di
      
      
        
          ROSAMARIA GUNNELLA
        
      
      
        itorna a casa dopo il via libera
      
      
        di Pier Luigi Bersani e Pierfer-
      
      
        dinando Casini alla composizione
      
      
        della sua nuova giunta di governo.
      
      
        Rosario Crocetta, neo governatore
      
      
        della Sicilia (domani probabilmente
      
      
        la proclamazione ufficiale), in “mis-
      
      
        sione” nella Capitale per esporre ai
      
      
        due leader della coalizione che lo
      
      
        ha sostenuto i criteri di scelta degli
      
      
        assessori della sua squadra, ha in-
      
      
        cassato il benestare romano.
      
      
        Il neo presidente ha esultato:
      
      
        «
      
      
        Ho avuto carta bianca». Un atteg-
      
      
        giamento inconsueto per chi ha
      
      
        sbandierato la sua completa auto-
      
      
        nomia e poi  corre a Roma per ave-
      
      
        re l’imprimatur. «Saremo l’unico
      
      
        governo in Italia formato al 50%
      
      
        da donne - ha affermato Crocetta
      
      
        -
      
      
        Bersani e Casini hanno condiviso
      
      
        le mie scelte. Si parla tanto di go-
      
      
        verni tecnici - ha continuato il neo
      
      
        governatore - ma io vi dico perché
      
      
        non un governo di intellettuali? Io
      
      
        li vorrei valorizzare, quando hanno
      
      
        capacità di analisi e di parlare con
      
      
        la gente». Già, perché l’idea di una
      
      
        giunta «autonoma, di alto profilo
      
      
        e aperta alla società civile» indicata
      
      
        da Crocetta dovrà essere composta
      
      
        per metà da donne.
      
      
        E una prima scelta in questa di-
      
      
        rezione il neo presidente l’ha già
      
      
        fatta, designando Lucia Borsellino,
      
      
        figlia del magistrato ucciso dalla
      
      
        
          R
        
      
      
        mafia, alla guida dell’Assessorato
      
      
        alla Sanità di cui è  dirigente da
      
      
        molti anni. Una scelta condivisa in
      
      
        pieno dai due leader di Pd e Udc
      
      
        che hanno accolto positivamente
      
      
        anche la nomina di Franco Battiato
      
      
        come responsabile dell’Assessorato
      
      
        al Turismo e Spettacolo. Crocetta,
      
      
        quindi, chiede autonomia nella
      
      
        composizione della giunta e sembra,
      
      
        almeno per quanto riguarda i col-
      
      
        loqui avuti a Roma, che la sua vo-
      
      
        lontà di avere mani libere sulla
      
      
        composizione del nuovo esecutivo
      
      
        abbia incontrato pareri favorevoli.
      
      
        Ma in questa giunta di tecnici o
      
      
        meglio, di intellettuali di alto profilo
      
      
        come ama definirli il neo governa-
      
      
        tore, le cui competenze non sono
      
      
        discutibili, che posto occuperanno
      
      
        le forze politiche? «Io non andrò
      
      
        contro i partiti - ha sottolineato
      
      
        Crocetta - ascolterò le loro propo-
      
      
        ste. L’importante è stabilire i criteri
      
      
        uguali per tutti e poi si deciderà».
      
      
        La “rivoluzione” crocettiana, infatti,
      
      
        dovrà fare i conti con i partiti che
      
      
        non si sa fino a che punto accette-
      
      
        ranno l’idea “autonoma” del neo
      
      
        governatore.
      
      
        Nella sua  giunta di “alto profi-
      
      
        lo” potrebbe entrare a far parte Ni-
      
      
        colò Marino, magistrato della Dda
      
      
        di Caltanissetta e componente del
      
      
        pool che si occupa delle stragi di
      
      
        mafia. Un’ipotesi  che Marino non
      
      
        scarta a priori ma su cui deve an-
      
      
        cora pensare perché, sottolinea il
      
      
        magistrato, «faccio un lavoro par-
      
      
        ticolare e devo valutare bene quello
      
      
        che farò». Nel valzer dei nomi dei
      
      
        papabili assessori, che in queste ore
      
      
        si susseguono incessantemente, en-
      
      
        trano anche tre donne. Concetta
      
      
        Raia (Pd) la più votata del gentil
      
      
        sesso alle regionali, Linda Vanchieri,
      
      
        funzionaria della Confindustria di
      
      
        Caltanissetta e Mariella Maggio,
      
      
        ex segretario della Cgil siciliana. In
      
      
        attesa della conferenza stampa di
      
      
        oggi  convocata da Crocetta per co-
      
      
        municare i nomi di altri probabili
      
      
        assessori, chissà quali altre “sorpre-
      
      
        se” il neo governatore uscirà dal
      
      
        suo cilindro.
      
