli più elevati attirano nella pro-
fessione elementi migliori. Ciò
che emerge dai dati è che gli in-
segnanti delle scuole medie e su-
periori italiane hanno un carico
didattico di aula, ma soprattutto
complessivo, e una retribuzione
inferiori rispetto agli altri paesi
Ocse simili al nostro e alla media
Ue21.
Dunque, lavorano poco e gua-
dagnano anche poco, ma il siste-
ma crea enormi disparità, tra in-
segnanti che lavorano molte più
ore della media e altri che si limi-
tano al minimo sindacale, pur
percependo lo stesso stipendio dei
colleghi più impegnati. Il combi-
nato disposto di basso rapporto
tra studenti ed insegnanti, ridotto
numero di studenti per classe (in-
feriore alla media Ocse), del ri-
dotto numero di ore di lezione
per insegnante (inferiore alla me-
dia OCSE) a fronte di un elevato
monte ore in aula degli studenti
(
superiore alla media Ocse), sug-
gerisce una sottoutilizzazione, o
quanto meno un inefficiente uti-
lizzo, del corpo insegnante. Un
eccesso di insegnanti e personale
non docente a fronte della caren-
za di strutture e investimenti, e la
totale assenza di retribuzioni dif-
ferenziate sulla base di valutazio-
ni quantitative e qualitative, quin-
di di una carriera per merito,
continuano ad essere i nodi più
urgenti da sciogliere. «L’avvio di
un patto per la scuola», come au-
spica il ministro Profumo, per mi-
gliorarla, è doveroso, consideran-
do lo stato penoso in cui versa,
ma a partire dal contratto di la-
voro, non dalla legge di stabilità,
che è una legge di bilancio, tanto
che dall’aumento delle ore di le-
zione per insegnante il governo
punta a risparmiare, a regime, ol-
tre 700 milioni di euro l’anno,
senza provvedere ad una riforma
sistemica, in particolare dello sta-
tus dei docenti.
Nel nostro sistema
scolastico ci sono pochi
insegnanti che per gloria
e senso del dovere
o per passione lavorano
molto più di 18 ore,
offrendo un servizio
di ottima qualità
La situazione nel nostro
paese si distingue
dal resto dell’area Ocse.
I professori tedeschi
devono lavorare 1793
ore l’anno, quelli inglesi
1265.
InAmerica
le ore sono quasi 2.000
segue dalla prima
Province: Patroni
Griffi eAdriano
(...)
E perché mai gli accorpamenti tra pro-
vince sono stati previsti all’interno delle at-
tuali regioni e non secondo la logica del ter-
ritorio? Che dire, poi, del fatto che il riordino
non riguarda le province delle regioni a sta-
tuto speciale? Il ministro Patroni Griffi ha
sostenuto che il decreto è solo il primo passo.
«
Bisognerà andare avanti riflettendo sulle
Regioni e sul numero dei comuni: 8 mila so-
no troppi e la metà ha meno di cinquemila
abitanti». Ma se la riflessione, come è capi-
tato per le province, dovesse portare il go-
verno ad applicare in nome dell’emergenza
il criterio ottuso del numero, è meglio che al
paese vengano risparmiate riflessioni del ge-
nere. Semmai sarebbe più opportuno che i
tecnici dei ministero della Pubblica Ammi-
nistrazione rinuncino alla matematica e diano
una ripassata alla storia. Magari partendo
dalla divisione dell’Italia in province fatta
prima da Augusto, poi da Adriano e succes-
sivamente da Costantino. Che non erano tec-
nici. Ma almeno erano consapevoli che i nu-
meri, senz’anima, fanno solo disastri.
ARTURO DIACONALE
Il Napolitano
degli americani
(...) (
la nuova legge voluta da Obama e vo-
tata anche dai Repubblicani), è stato auto-
rizzato l’uso civile dei droni militari a scopo
di sorveglianza. Non appena il Congresso
darà il via libera, oltre 30mila droni, già in
possesso delle forze di polizia locale, saranno
liberati nei cieli americani, sotto il controllo
dell’Air Force, per scovare potenziali pericoli
per la sicurezza nazionale ma anche pezzi di
vita privata; già, perché le autorità statuni-
tensi hanno messo le mani avanti annuncian-
do che non potranno evitare che vengano
raccolte “immagini e informazioni che inclu-
dano incidentalmente cittadini degli Stati
Uniti senza il loro consenso”. Alla fine i due
Napolitano sono così lontani da essere vicini
in qualche cosa. Da una parte quello italiano,
comunista, che spera di diventare padre della
Patria, sposato al verbo della tecnocrazia tan-
to da affermare con assoluta nonchalance
che il Paese della cui sovranità lui dovrebbe
essere garante, dovrebbe «cedere fette di so-
vranità». Dall’altra Andrew, il costituziona-
lista libertario, anarco-capitalista, ammiratore
di Ayn Rand, che tuona contro il tentativo
di scardinare le fondamenta della Costitu-
zione americana, violentando i principi voluti
dai Padri fondatori e minacciando le libertà
individuali. Qualche giorno fa, Napolitano
(
Andrew), si è presentato davanti alla tele-
camere di Fox News e ha dichiarato: «Il pri-
mo patriota che abbatterà uno di quei droni,
quando si avvicinerà troppo ai suoi figli nel
cortile di casa, sarà un eroe americano». Ec-
co, una cosa del genere, purtroppo, il Napo-
litano (Giorgio) non l’ha ancora detta.
GIAMPAOLO ROSSI
Matteo Renzi tenta
il sorpasso da destra
(...)
Ora il problema però è conquistare le
menti della base vecchia maniera, e per que-
sto Renzi sta facendo una piccola marcia in-
dietro: «Se davvero fossi di destra ci sarei già
andato, con il vuoto che c’è...». L’accusa di
“
destrismo” pesa sul candidato anti-Bersani.
Ora starà a lui dimostrare di essere l’uomo
della Provvidenza quale si sente, pena il rien-
tro del Pd nell’alveo dei “partiti di sinistra in
continuo litigio”: un copione noto e per nien-
te rottamato, neanche dal sindaco.
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 23 OTTOBRE 2012
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