Pagina 3 - Opinione del 21-8-2012

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II
POLITICA
II
Bundesbankvs Bce
Noai bonddei Pigs
a banca centrale tedesca non
sembra essere minimamente
disposta a cedere il passo nel suo
personalissimo duello con la banca
centrale europea. Motivo del con-
tendere: il cosiddetto piano anti-
spread. In particolare, la Bunde-
sbank contesta fermamente
l’ipotesi di fissare un tetto massi-
mo nel differenziale di rendimento
tra i titoli di stato più traballanti
e i solidissimi bund tedeschi, su-
perato il quale dovrebbe scattare
in automatico l’acquisto di buoni
del tesoro dei paesi «a rischio» da
parte della Bce. Una mossa che,
secondo Bundesbank, potrebbe
mettere a serio repentaglio la sta-
bilità dell’Eurozona.
«Non vogliamo pagare per gli
errori altrui» è il mantra della po-
litica tedesca che ora anche il si-
stema bancario teutonico comincia
a far proprio sullo scenario del
Vecchio Continente. Il rischio, fan-
no sapere da Francoforte, è quello
di insolvibilità dei bond acquistati
dall’Europa. Anche se dalla BuBa
non arrivano riferimenti espliciti,
il fatto che quando si citano gene-
ricamente «paesi a rischio» si parli
di Grecia è cristallino.
Nel suo bollettino di agosto, la
Banca centrale tedesca dichiara te-
stualmente che «le decisioni sul-
l’opportunità di condividere i ri-
schi di solvibilità in maniera molto
più ampia di quella attuale do-
L
vrebbero essere prese dai governi
e dai parlamenti». Non quindi dal-
la Bce per sua autonoma iniziativa.
Sebbene la banca centrale te-
desca si sia da sempre dimostrata
contraria all’acquisto dei bond del-
le singole nazioni in difficoltà con
i soldi dell’Europa, è la prima vol-
ta che dai vertici della Bundesbank
arrivano precisi riferimenti al con-
creto rischio di default degli anellli
deboli nonostante gli aiuti, cosa
che trascinerebbe l’intera econo-
mia europea oltre l’orlo del bara-
tro. È la prima volta, insomma,
che nella propria battaglia contro
la politica di Mario Draghi i tede-
schi sventolano esplicitamente lo
spauracchio del disastro totale.
Disastro che, secondo l’Euro-
tower, diverrebbe però ben più di
un semplice spauracchio da sven-
tolare senza un’intervento diretto
della Bce in favore delle economie
malate di spread, Atene su tutte.
Come in un effetto domino, infatti,
in caso di un conclamato default
greco le schegge impazzite della
speculazione colpirebbero prima
la Spagna, poi l’Italia e infine an-
che la Francia. Proprio sul fran-
gente piano anti-spread, infatti,
sembra inabissarsi definitivamente
il vecchio asse Parigi-Berlino, con
l’Eliseo sempre più vicino alle po-
sizioni di Italia e Spagna e alle pro-
poste della Banca centrale europea.
(
lu.pau
)
di
MICHELE DI LOLLO
il giorno del ministro dello
Sviluppo economico Corrado
Passera. Interviene a Rimini al
Meeting di Cl, ventiquattro ore
dopo la partecipazione di Monti
e come il premier sceglie parole
d’ottimismo, a tratti grintose ri-
guardo le prospettive della nostra
economia. «Si, l’uscita dalla crisi
la vedo, ma molto di penderà da
ciò che riusciremo a fare», dichia-
ra. L’Italia potrà recuperare il ter-
reno perso e tenere il passo dei
paesi più ricchi se «l’esercizio co-
rale» intrapreso nel governo andrà
avanti. «Dobbiamo porci tutti in-
sieme il compito della costruzione
del futuro a cui, di fatto, si è ri-
nunciato da troppi anni. Costruire
il futuro deve essere una respon-
sabilità condivisa e non solo della
politica, ma di tutta la classe diri-
gente».
Passera sostiene che il governo
si trova di fronte a una sfida affa-
scinante, unica. «Il nostro Paese
ha tanta forza e anche nel mezzo
della crisi ha dimostrato di saper
tenere. C’è una base su cui costrui-
re, una forza che i nostri concor-
renti non riescono neppure ad im-
maginare». Afferma che l’Italia
deve venir fuori da un periodo
storico infelice, dimostrando che
attraverso i valori della solidarietà
e della coesione si possono otte-
È
nere crescita e occupazione.