      
        II
      
      
        POLITICA
      
      
        II
      
      
        Via liberadi Bersani eCasini
      
      
        alla giunta sicilianadi Crocetta
      
      
        Il FattoeSchifani
      
      
        duepesi,duemisure
      
      
        K
      
      
        
          Franco BATTIATO
        
      
      
        «
      
      
        Non lasceremo che Obama aumenti la spesa»
      
      
        ueste ultime elezioni statuni-
      
      
        tensi erano una scelta di
      
      
        campo, fra un sistema più sociali-
      
      
        sta, voluto da Barack Obama ed
      
      
        uno più liberista, proposto (forse
      
      
        con troppo poca convinzione e
      
      
        sincerità) da Mitt Romney. È dun-
      
      
        que naturale attendersi, dopo la
      
      
        sconfitta, che i Repubblicani si di-
      
      
        vidano in due fazioni recriminanti:
      
      
        i centristi accuseranno i conserva-
      
      
        tori di essere stati troppo liberisti,
      
      
        troppo “estremisti”, e dunque di
      
      
        aver spaventato l’elettore medio.
      
      
        I conservatori e i libertari, al con-
      
      
        trario, accuseranno i centristi e gli
      
      
        uomini di establishment di essere
      
      
        stati troppo morbidi, poco convin-
      
      
        centi e di aver sostenuto sin dal-
      
      
        l’inizio un candidato debole, quale
      
      
        Mitt Romney.
      
      
        Per fare un po’ di chiarezza in
      
      
        mezzo a tutta questa confusione,
      
      
        abbiamo intervistato il fondatore
      
      
        e leader dell’
      
      
        
          Americans for Tax Re-
        
      
      
        
          form
        
      
      
        ,
      
      
        Grover Norquist. La sua Atr,
      
      
        la lobby anti-tasse, è attualmente
      
      
        considerata la più potente d’Ame-
      
      
        rica. Sua è l’idea di far giurare ai
      
      
        politici di non aumentare la pres-
      
      
        sione fiscale durante il loro man-
      
      
        dato, in cambio del sostegno e dei
      
      
        voti dell’Atr. Chi non rispetta la
      
      
        promessa, paga pegno, anche se si
      
      
        chiama George W. H. Bush: non
      
      
        appena ha alzato le tasse, non ri-
      
      
        spettando il “pledge” con l’Atr, è
      
      
        stato bocciato dall’elettorato nelle
      
      
        presidenziali del 1992.
      
      
        
          Grover Norquist, in questo voto
        
      
      
        
          del 2012 Romney ha perso perché
        
      
      
        
          è stato troppo o troppo poco coe-
        
      
      
        
          Q
        
      
      
        
          rente nel proporre un programma
        
      
      
        
          liberista?
        
      
      
        Prima di tutto, non dobbiamo
      
      
        dimenticare che queste stesse ele-
      
      
        zioni, perse da Romney per due
      
      
        punti percentuali contro il presi-
      
      
        dente (e l’amministrazione in carica
      
      
        gode comunque di molti vantaggi),
      
      
        sono state vinte dai Repubblicani
      
      
        alla Camera. I candidati deputati
      
      
        avevano impostato la loro campa-
      
      
        gna soprattutto contro i benefit sta-
      
      
        tali, i costi del welfare e quelli del
      
      
        sistema pensionistico. La maggio-
      
      
        ranza degli americani ha votato per
      
      
        quelle riforme. Se gli elettori aves-
      
      
        sero voluto premiare la politica fi-
      
      
        scale democratica, avessero voluto
      
      
        più tasse e più spese, a quest’ora i
      
      
        Democratici sarebbero maggioran-
      
      
        za alla Camera. Eppure non lo so-
      
      
        no. è chiaro che la vittoria di Oba-
      
      
        ma è dovuta anche alla sua accusa,
      
      
        rivolta a Romney, di voler alzare
      
      
        le tasse per la classe media. E alla
      
      
        sua promessa di non voler aumen-
      
      
        tare la pressione fiscale sugli ame-
      
      
        ricani di medio reddito. E all’altra
      
      
        sua promessa di voler tagliare la
      
      
        spesa pubblica. In realtà noi sap-
      
      
        piamo che Obama vuole alzare le
      
      
        tasse: ne ha già annunciato una
      
      
        nuova sull’energia, la carbon tax.
      
