Direttore ARTURO DIACONALE
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Martedì 23 Ottobre 2012
delle Libertà
La sentenza che paralizza l’Italia
Condannati a sei anni di reclusione i geologi che non hanno saputo “prevedere” il terremoto dell’Aquila
Le toghe vogliono riscrivere la scienza, appaiando i sismi ai temporali. E l’Italia ripiomba nel Medioevo
Le province di Patroni Griffi e quelle di Adriano
Anche gli americani hanno il loroNapolitano
MatteoRenzi tenta il sorpasso (dadestra) aBersani
l Ministro della Pubblica Ammi-
nistrazione Filippo Patroni Griffi
ha annunciato che non ci saranno
deroghe al decreto legge di riordino
delle province italiane. Il criterio
scelto per la riduzione e l’accorpa-
mento è quello numerico. E non sa-
ranno le «resistenze localistiche»,
come ha detto Patroni Griffi, a farlo
modificare. Ma qual’è la ragione per
cui il governo dei tecnici ha scelto il
criterio numerico per compiere una
riforma epocale come quella della
riduzione delle province del nostro
paese? Perché, come ai tempi dei ta-
gli lineari di Giulio Tremonti, il cri-
terio numerico è quello più facile e
più rapido da applicare. È necessario
I
ridurre le spese dello stato? Si taglia
il dieci per cento ad ogni ammini-
strazione. Bisogna ridurre il numeri
delle province per dare un segnale
concreto di volontà di risparmio nei
costi delle strutture statali? Si accor-
pano quelle che hanno meno di
350
mila abitanti ed una estensione
inferiore ai 2.500 chilometri qua-
drati. Così da 86 le province, com-
prese le città metropolitane, scendo-
no a 50. Ed il segnale di efficienza,
rapidità e concretezza nell’azione di
riduzione delle spese è dato. All’opi-
nione pubblica e, soprattutto, ai se-
veri censori dei media che chiedono
in continuazione manifestazioni tese
a riportare morale e virtù nelle isti-
tuzioni nazionali. Il criterio nume-
rico sarà pure facile e rapido da ap-
plicare, ma è anche ottuso. Come
quello dei tagli lineari. Non tiene
conto delle incredibili peculiarità
storiche, culturali, economiche di un
territorio come quello italiano. Forse
il criterio numerico poteva andare
bene per disegnare i confini dell’Iraq.
Ma se viene applicato in Italia e
mette insieme Pisa e Livorno, la Tu-
scia e la Sabina, Teramo e L’Aquila,
Belluno e Sondrio e via di seguito,
dimostra non tanto di essere asso-
lutamente inadeguato ma di essere
stato scelto non per la facilità e ra-
pidità di applicazione ma solo per
nascondere l’assenza di qualsiasi
analisi ed approfondimento di una
questione, come quella della riforma
delle autonomie, che non può essere
risolta come se l’Italia fosse il de-
serto arabico. Il criterio numerico,
allora, copre un vuoto di studio e di
discussione a cui il governo dei tec-
nici e dell’emergenza non deve ba-
dare. Ma le ragioni dell’emergenza
non possono portare a produrre
danni maggiori di quelli che si vor-
rebbero risolvere. Quanto costerà,
in termini di spesa dello stato e di
spesa sociale, accorpare le prefetture,
le questure, le motorizzazioni e tutti
gli altri uffici secondo lo schema del-
le nuove province?
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2
nche gli americani hanno il lo-
ro Napolitano. Non si chiama
Giorgio ma Andrew, non fa il pre-
sidente della Repubblica ma è stato
giudice della Corte Suprema in
New Jersey; non ha 89 anni ma 62
e non ha mai scritto che i carri ar-
mati sovietici a Budapest, mentre
schiacciavano le ossa dei patrioti
ungheresi, «portavano la pace nel
mondo»; non solo perché nel ’56
Andrew aveva solo 6 anni, ma an-
che perché, a differenza di Giorgio,
non è mai stato un comunista. Le
differenze tra il Napolitano italico
e quello statunitense potrebbero
continuare, se non fosse che a noi
interessa un aspetto particolare che
A
accidentalmente li accomuna. Per
motivi diversi (Andrew per cultura
libertaria, Giorgio per maturata vi-
sione senile), nei loro rispettivi paesi
stanno conducendo una battaglia
in difesa del diritto alla privacy,
fondamento di ogni Costituzione
democratica, che in Italia come ne-
gli Usa è oggi minacciato da un uso
illegittimo di strumenti tecnici di
coercizione e controllo sociale. In
Italia ad opera di una magistratura
irresponsabile che da 20 anni uti-
lizza le intercettazioni ben oltre i
confini del mezzo investigativo per
trasformarle in strumento di ricatto
e pressione politica all’interno di
un circo mediatico-giudiziario uni-
co tra le democrazie occidentali.
