Taccuino Liberale #26

venerdì 7 febbraio 2025


Il liberalismo non è un’ideologia, è un metodo, con il quale analizzare e interpretare la realtà. Fornisce la lente con la quale leggere la società, l’agire umano, le leggi e le scelte economiche, serve a misurare il potere pubblico e lo Stato. Prendiamo alcune cronache italiche, per essere più precisi meneghine e applichiamo il metodo liberale.

Si è appreso nei giorni scorsi dal Corriere della Sera che il sindaco di Milano sta dicendo ai vigili di dare qualche multa per il divieto di fumo all’aperto. Ammette candidamente che “è una campagna che induce la gente anche a riflettere”. Anche se “il controllo di tutto non ci può essere”. A quanto pare, il potere pubblico, a qualsiasi livello venga esercitato, non perde occasione per mostrare la sua indole in stile grande fratello (quello di Orwell, ça va sans dire) sostenendo che tante cose servono un po’ a educare. E fare cassa.

Un liberale vero, non quello senza “e” finale che di liberale non ha quasi niente, non può nemmeno leggere una simile dichiarazione liberticida, tanto più, può sopportare che vengano posti divieti o che vengano inflitte multe per educare.

Senza scomodare le neuroscienze che ormai hanno spiegato più che abbondantemente che tra disincentivo e incentivo ‒ è quest’ultimo che funziona meglio ‒ per educare, come asserisce il primo cittadino milanese, ci si chiede, da liberali, se il compito di un sindaco sia di “educare” e di farlo con simili metodi coercitivi.

Quale sarà il prossimo passo? Il Gulag? Beh, sempre a Milano ci potremmo essere, a pochi passi da una scelta simile. I Garanti del verde di Milano, sono tre esperti nominati dal sindaco, che hanno ‒ come si apprende dal sito del comune meneghino ‒ tra gli altri compiti, quelli di controllare l’applicazione corretta delle normative su consumo di suolo e tutela del verde, di incrementare il verde e gli alberi della città, di promuovere ascolto e informazione verso i cittadini.

Gli attuali componenti hanno avanzato la proposta di modificare il Regolamento del Verde per vietare l’ingresso agli animali dove non espressamente permesso, per ragioni di sicurezza. Spieghiamo meglio, hanno chiesto che venga vietato l’accesso alle aree verdi agli animali di affezione e in particolare ai cani ove non espressamente permesso. Le motivazioni sottostanti alla richiesta di inasprimento della libertà di passeggio in modo particolare dei cani avrebbero a che fare con la salvaguardia della biodiversità, per prevenire danni agli impianti di irrigazione, per la tutela della salute dei cani (forasacchi e interazione con altri individui) e per la tranquillità e sicurezza dei cittadini che frequentano gli spazi verdi. Non parliamo di aree protette, di zone di prestigio e di rilevante interesse (come potrebbe essere un giardino con piante rare), parliamo di qualsiasi spazio verde, vietato da 3 garanti per il verde, a cui non sono opposti 3 garanti per gli animali d’affezione. Quindi chi tutela “il verde” non lo fa disciplinando nel proprio ambito, ma individuando una categoria e procedendo ad instaurare un divieto, nei riguardi dell’altra categoria che non può difendersi, che non può dire la sua e, a quanto pare, è più temuta degli spacciatori che utilizzano i parchi per i loro affari, ad esempio (perché vuoi mettere il pericolo del volpino in giro, rispetto al pericolo del tossico o del suo pusher che ti può aggredire?).

Ci piacerebbe capire quale sia la casistica che si è avuta di tali pericoli per la biodiversità e quali danni si sono registrati per cui si deve uccidere, con un colpo di regolamento, la libertà individuale di camminare nelle aree verdi accompagnati dai propri affetti a quattro zampe, peraltro accanendosi nei riguardi di una specie (quella canina) che ovviamente è quella che ha bisogno di uscire e camminare all’aperto. Fortuna che al momento l’amministrazione comunale pare abbia rigettato la proposta, ma chi ci garantirà che presto non venga invece attuata?

