II
            
            
              ESTERI
            
            
              II
            
            
              Parla Davis: l’Obama del sud
            
            
              passato tra i repubblicani
            
            
              di
            
            
              
                ALESSANDRO TAPPARINI
              
            
            
              uella dell’ex democratico che
            
            
              interviene alla convention
            
            
              nazionale repubblicana è una an-
            
            
              tica tradizione: è rimasto storico,
            
            
              ad esempio il discorso che Jeane
            
            
              Kirkpatrick, la madrina dei neo-
            
            
              conservatori  – nominata da Rea-
            
            
              gan nel 1981 ambasciatrice ame-
            
            
              ricana all’Onu benché ancora
            
            
              iscritta al partito democratico -
            
            
              tenne nel 1984, alla convention
            
            
              nazionale repubblicana per la rie-
            
            
              lezione di Reagan. In polemica
            
            
              con le posizioni assunte dal suo
            
            
              partito alla convention di San
            
            
              Francisco, Kirkpatrick prese la pa-
            
            
              rola tra i repubblicani per esecrare
            
            
              la tendenza dei democratici a
            
            
              
                Bla-
              
            
            
              
                me America First
              
            
            
              , ad incolpare in-
            
            
              nanzitutto l’America di tutti i mali
            
            
              del mondo. Nella storia più recen-
            
            
              te c’è il caso di Zel Miller, il sena-
            
            
              tore democratico della Georgia
            
            
              che alla convention nazionale del
            
            
              1992 per la candidatura di Bill
            
            
              Clinton alla Casa Bianca aveva
            
            
              avuto l’onore di tenere il discorso
            
            
              inaugurale, il
            
            
              
                keynote speech
              
            
            
              e che
            
            
              12 anni dopo si esibì come
            
            
              
                key-
              
            
            
              
                note speaker
              
            
            
              alla convention re-
            
            
              pubblicana del 2004 per la riele-
            
            
              zione di George W. Bush.
            
            
              Quest’anno il democratico deluso
            
            
              che parlerà pro Romney e contro
            
            
              Obama si chiama Artur Davis:
            
            
              afroamericano, cresciuto da una
            
            
              
                Q
              
            
            
              madre single come Obama, avvo-
            
            
              cato quarantaquattrenne laureato
            
            
              ad Harvard, è stato un parlamen-
            
            
              tare democratico per quattro man-
            
            
              dati consecutivi, dal 2003 al 2011,
            
            
              eletto nel settimo distretto del-
            
            
              l’Alabama, sempre con almeno il
            
            
              75% dei voti, per due volte addi-
            
            
              rittura senza rivali. Nel 2008 Da-
            
            
              vis fu tra i primi supporter di
            
            
              Obama fuori dall’Illinois, fu un
            
            
              
                co-chair
              
            
            
              , un dirigente della sua
            
            
              campagna elettorale, e fu fra gli
            
            
              oratori della Convention Nazio-
            
            
              nale Democratica di Denver che
            
            
              ne consacrarono la fortunata can-
            
            
              didatura presidenziale (in perfetto
            
            
              stile Obamiano tenne un discorso
            
            
              autobiografico, ricordando di aver
            
            
              guardato la convention del 1988
            
            
              sul televisore della camera di un
            
            
              motel perché la sua famiglia era
            
            
              stata sfrattata). Poi, qualcosa é an-
            
            
              dato storto. Nel 2010 Davis ri-
            
            
              nunciò a ricandidarsi al Congresso
            
            
              per tentare invece di divenire il
            
            
              primo governatore nero dell’Ala-
            
            
              bama. In un’intervista dichiarò
            
            
              che Obama sarebbe stato il suo
            
            
              modello in quella nuova sfida. La
            
            
              sua scelta riscosse il plauso dei
            
            
              media e subito egli venne etichet-
            
            
              tato come “l’Obama dell’Alaba-
            
            
              ma”. Ma alle primarie democra-
            
            
              tiche per la candidatura a
            
            
              governatore, nonostante i sondag-
            
            
              gi lo dessero in vantaggio, egli fu
            
            
              battuto con un umiliante 37%, e
            
            
              dovette cedere il passo al compa-
            
            
              gno di partito Ron Sparks, bianco
            
            
              e più di sinistra. Dopo quella di-
            
            
              sfatta Davis lasciò l’Alabama e si
            
            
              trasferì in Virginia; più che il par-
            
            
              tito, pareva intenzionato ad ab-
            
            
              bandonare la politica attiva. E in-
            
            
              vece in primavera a sorpresa ha
            
            
              annunciato che intende passare al-
            
            
              l’altro partito; ieri il suo nome è
            
            
              apparso tra quelli degli oratori al-
            
            
              la convention di Tampa. Prevedi-
            
            
              bili gli argomenti del suo interven-
            
            
              to: Obama non ha portato il
            
            
              cambiamento promesso, si è di-
            
            
              mostrato il solito politicante ca-
            
            
              pace solo di aumentare le tasse,
            
            
              non ha saputo combattere la di-
            
            
              soccupazione. Presto si saprà se
            
            
              alla convention democratica un
            
            
              repubblicano deluso avrà un ruolo
            
            
              analogo.
            
