Due volti, un’unica ferita

venerdì 28 novembre 2025


La memoria unificata di Bari per Benny Petrone e Giuseppe Filippo

Il 28 novembre è una data incisa a fuoco nella memoria storica e affettiva della città di Bari, un giorno che evoca due lutti tragici e distanti, ma uniti da un filo sottile di violenza politica che ha squarciato gli Anni di Piombo nel capoluogo pugliese. A distanza di soli tre anni, il 28 novembre 1977 e il 28 novembre 1980, Bari perdeva due suoi figli, Benedetto Petrone e Giuseppe Filippo, in circostanze drammatiche che ancora oggi interrogano la coscienza civica della comunità.

Queste non sono solo cronache del passato; sono storie vive, che impongono un richiamo costante alla ricostruzione storica non retorica, ma profonda, reale e soprattutto unificatrice.

BENNY PETRONE: L’IMPEGNO DI UN RAGAZZO DELLA CITTÀ VECCHIA

Benedetto “Benny” Petrone era un giovane militante del Partito Comunista Italiano (Pci), radicato nel cuore pulsante e popolare della Città Vecchia di Bari. La sua storia è l’emblema di un’epoca di forte passione politica e di tragica polarizzazione ideologica.

Il 28 novembre 1977, Petrone fu aggredito da una squadraccia di neofascisti, militanti del Movimento Sociale Italiano, guidata da Franco Messina. L’agguato, brutale e premeditato, si consumò in un contesto di violenza politica diffusa. Benny, ferito gravemente, morì qualche giorno dopo. Il suo assassinio non fu solo un atto criminale, ma un colpo al cuore di una comunità che vedeva la violenza ideologica irrompere con efferatezza nelle sue strade.

LA CUSTODIA DELLA MEMORIA: PORZIA E ARTURO CUCCIOLLA

La memoria di Benny Petrone non è sopravvissuta per caso o per inerzia. Si è conservata e rafforzata grazie all’impegno instancabile e commovente di sua sorella, Porzia Petrone, la cui dignità e la cui sete di giustizia hanno rappresentato una luce costante. Al suo fianco, in un sodalizio di memoria non retorica ma di impegno quotidiano, profondo e reale, c’era Arturo Cucciolla, una figura fondamentale per la difesa della verità storica a Bari. La sua recente scomparsa nell’agosto del 2021 ha lasciato un vuoto, ma il suo lascito – il lavoro al fianco di Porzia per tramandare il ricordo di Benny come monito contro l’odio e la violenza – rimane la vera base su cui poggia oggi la coscienza storica barese. Petrone è, a pieno titolo, parte della storia della città, simbolo delle vittime della violenza politica degli anni Settanta.

GIUSEPPE FILIPPO: VITTIMA DEL TERRORISMO

Tre anni dopo, lo stesso giorno, il 28 novembre, la città veniva nuovamente colpita, ma stavolta dal terrorismo di matrice opposta, quello eversivo di sinistra, come ricordato su queste pagine attraverso la testimonianza del figlio Michele. Giuseppe Filippo era una guardia di pubblica sicurezza, un giovane servitore dello Stato. Il 28 novembre 1980, fu ucciso a colpi di arma da fuoco da terroristi appartenenti all’organizzazione Prima Linea. La sua morte, come quella di tanti uomini delle forze dell’ordine in quegli anni, fu un attacco diretto alle istituzioni democratiche e all’ordine costituito. L’atto terroristico fu un drammatico richiamo alla brutalità ideologica che non risparmiava nessuno, dai militanti politici ai tutori della legge.

DUE DOLORI, UNA SOLA CITTÀ: PERCHÉ RICORDARLI INSIEME?

Le storie di Benedetto Petrone e Giuseppe Filippo sono, ciascuna a suo modo, una ferita aperta nel tessuto di Bari. Le loro commemorazioni si svolgono ogni anno, promosse dal Comune, dal Comitato 28 Novembre e da tutti coloro che si impegnano affinché non cadano nell’oblio.

Eppure, a lungo, qualcosa è mancato: un evento comune che riuscisse a commemorare questi due figli della città uccisi lo stesso giorno, sebbene a distanza di tre anni e per mano di opposti estremismi. Questa mancata unificazione della memoria non è stata una negligenza, ma spesso il riflesso di una difficoltà storica a superare la logica delle “memorie di parte” ereditata dagli stessi Anni di Piombo.

L’IMPEGNO PER LA RICOSTRUZIONE UNITARIA

Il tentativo di ricordare Benny Petrone e Giuseppe Filippo assieme – come stiamo facendo con questa ricostruzione – è un atto di fondamentale importanza civica e morale.

1) Monito contro la follia:ricordare Petrone e Filippo nello stesso contesto serve a lanciare un monito inequivocabile: la violenza è follia distruttiva, da qualunque parte provenga. Che sia l’estremismo di destra che uccide il militante comunista, o il terrorismo di sinistra che spara al servitore dello Stato, il risultato è sempre lo stesso: la distruzione di vite umane e l’attacco alla convivenza civile. La loro comune data di morte diventa così un tragico e potente simbolo dell’assurdità degli anni di piombo.

2) Richiamo alla comunità:la ricostruzione storica non può e non deve essere “di parte”. Deve essere, al contrario, un esercizio di memoria di comunità, di un’intera città che riconosce entrambi i lutti come propri. Ricordarli assieme impone il superamento delle vecchie barricate ideologiche per abbracciare la dimensione umana del sacrificio.

3) Attualità e riscossa:Benny Petrone e Giuseppe Filippo sono ancora attuali. Le loro tragiche morti ci impongono il richiamo non solo al ricordo, ma alla ricostruzione storica oggettiva e condivisa. È il passo necessario per sconfiggere la violenza non solo nel tempo, ma nella narrazione stessa. Solo riconoscendo e onorando il dolore di entrambe le vittime, la città di Bari può dimostrare che la violenza non ha vinto e che la memoria può diventare un fattore di unità e coesione democratica.

La violenza è stata sconfitta dalla storia, ma la sua lezione vive nel ricordo. Onorare Petrone e Filippo assieme significa chiudere definitivamente il capitolo delle divisioni e affermare un valore universale: la sacralità della vita e l’impegno per una società fondata sul rispetto e sul dialogo.


di A.C.