Due riflessioni si impongono su quanto raccontato sinora. La prima è di carattere pratico e locale. Oltre che a creare disparità tra località dove vigono divieti abbastanza “singolari” e luoghi dove c’è più rispetto della libertà dei cittadini e quindi tolleranza, risultano anche di non semplice attuazione, tanto che il sindaco ci fa sapere di aver sollecitato a dare le multe (che un po’ di cassa fresca fa sempre bene) per il divieto di fumo ad almeno 10 metri (che andranno misurati e contestati con quale forma di misurazione “ufficiale”), e ha rigettato ‒ per il momento ‒ per il tramite “dell’assessora” competente per materia, la proposta dei garanti del verde, che sono decisamente ed evidentemente nemici dei cani.

Forse anche nella proibizionista Milano, quando è troppo, è troppo, e poi gli umani all’altro capo del guinzaglio votano.

Noi liberali potremmo chiedere ai garanti come vorrebbero fare con la fauna libera (topi ad esempio) per assicurare che rispettino la biodiversità? Ci sono animali, più animali degli altri, che quindi è più facile porre sotto controllo, e per tutti gli altri, pazienza? Ed i malviventi?

L’Italia, ormai sta diventando, o sta tornando ad essere, l’Italia dei campanili, in cui ognuno disciplina qualsiasi cosa senza limiti, riducendo la libertà individuale, l’omogeneità legislativa nazionale, arrivando a vere forme di imposizione che riducono gli ambiti di libertà, di movimento e di libera espressione dell’individuo, sia esso residente, domiciliato o semplice avventore per 24 ore o anche meno.

Senza buon senso, senza criterio tranne quello di dimostrare che il potere pubblico può decidere sui cittadini, anzi sudditi, fino a renderli schiavi di norme che servono solo a riaffermare quel potere pubblico e che alcun nesso hanno con la vita, la libertà, le scelte degli individui.

Se si dovesse spiegare a chi lo chiede qual è la differenza tra una legislazione liberale ed una illiberale, dunque dirigista, quanto accade a Milano è l’esempio perfetto per dimostrarlo.

Una legislazione illiberale, come quella di Milano, impone ai suoi cittadini e a chiunque abbia la ventura di mettere piede sul suolo milanese, un divieto totale e consente di fare soltanto quello che viene espressamente permesso.

È il potere che sceglie per tutti cosa sia ammesso o cosa non lo sia. Sono i pochi, i pochissimi che scelgono per i molti, moltissimi cittadini e avventori. Ed ecco quindi spuntare norme che vietano l’accesso alle aree verdi agli animali di affezione e in particolare ai cani ove non espressamente permesso, o che vieti di fumare ad eccezione del rispetto dei 10 metri di distanza.

Una legislazione liberale, si caratterizza per l’opposto, ossia di permettere tutto tranne quello che è espressamente vietato, e che è vietato non per limitare la libertà e l’agire umano, ma solo per tutelare la libertà del terzo dal danno dell’esercizio della libertà individuale dell’altro; per rispettare le sfere, gli spazi di libertà individuale che ognuno ha e deve avere, perché la libertà di ognuno finisce dove inizia la libertà dell’altro.

Questa lezione liberale purtroppo in Italia è poco diffusa, e a Milano deve essere ancor meno conosciuta, sia ai rappresentanti che ai rappresentati, ma confidiamo in quei circa 130.000 cani presenti nella sola Milano, coadiuvati e supportati da quel milione e mezzo di cani presenti in tutta la Regione Lombardia, affinché insegnino ai loro compagni di passeggiata e di giochi, che la libertà, nell’era moderna, non la tolgono istituendo la schiavitù per decreto, ma un pezzetto alla volta. Se oggi, tre individui, ammantati dal titolo di “Garanti”, quindi più umani degli altri comuni mortali, possono avanzare la richiesta di ghettizzare i cani ed i loro umani di riferimento, stabilendo dove possono andare e vietando tutto il resto, domani a chi capiterà? Quindi chi ci difende dal garante verde? Qual è il contro potere ai garanti?

Si inizia così, e la storia ce lo ha già mostrato.

(*) Leggi il Taccuino liberale #1#2#3#4#5#6#7#8#9#10#11#12#13, #14#15#16#17#18#19#20#21#22#23#24, #25


di Elvira Cerritelli