      
        Dichiara di voler contrastare il ri-
      
      
        scaldamento globale e puntualmen-
      
      
        te questo si è tradotto in altri dol-
      
      
        lari pronti ad uscire dalle tasche
      
      
        dei contribuenti. E siamo anche si-
      
      
        curi che non taglierà la spesa pub-
      
      
        blica. Insomma, è difficile dire che
      
      
        gli americani siano diventati socia-
      
      
        listi, quando il candidato che vince
      
      
        deve negare di esserlo e accusa l’av-
      
      
        versario di voler alzare le tasse.
      
      
        
          Quanto è forte la crisi interna al
        
      
      
        
          Partito Repubblicano? Ci sarà
        
      
      
        
          una frattura fra conservatori e li-
        
      
      
        
          bertari?
        
      
      
        Non c’è una vera e propria di-
      
      
        stinzione fra conservatori e liber-
      
      
        tari, semmai fra chi ha capito che
      
      
        per ottenere un cambiamento oc-
      
      
        corre molto tempo e chi invece è
      
      
        convinto che basti strillare e agi-
      
      
        tarsi per cambiare tutto subito. Per
      
      
        riformare lo stato sociale occorre
      
      
        tempo e tanta pazienza, bisogna
      
      
        passare attraverso molte elezioni,
      
      
        alcune vinte altre inevitabilmente
      
      
        perse. Un piano come quello di
      
      
        Paul Ryan prevede un taglio della
      
      
        spesa pubblica dal 24% al 16% in
      
      
        più di quattro anni di legislatura,
      
      
        perché per riformare tutte le pre-
      
      
        bende statali occorrono anni e an-
      
      
        ni. Strillare la volontà di un cam-
      
      
        biamento domani non porta a
      
      
        nulla. Mirare alla vera riforma del
      
      
        welfare implica anche un decennio
      
      
        di battaglie. Se avesse vinto Rom-
      
      
        ney avremmo iniziato ad applicare
      
      
        il piano di Ryan. Adesso tocca at-
      
      
        tendere altri quattro anni per ten-
      
      
        tare con un nuovo candidato, dai
      
      
        due ai quattro anni per avere un
      
      
        nuovo Congresso più favorevole.
      
      
        
          Adesso, in ogni caso, abbiamo un
        
      
      
        
          Presidente democratico e un Con-
        
      
      
        
          gresso misto. Cosa succederà, se-
        
      
      
        
          condo lei?
        
      
      
        Quel che abbiamo oggi è uno
      
      
        scenario molto simile agli ultimi
      
      
        due anni: presidente e maggioranza
      
      
        del Senato democratici, Camera re-
      
      
        pubblicana. In queste condizioni
      
      
        abbiamo combattuto per mantene-
      
      
        re il prolungamento delle esenzioni
      
      
        fiscali (volute da George W. Bush,
      
      
        ndr) e l’abbiamo ottenuto. Abbia-
      
      
        mo combattuto contro l’aumento
      
      
        della spesa pubblica e abbiamo ot-
      
      
        tenuto molto anche su quel fronte.
      
      
        Il Congresso è decisamente più
      
      
        potente del Presidente. Non nella
      
      
        politica estera, ma almeno in
      
      
        quella interna ed economica. Con
      
      
        un Congresso così configurato si
      
      
        può ancora combattere per otte-
      
      
        nere molto. Sempre che i Repub-
      
      
        blicani capiscano la forza di cui
      
      
        dispongono. Se Obama vorrà
      
      
        spendere altri dollari, dovrà pri-
      
      
        ma ottenere il consenso della Ca-
      
      
        mera. Inoltre il Gop ha ancora il
      
      
        controllo di gran parte dei singoli
      
      
        stati. E da quella posizione può
      
      
        riformare le leggi locali.
      
      
        
          E cosa prevede per i prossimi quat-
        
      
      
        
          tro anni?
        