Il settore terziario è al centro
della sua analisi. «Ha già un ruolo
rilevante e nel tempo la sua di-
mensione deve crescere, ampliar-
si». La sussidiarietà è una parola
chiave per la costruzione della so-
cietà. Il terzo settore, che ha già
ora un ruolo rilevante, deve rag-
giungere una dimensione molto
più ampia. Questo settore dell’eco-
nomia fa parte, secondo il mini-
stro, del made in Italy e costituisce
un vantaggio competitivo per il
nostro paese già oggi: «figuriamo-
ci se riusciremo a usarlo bene, fino
in fondo». Prosegue ricordando
che il problema principale dell’Ita-
lia è la crisi della produttività. «Il
ritardo che abbiamo accumulato
può avere effetti molto più gravi
della crescita dello spread. Ma se
il clima di collaborazione istaurato
da questo esecutivo continuerà,
allora tutto sarà possibile».
Partecipa al Meeting anche l’ex
ministro degli Esteri Franco Frat-
tini che riflette sulle dinamiche
partitiche che si vanno delineando
all’ombra delle elezioni della pros-
sima primavera: «Non vedo dise-
gni di aggregazione di nuovi par-
titi a tavolino». E non nasconde
il proprio scetticismo nel rispon-
dere agli interrogativi che si muo-
vono intorno alla costruzione di
un nuovo partito cattolico-rifor-
mista. «Quelle sulla Cosa Bianca
sono discussioni molto vaghe, ma
non rinuncio all’idea che tutti i
moderati si debbano riunire come
avviene nel resto d’Europa e au-
spica che si possa partire dai pro-
grammi piuttosto che da cose
bianche, rosse o nere che non mi
appassionano».
Frattini interviene anche sulla
legge elettorale, ritenendo che in-
ciderà inevitabilmente sulla for-
mazione della prossima forza di
governo. «Tutto dipende da cosa
decideranno gli italiani e se vince-
rà, come io auspico, un centrode-
stra europeo e popolare, oppure
se si va verso una deriva antieu-
ropeista e estremista. In quel caso
cosa facciamo?» L’impotesi Grillo
fa sorridere e il ministro Passera
riflette sull’esistenza del dopodo-
mani politico.
Passeraospite alMeetingdi Cl
«Ripartire dalla sussidiarietà»
Il problema principale
è la produttività.
Il ritardo accumulato
può avere effetti molto
gravi, ma se il clima
di collaborazione
continua allora
tutto diventa possibile
a Cina non è mai stata così vi-
cina. Non è solo in patria che
l’industria non sente le ripercussioni
della crisi: anche in Italia le aziende
cinesi sono tra le poche a vedere i
propri bilanci in crescita. Tra il
2008 ed il 2011, secondo la Cgia
di Mestre, il numero delle imprese
cinesi è cresciuto del 26%, con un
vero è proprio boom delle rimesse,
ovvero la quantità di denaro che
dall’Italia parte alla volta di Pechino
e dintorni: negli ultimi quattro anni,
infatti, sono volati via 7,87 miliardi
di euro. «A dispetto di un leggero
calo avvenuto nel 2010, tra il 2008
ed il 2011 l’aumento della quantità
di denaro inviato in Cina è stato
del 65%» spiegano dagli uffici
Cgia.
Ma chi sono gli imprenditori
dagli occhi a mandorla che sono
partiti alla conquista dello Stivale?
Secondo l’identikit della Cgia, il
70% delle attività è nell’ambito del
commercio (con 22.524 piccoli im-
prenditori, pari al 38,7% del totale),
nella ristorazione e nel settore al-
berghiero (11.183 unità), nei servizi.
Ma una fetta consistente delle atti-
vità imprenditoriali continua a con-
centrarsi nel manifatturiero, con il
29,4% (17.104 unità aziendali). Tra
questi ultimi, il 94,3% (pari a
16.122 imprese) sono attività del
tessile, dell’abbigliamento, delle cal-
zature e della pelletteria, moltissime
delle quali lavorano grazie ai su-
L
bappalti di aziende italiane. Il 51%
delle imprese cinesi in Italia si divide
tra Lombardia (la regione più rap-
presentativa, con quasi 12mila at-
tività), in Toscana (10.854) e in Ve-
neto (6.939).