            
              
                Pussy Riot: un verdetto che farà discutere
              
            
            
              K
            
            
              
                Tre componenti della punk band femminile sono state con-
              
            
            
              
                dannate oggi a due anni di carcere dopo essere state riconosciute
              
            
            
              
                colpevoli del reato di teppismo motivato dall’odio religioso.
              
            
            
              Johnson ritorna
            
            
              a picconare i Tory
            
            
              Afroamericano, cresciuto
            
            
              da una madre single
            
            
              come il presidente,
            
            
              laureato ad Harvard,
            
            
              ex parlamentare
            
            
              democratico. Sarà
            
            
              uno dei protagonisti
            
            
              della convention del Gop
            
            
              Ahmadinejad non fa paura
            
            
              Israele è pronto ad attaccare
            
            
              oris Johnson (forse) questa
            
            
              volta fa sul serio. La Londra
            
            
              di cui è sindaco ha appena salu-
            
            
              tato il Giochi Olimpici e, se dalle
            
            
              parti di Westminster il primo mi-
            
            
              nistro David Cameron ha in pro-
            
            
              gramma di dare una aggiustatina
            
            
              al suo governo, il primo cittadino
            
            
              Johnson ha infilato una stoccata
            
            
              che avrà strappato qualche sono-
            
            
              ro applauso nel partito conserva-
            
            
              tore.
            
            
              Detta fuor di metafora: ha in-
            
            
              vitato Cameron a smetterla di fa-
            
            
              re la “fighetta” sull’economia, di
            
            
              non essere troppo timoroso e di
            
            
              sistemarla. Puntando ad esempio
            
            
              su un piano concreto per le infra-
            
            
              strutture: Johnson ha infatti in
            
            
              mente un nuovo aeroporto da co-
            
            
              struire lungo il Tamigi, in prossi-
            
            
              mità dell’estuario del fiume che
            
            
              attraversa la capitale britannica.
            
            
              Dichiarazioni raccolte dall’
            
            
              
                Eve-
              
            
            
              
                ning Standard
              
            
            
              , free press che re-
            
            
              gistra una diffusione superiore al-
            
            
              le 600.000 copie.
            
            
              Il governo britannico lo scorso
            
            
              mese ha rimandato la pubblica-
            
            
              zione di un report sullo stato del-
            
            
              le cose per quanto riguarda il si-
            
            
              stema dei trasporti inglesi, mentre
            
            
              Justine Greening, che ricopre il
            
            
              ruolo di
            
            
              
                transport secretary
              
            
            
              , se-
            
            
              condo le voci che giungono dal-
            
            
              l’interno dell’establishment con-
            
            
              servatore, si sarebbe fermamente
            
            
              opposta ad una nuova superstra-
            
            
              
                B
              
            
            
              da che colleghi Heathrow con
            
            
              Londra, opzione presa invece in
            
            
              seria considerazione sia da Ca-
            
            
              meron che da George Osborne,
            
            
              il
            
            
              
                chancellor
              
            
            
              – ovvero il ministro
            
            
              dell’Economia britannico.
            
            
              Sull’onda della popolarità che
            
            
              lo accompagna all’indomani della
            
            
              fine dei Giochi (gli ultimi sondag-
            
            
              gi effettuati tra i laburisti lo in-
            
            
              dicano infatti come l’avversario
            
            
              più pericoloso per il segretario
            
            
              della sinistra d’Oltremanica, Ed
            
            
              Miliband), Johnson non ci pensa
            
            
              nemmeno a mollare l’osso, e alla
            
            
              domanda se abbia intenzione di
            
            
              tornare in Parlamento risponde
            
            
              che al momento non ha alcuna
            
            
              intenzione di interrompere il suo
            
            
              secondo mandato come sindaco
            
            
              di Londra. Ma la prossima mossa
            
            
              sarà proprio quella: tornare nella
            
            
              
                House of Parliament
              
            
            
              .
            
            
              Rimane da capire con che gra-
            
            
              do, se da semplice deputato o co-
            
            
              me leader – della maggioranza o
            
            
              dell’opposizione, è tutto da vede-
            
            
              re. Che Boris Johnson sia il can-
            
            
              didato più accreditato per sfidare
            
            
              Cameron alla guida del partito
            
            
              sembra però ormai essere una co-
            
            
              stante.
            
            
              Perché ciò accada occorre che
            
            
              il primo rientri appieno nel giro
            
            
              parlamentare, cosa che gli è im-
            
            
              possibile stando nel suo ufficio
            
            
              di sindaco londinese.
            
