Page 6 - Opinione del 3-10-2012

ia che Barack Obama riesca a strappare
la rielezione ad un secondo quadriennio,
sia che Mitt Romney riesca nella non facile
impresa di spodestarlo alla Casa Bianca, una
cosa è certa: chi dei due avrà la meglio avrà
modo di ridefinire i delicati equilibri all’in-
terno della Corte Suprema degli Stati Uniti,
lasciando il segno per decenni nella storia del
paese. In questa campagna elettorale la que-
stione non sta trovando nessuno spazio: nei
rari momenti in cui non si parla di economia
ci si dedica semmai un po’ alla politica estera.
E i due candidati ringraziano: meno sono
spinti ad uscire allo scoperto su questa que-
stione strategica ma scivolosissima, meglio è
per loro. Circolano liste
di ipotetici papabili in ca-
so di rielezione di Obama
e dipossibili candidati in
caso di vittoria di Rom-
ney; ma è roba di nicchia,
destinata poco più che
agli addetti ai lavori. Non
è facile formulare previ-
sioni. I nove giudici della
Corte Suprema, per ga-
rantirne l’indipendenza,
sono nominati a vita; per
questo rimangono sulla
scena molto più a lungo
del presidente che li sce-
glie. Il carattere vitalizio della loro impedisce
di sapere con certezza quanti avrà occasione
di nominarne un presidente nel corso di un
mandato; gli addetti ai lavori tengono però
d’occhio anzianità ed acciacchi di ciascuno
nel tentativo pronosticare quanti e quali giu-
dici potrebbero prossimamente lasciare un
S
posto vacanti. Non sempre questi pronostici
sono azzeccati. Nel febbraio del 2009, a po-
chi giorni dall’insediamento di Barack Oba-
ma alla casa Bianca, la notizia dell’improvviso
ricovero in ospedale per un cancro al pan-
creas di Ruth Bader Ginsburg, uno dei mem-
bri più smaccatamente “progressisti” della
Corte (nonché all’epoca l’unica donna a farne
parte) indusse a ritenere che a breve il nuovo
presidente sarebbe stato chiamato a nomi-
narne un sostituto. E invece la Ginsburg è
ancora lì, alla faccia di chi le vuole male; e
Obama ha invece potuto nominarle due col-
leghe donne, entrambe di inclinazione liberal:
Sonya Sotomayor, primo giudice latinoame-
ricano nella storia della
Corte Suprema, chiamata
da Obama a rimpiazzare
il giudice “centrista” Da-
vid Souter ritiratosi nel
maggio del 2009, ed Ele-
na Kagan, nominata nel
2010.
Obama in fin dei
conti ha sostituito due
giudici di sinistra con altri
due del medesimo colore
politico. Dopo queste due
nomine, quindi, gli equi-
libri politici all’interno
della Corte non sono mu-
tati rispetto a quelli deter-
minati dalle due nomine di Bush, il quale si
era a sua volta limitato a sostituire un cen-
trista con un conservatore, oltre a rimpiazzare
un conservatore con un altro conservatore.
Lo schema di gioco rimane quindi 4 + 4 + 1.
ALESSANDROTAPPARINI
alessandrotapparini.blogspot.it
l montismo conformistico e devozionale
solo Monti ci può salvare – è un surro-
gato retorico di un discorso politico e l’en-
nesimo esempio di personalizzazione sba-
gliata, in cui sovente inciampa un paese
piuttosto incline al miracolismo. La leader-
ship di Monti è un fatto politico, non un
mistero liturgico. Monti non si presta al-
l’enfasi provvidenzialistica, che sinistramente
lo accomuna a quanti hanno illuso e deluso,
suscitato e frustrato i desideri più impossibili
degli italiani. E meno ancora sembra pre-
starsi o arrendersi all’evidenza della propria
imprescindibilità. Non è su un montismo
così soggettivo e personale – meno male che
Monti c’è! – che può
consolidarsi qualcosa di
duraturo e di alternativo
al ritorno del politics as
usual. A quanti aperta-
mente congiurano per un
Monti-bis è richiesto
qualcosa di più creativo
e fantasioso della mera
professione di fede nelle
virtù del professore. Di
una prospettiva montia-
na si può suffragare la
verità e il rigore, quanto
più la si identifica con la
cosa – cioè con una poli-
tica e una cultura concretamente “governi-
sta” – e meno con la persona e la vicenda
di un candidato-a-tutto, abbastanza rilut-
tante sia alle auto che alle etero candidature.
Più che in Monti, i montiani dovrebbero
confidare in se stessi e nella possibilità di
convertire il successo e il credito del premier
I
nel consenso di un partito, di cui Monti non
potrà neppure essere un candidato, né uffi-
cialmente un elettore e che non può limitarsi
al perimetro delle forze parlamentari che
costituiscono il pacchetto di mischia più
montiano della sua maggioranza. Il passag-
gio al carisma delle idee dal carisma irrego-
lare del personaggio che non le ha ideate,
ma resuscitate nel circuito della politica, è
dunque abbastanza urgente. E, per dirla tut-
ta, lo è anche quello dagli ex voto, che Mon-
ti dovrebbe esaudire, ai voti che i montiani
dovrebbero autonomamente meritare.
Il problema oggi non è convincere il
professore a benedire ed endorsare una li-
sta di seguaci, ma di per-
suadere gli italiani che le
elezioni non sono un
carnevale e il governo
non è una quaresima,
che la serietà non è la
medicina, ma la salute e
che del liberalismo ideo-
logicamente mediano e
molto mainstream di
Monti ci si può fidare
più del perbenismo pro-
gressista di Bersani e del
casinismo” qualunqui-
sta di Berlusconi. E tutto
questo senza sperare in
una parola, in un gesto o in un miracolo
di Supermario. E senza pensare che Renzi
sia un second best rispetto ad un disegno
che non può trovare spazio né in questo
Pd, né in qualunque Pd.
CARMELO PALMA
Il culto del prof Monti
e la frustrazione italiana
I montiani dovrebbero
confidare in se stessi
e nella possibilità
di convertire il successo
del premier nel consenso
di una formazione
che restituisca serietà
alla nostra politica
Effettopresidenziali
sullaCorte SupremaUsa
I nove giudici
sono nominati a vita
e per questo rimangono
sulla scena a lungo.
Chiunque vinca
le elezioni avrà modo
di ridisegnare
tutti gli equilibri
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 3 OTTOBRE 2012
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