L’imprenditoria cinese in Italia
non si limita a crescere a tasso espo-
nenziale, ma si evolve e cambia fi-
sionomia: «In passato – commenta
Giuseppe Bortolussi, segretario della
Cgia di Mestre – i settori maggior-
mente caratterizzati dalla presenza
di attività guidate da cinesi riguar-
davano la ristorazione, la pelletteria
e la produzione di cravatte. Poi le
iniziative imprenditoriali si sono
estese anche all’abbigliamento, ai
giocattoli, all’oggettistica e alla con-
duzione di pubblici esercizi. Ormai
il 70% del totale delle imprese pre-
senti nel nostro paese si concentra
nei servizi: settore che consente, a
differenza del manifatturiero, un
grande riflusso di capitali verso la
Cina. Si pensi che nel 2011, dei 7,4
miliardi di euro che gli immigrati
residenti in Italia hanno inviato nei
paesi di origine, 2,5 miliardi, pari
al 33,8% del totale, sono stati spe-
diti dalla comunità cinese».
Dalla Cgia rilevano come stori-
camente i cinesi abbiano sempre di-
mostrato una spiccata propensione
imprenditoriale, e una forte incli-
nazione verso l’affermazione eco-
nomica e sociale. Nonostante gli
aspetti positivi, sottolineano però
gli imprenditori mestrini, non man-
cano però i problemi. Quali? «In-
nanzitutto – spiega il segretario Bor-
tolussi – è una comunità poco
integrata, perché la quasi totalità di
questi lavoratori non parla italiano.
Inoltre, buona parte delle attività,
soprattutto nel manifatturiero, si
sono affermate eludendo gli obbli-
ghi fiscali e contributivi, aggirando
le norme in materia di sicurezza nei
luoghi di lavoro e non rispettando
i più elementari diritti dei lavoratori
occupati in queste aziende che quasi
sempre provengono anch’essi dalla
Cina. Questa forma di dumping
economico ha messo fuori mercato
intere filiere produttive e commer-
ciali di casa nostra». Ma è davvero
tutta colpa dei pochi scrupoli degli
imprenditori cinesi? Forse no. «È
giusto sottolineare – riprende Bor-
tolussi – che anche gli imprenditori
italiani non sono immuni da re-
sponsabilità. In molte circostanze,
coloro che ancora adesso fornisco-
no il lavoro a questi laboratori pro-
duttivi cinesi sono committenti ita-
liani che fanno realizzare parti delle
lavorazioni con costi molto conte-
nuti. Se queste imprese committenti
si rivolgessero a dei subfornitori ita-
liani, questa forte riduzione dei costi
non sarebbe possibile».
Inutile dunque piangere in cine-
se. Chi è causa del suo mal, pianga
piuttosto se stesso.
LUCA PAUTASSO
Ecco ilCeleste Impero in Italia:
Le aziende cinesi fanno+26%
Pineta grossetana
distrutta dall’uomo
all’esito delle prime indagini
sembrano essere stati tre gli
inneschi dai quali ha preso vita il
rogo che ha distrutto interi ettari
di pineta a Marina di Grosseto e
che ha bruciato vivi 19 cavalli in
un allevamento.
Le cronache parlano di miglia-
ia di persone evacuate dai cam-
peggi, di strade intasate dalle au-
tovetture in fuga, di bus impegnati
a trasferire nei punti di raccolta
gli ospiti dei camping, di canadair
ed elicotteri impegnati a buttar
giù acqua sui focolai. «Ci hanno
detto di scappare, di uscire…lì
dentro ho lasciato tutto, camper,
effetti personali, telefonino…in-
somma sta tutto lì» racconta
l’ospite di uno dei camping men-
D
tre a piedi percorre la statale che
lo allontana dalla tranquillità del-
la vacanza estiva.
Il rombo dei motori di quei ca-
nadair rimarrà per parecchio tem-
po nella mente di chi, a quella pi-
neta, era affezionato. Quella stessa
pineta il cui aspetto rimarrà per
anni simbolo della perversa mano
umana e dei suoi interessi, delle
sue brighe, della sua terroristica
ed infame voglia di distruggere ciò
che, nei secoli, la natura ha dona-
to agli esseri umani e che qualcu-
no ha dimostrato di non meritare.
Negli occhi e nel cuore della gente
di Marina è stato facile avvertire
un mix di rabbia, paura e tristez-
za, e la certezza che quell’immensa
parte di pineta, le prossime gene-
razioni non potranno più apprez-
zarla.
GIANLUCA PERRICONE
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 21 AGOSTO 2012
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