Negli Stati Uniti a causa di
un’estensione eccessiva di quel Pa-
triot Act voluto da Bush all’indo-
mani della tragedia dell’11 settem-
bre e prorogato da Obama fino al
2015,
nell’imbarazzo di una sinistra
che aveva criticato quella legge co-
me un attacco alle libertà civili e
che ora la vede ampliata e applicata
in maniera orwelliana proprio dal
suo presidente preferito. Perché, in
nome di una santa guerra umani-
taria, si può anche chiudere un oc-
chio sul fatto che il premio Nobel
per la pace sia più guerrafondaio
di un neocon; ma che, addirittura,
oggi Obama eserciti il potere di
spiare i cittadini più di Bush, qual-
che scricchiolio di certezze lo pro-
voca. Soprattutto dopo che l’Aclu,
l’
American Civil Liberties Union
,
una delle più importanti associa-
zioni americane in difesa delle li-
bertà civili, ha pubblicato un report
in cui dimostra che dal 2008 al
2012,
il numero di cittadini ameri-
cani sottoposti a intercettazioni e
a sorveglianza elettronica senza
mandato è praticamente triplicato.
Ma quello che ha allarmato il giu-
dice Andrew Napolitano è l’ulte-
riore sviluppo di questa ossessione
per il controllo. Attraverso la
Na-
tional Defense Authorization
...
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2
a recente storia politica plane-
taria insegna che il periodo del-
le primarie, nei partiti che decido-
no di dotarsi di questo strumento,
è momento di grande dibattito,
proposizione di idee, valori, inter-
pretazione, creazione e sfruttamen-
to dei sentimenti propri ed altrui.
Matteo Renzi si sta dimostrando
maestro in questo.
Il sindaco di Firenze sta utiliz-
zando le primarie ben oltre il pe-
rimetro che il Partito Democratico
voleva affidare a questo strumento.
Da inquadrata ed inquadrante lot-
ta per decidere chi candidare come
premier (una definizione per altro
al di fuori del percorso costituzio-
L
nale nostrano), Renzi ha trasfor-
mato le primarie nel suo giocatto-
lo, elevandolo non solo a discus-
sione interna di un partito, ma
facendolo diventare la tribuna na-
zionale preferita.
Il candidato democratico ha al-
largato notevolmente il campo del
dibattito dalle questioni di partito
(
quali regole adottare, chi far vo-
tare, chi far partecipare) a proble-
mi di rilevanza nazionale, utiliz-
zando il tutto per la sua personale
campagna elettorale. Una campa-
gna così forte che i problemi delle
modalità di voto e della concor-
renza di antagonisti importanti co-
me Vendola sono diventati margi-
nali, quasi delle perdite di tempo.
Non solo: il sindaco del capoluogo
toscano è riuscito talmente tanto
a differenziarsi dagli altri tanto da
creare la tipica polarizzazione “io
contro tutti”.
Renzi ben sa che una tale dina-
mica può favorire proprio un can-
didato fortemente “personale” co-
me lui è, perché può
continuamente attirare su di sé i
riflettori in un contesto che lui stes-
so ha ridotto ad una singolar ten-
zone tipica di uno stile cavalleresco
anch’esso innovativo in casa de-
mocrats, dove i toni sono sempre
rimasti nell’ambito del quotidiano
incontro tra idee.
Quello che Renzi ha provocato
è proprio lo spostamento dall’in-
contro allo scontro, da separato in
casa rinnegato, portatore di valori
ed idee che spostano ed allargano
il perimetro del cerchio politico
piddino. Un perimetro così largo
che il dibattito intorno al Pd è tor-
nato ad essere di livello nazionale,
tanto che, da sinistra come da de-
stra, ognuno ha da dire la sua sulle
primarie.
Renzi ha riportato il Pd al cen-
tro della discussione politica, gli
ha riconsegnato una visibilità che
alla fine fa comodo a tutto il par-
tito nel suo insieme.
Continua a pagina
2
di
ARTURO DIACONALE
I tecnici dei ministero
evitino la matematica
e diano una ripassata
alla storia.Magari
partendo dalla divisione
dell’Italia elaborata
daAugusto,Adriano
e poi da Costantino.
I numeri, senz’anima,
fanno solo disastri
di
GIAMPAOLO ROSSI
Da una parte un ex
comunista, che spera
di diventare padre
della Patria sposando
il verbo tecnocratico.
Dall’altra parte
un giurista libertario
che tuona contro
il tentativo di scardinare
la Costituzione Usa
di
ENRICO STRINA
Il giovane candidato
del Pd ha allargato
notevolmente il campo
del dibattito politico
dalle questioni
di partito a problemi
di rilevanza nazionale,
utilizzando il tutto
per la sua personalissima
campagna elettorale