            
              
                DARIO MAZZOCCHI
              
            
            
              olto di mezzo Israele cosa re-
            
            
              sta? Il vuoto. Mahmoud Ah-
            
            
              madinejad venerdì dichiara che gli
            
            
              ebrei sono un insulto per l’umanità,
            
            
              un «tumore canceroso» che deve
            
            
              essere fermato prima che si diffon-
            
            
              da. Il presidente iraniano fa la voce
            
            
              grossa ormai da anni, ma di fatti
            
            
              se ne sono visti pochi. Anche delle
            
            
              sue strategie di comunicazione si è
            
            
              parlato molto, di come utilizzi la
            
            
              politica antisraeliana per legittima-
            
            
              re il potere del suo governo in pa-
            
            
              tria. Ma a questo punto il vero no-
            
            
              do da sciogliere riguarda gli odiati
            
            
              nemici: il popolo israeliano. Il fatto
            
            
              è facilmente spiegabile. Se hai un
            
            
              vicino di casa che non ti lascia vi-
            
            
              vere, che minaccia i tuoi cari, che
            
            
              rovista nella tua spazzatura e ruba
            
            
              i tuoi giornali fuori dal portone,
            
            
              cosa fai? Puoi ignorarlo, dato che
            
            
              si tratta di un pazzo furioso, ma
            
            
              alla lunga inizi a pensare che forse
            
            
              sarebbe meglio dargli una bella le-
            
            
              zione in modo da poter vivere sen-
            
            
              za inutili preoccupazioni. La que-
            
            
              sitone irano-israeliana si avvicina
            
            
              molto a questo quadro ed ecco
            
            
              perché, ad oggi, Tel Aviv è stanca
            
            
              delle continue ingiurie iraniane.
            
            
              Ahmadinejad parla all’Univer-
            
            
              sità di Teheran in occasione delle
            
            
              celebrazioni per l’ultimo giorno del
            
            
              Ramadan. «Oggi ci opporremo al
            
            
              sionismo e al regime per proteggere
            
            
              i diritti umani e difendere la dignità
            
            
              delle persone». In Iran, l’ultimo ve-
            
            
              
                T
              
            
            
              nerdì di questa ricorrenza è noto
            
            
              come la Giornata del Giudizio e
            
            
              nel tempo è diventata a tutti gli ef-
            
            
              fetti il giorno in cui gli arabi espri-
            
            
              mono il loro dissenso contro lo sta-
            
            
              to di Israele sostenendo la causa
            
            
              palestinese. O, usando le parole del
            
            
              presidente iraniano: «il momento
            
            
              di unità per rimuovere il tumore
            
            
              sionista dalla società». Israele con-
            
            
              sidera l’Iran una minaccia. Su que-
            
            
              sto non ci sono dubbi, ma la situa-
            
            
              zione si complica ulteriormente se
            
            
              introduciamo due nuovi ingredienti
            
            
              nel calderone mediorientale: im-
            
            
              plementazione del programma nu-
            
            
              cleare e posizione degli Stati Uniti
            
            
              d’America. La politica del presi-
            
            
              dente Obama, il bastone e la carota
            
            
              delle sanzioni hanno allungato i
            
            
              tempi del programma, fanno gua-
            
            
              dagnare qualche anno in attesa che
            
            
              qualcosa a Teheran cambi. Il caso
            
            
              o un nuovo regime potrebbero ri-
            
            
              solvere il problema, ma Washin-
            
            
              gton scarseggia di soluzioni reali
            
            
              ed è qui che si inserisce la linea du-
            
            
              ra di Gerusalemme.
            
            
              Convivere con la paura di un
            
            
              avversario dotato di armi nucleari
            
            
              è troppo da sopportare. Questo è
            
            
              il senso delle dichiarazioni del pri-
            
            
              mo ministro israeliano, che torna
            
            
              a ipotizzare un attacco preventivo
            
            
              contro le centrali iraniane. Benja-
            
            
              min Netanyahu, in diversi incontri
            
            
              a porte chiuse, ha ripetuto che
            
            
              Israele deve riadattare la strategia
            
            
              utilizzata già nel 1981, quando
            
            
              bombardò il reattore iracheno di
            
            
              Osirak. Allora come adesso, l’in-
            
            
              telligence e i militari si opposero
            
            
              ritenendo che la mossa migliore
            
            
              fosse ritardare il programma di un
            
            
              paio d’anni. Sostenevano che nel
            
            
              lungo periodo nulla sarebbe cam-
            
            
              biato e che i rischi operativi erano
            
            
              troppo alti. Esattamente ciò di cui
            
            
              si parla ora. Il primo ministro ri-
            
            
              tiene invece che un’azione militare
            
            
              sia legittima e che l’attendismo po-
            
            
              trebbe lasciare spazio a imprevisti
            
            
              che finirebbero di complicare la si-
            
            
              tuazione. «Un attacco immediato
            
            
              potrebbe mostrare alle opposizioni
            
            
              iraniane quanto il regime sia vul-
            
            
              nerabile, e accelerare il cambiamen-
            
            
              to». La priorità del premier resta
            
            
              una: difendere Israele.
            
            
              
                MICHELE DI LOLLO
              
            
            
              
                L’OPINIONE delle Libertà
              
            
            
              SABATO 18 AGOSTO 2012
            
            
              
                5