      
      
        Ancora molti scontri muro-con-
      
      
        tro-muro, uno stallo prolungato,
      
      
        specialmente sulle esenzioni fiscali,
      
      
        che dovrebbero essere prolungate
      
      
        per altri due anni. La stessa agenda
      
      
        di Obama dovrà essere ridotta. Per-
      
      
        ché se vuoi far passare grandi ri-
      
      
        forme devi comunque avere un
      
      
        Congresso dello stesso colore del-
      
      
        l’amministrazione.
      
      
        
          STEFANO MAGNI
        
      
      
        notizia dell’altro giorno: i pm
      
      
        di Palermo - con il “visto’”del
      
      
        procuratore Francesco Messineo
      
      
        -
      
      
        hanno chiesto l’archiviazione (si
      
      
        attende ora che si esprima il Gu-
      
      
        dice per le indagini preliminari)
      
      
        dell’inchiesta per concorso ester-
      
      
        no in associazione mafiosa nei
      
      
        confronti del Presidente del Se-
      
      
        nato, Renato Schifani.
      
      
        Le accuse contro la seconda
      
      
        carica dello stato erano incentrate
      
      
        principalmente sulle dichiarazioni
      
      
        di alcuni pentiti, soprattutto quel
      
      
        Gaspare Spatuzza, braccio destro
      
      
        dei boss di Brancaccio Giuseppe
      
      
        e Filippo Graviano. I fatti riferiti
      
      
        dai collaboratori di giustizia sa-
      
      
        rebbero accaduti quando Schifani
      
      
        svolgeva la professione di avvo-
      
      
        cato amministrativista. Secondo
      
      
        la Procura palermitana dall’in-
      
      
        chiesta non sarebbero però emer-
      
      
        si elementi sufficienti per soste-
      
      
        nere l’accusa in giudizio.
      
      
        Fin qui i fatti ma non il
      
      
        
          Fatto
        
      
      
        ,
      
      
        perché il quotidiano diretto da
      
      
        Padellaro è stato promotore di
      
      
        una vera e propria campagna di
      
      
        stampa (per la quale il Presidente
      
      
        del Senato ha presentato una que-
      
      
        rela con richiesta di un risarci-
      
      
        mento danni di 750mila euro)
      
      
        contro Schifani ed i suoi presunti
      
      
        contatti con esponenti mafiosi,
      
      
        con tanto di prime pagine ed edi-
      
      
        toriali dedicati al tema.
      
      
        L’altro giorno, invece, il
      
      
        
          Fatto
        
      
      
        
          È
        
      
      
        
          Quotidiano
        
      
      
        -
      
      
        non smentendo an-
      
      
        che questa volta la propria nefa-
      
      
        sta fama di testata giustizialista
      
      
        a senso unico - ha dedicato alla
      
      
        notizia della richiesta di archivia-
      
      
        zione un piccolo box (8x8,50 cm)
      
      
        sapientemente nascosto nei fon-
      
      
        dali della quattordicesima pagi-
      
      
        na.
      
      
        È pur vero che la richiesta di
      
      
        archiviazione non significa neces-
      
      
        sariamente che il Presidente Schi-
      
      
        fani sia definitivamente fuori
      
      
        dall’inchiesta: come detto, biso-
      
      
        gna attendere la decisione del
      
      
        Gip, il quale dovrà accettare o
      
      
        meno l’istanza. Ma è altrettanto
      
      
        vero che, dopo aver riempito pa-
      
      
        gine, colonne e d editoriali con
      
      
        parole di fuoco contro Schifani,
      
      
        la richiesta di archiviazione per
      
      
        quest’ultimo avrebbe forse meri-
      
      
        tato qualche riga in più.
      
      
        Evidentemente Padellaro, Tra-
      
      
        vaglio e compagnia ammanettan-
      
      
        te – oltre a non riconoscere, come
      
      
        spesso accade loro, una sorta di
      
      
        equità di trattamento delle per-
      
      
        sone di fronte alle accuse ed al
      
      
        momento della caduta delle stesse
      
      
        -
      
      
        erano troppo impegnati nella
      
      
        campagna elettorale di Beppe
      
      
        Grillo e nelle arringhe difensive
      
      
        per Tonino Di Pietro e non hanno
      
      
        ritenuto di dover riempire altro
      
      
        spazio se non quei sessantotto
      
      
        centimetri quadrati.
      
      
        
          GIANLUCA PERRICONE
        
      
      
        
          L’OPINIONE delle Libertà
        
      
      
        VENERDÌ 9 NOVEMBRE 2012
      
      
        
          3